Rinaldini: le tute blu col popolo anti-Tav.

Domani più di centomila metalmeccanici arriveranno a Roma con tre distinti cortei. Un’altra iniziativa di protesta dal mondo del lavoro a pochi giorni dallo sciopero generale proclamato da Cgil, Cisl e Uil, e parallella alla grande mobilitazione in Val di Susa.
Molto più modestamente le tute blu, che hanno accumulato in dieci mesi di trattativa più di quaranta ore di sciopero, lottano per avere un salario dignitoso. In tempi in cui le cosiddetta “terza settimana” sembra un miraggio, loro chiedono poco più di cento euro di aumento. Federmeccanica ne offre, provocatoriamente, sessanta. Solo nelle ultime settimane sembra che gli imprenditori si siano decisi ad alzare un po’ la posta. Ancora, però, non c’è nessuna proposta formale. *Liberazione* ha intervistato il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini.

Cominciamo da una vicenda che solo apparentemente potrebbe sembrare lontana dal rinnovo contrattuale, la Val di Susa. Avete sfilato a fianco della popolazione pochi giorni fa…
Credo che vada fermato tutto, e utilizzata la tregua olimpica per aprire il dialogo democratico. Siamo al di là delle diverse posizioni che si sono espresse anche attraverso la manifestazione di ottantamila personale di pochi giorni fa. L’elemento prioritario è che si devono fermare. Chi pensa che la Tav sia la soluzione migliore porterà le sue ragioni. La soluzione migliore, anche dal punto di vista del rapporto con il territorio. Non riesco francamente a capire come si possa pensare di andare avanti con una logica di militarizzazione della zona. La politica rischia di cessare qualsiasi ruolo

Il lavoro è tornato ad essere protagonisti nei mass media. Non vedi il rischio che questo tema diventi “re per un giorno”?
Penso che il tema del lavoro nell’informazione riguardi l’insieme dei mezzi di comunicazione. C’è un evidente rapporto tra i processi sociali di questi anni e l’utilizzo dei mezzi di comunicazione. Il lavoro è considerato un fatto del tutto marginale rispetto a una immagine che viene diffusa attraverso i mezzi di comunicazione di una società dove sono vincenti e assunti come valore quelli che in qualche modo si arricchiscono a prescindere dal lavoro. Questa attenzione dei media dovrà continuare anche dopo. Non ci interessa una rappresentazione del lavoro basata sui personaggi e non sui fatti reali, e su quello che vivono i lavoratori. La maggiore attenzione di questi giorni non è solo riferibile ai meccanici. Il tema da “mandare in onda” è come la situazione reale torni a rappresentare una questione sociale.

Gli imprenditori italiani sembrano fissati con questa idea di lucrare sul costo del lavoro. Hanno depennato innovazione e investimenti?
Siamo al fallimento di una idea perseguita in questi anni di giocare lo sviluppo sulla riduzione dei diritti, la precarizzazione e la riduzione del potere d’acquisto e quindi delle retribuzioni. Questo ha portato il sistema industriale italiano, come ha detto recentemente la stampa estera, ad essere il malato d’Europa. Poiché non c’è dubbio che nel corso di questi anni tutti i dati del nostro paese sulla produzione industriale siano stati e siano molto peggiori di quelli di altri paesi di riferimento, Francia e Germania. Questo però non ha prodotto nessun ripensamento allo stato attuale. Per cui nel rinnovo del biennio dei meccanici ci troviamo di nuovo di fronte alla volontà a continuare su questa strada. E questo, sia sul piano retributivo con un’offerta inaccettabile che sta tra i settanta e gli ottanta euro, sia sul piano normativo laddove si vuole cancellare i ruolo delle rappresentanze sindacali aziendali e affermare la gestione unilaterale del tempo di lavoro, che ovviamente vuole dire tempo di lavoro e tempio di vita. Ad esempio quando si ragiona sul costo del lavoro per unità di prodotto – denunciando il fatto che questo in Italia è aumentato, aggiungo io per ovvie ragioni essendo calata la produzione – non si dice mai che il costo del lavoro al lordo in Francia e Germania è superiore a quello in Italia. Certo, in Romania il costo del è inferiore rispetto a noi. Quindi il problema della competitività è se pensi a un sistema industriale che ha come riferimento l’Europa o la Polonia.

Nel 2006, dopo il congresso Cgil e dopo le elezioni politiche le parti sociali potrebbero cominciare a mettere mano a un nuovo patto sociale. Certo, con queste premesse non potrà altro che essere una bruttissima copia del precedente. Tu cosa pensi?
Non penso che la questione sia quella di riproporre riedizioni di patti sociali complessivi che inevitabilmente contengono in se il rischio dei cosiddetti due tempi, ovvero prima stringere la cinghia a prezzo di grandi sacrifici e poi semmai raccogliere qualche frutto. Credo proprio che per l’esperienza fatta nel corso di questi anni occorra puntare ad accordi o patti sulle singole questioni a partire da un nuovo patto fiscale. Quindi, prefigurando ipotesi più stringenti e verificabili. E’ per questo che un nuovo quadro poltico deve fare i conti con una ricostruzione dei rapporti tra le forze sociali a partire dal fatto che al di là dei giudizi sulla fase della concertazione del 1993 oggi le condizioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati non sono minimamente comparabili con quelle. E quindi qualsiasi ipotesi deve partire dalla definizione di singoli accordi specifici che siano stringenti e verificabili in tempi credibili.

Come sta andando per le tesi alternative nelle assemblee di base del congresso Cgil?
Siamo nella fase conclusiva. Credo che al di là delle proiezioni sui risultati è necessario che tutto avvenga nella massima trasparenza e aprendosi la fase dei congressi territoriali e della elezioni degli organismi dirigenti, come dice il regolamento, auspico che ci sia un equilibrato rapporto tra ciò che è stata ed è l’espressione di voto e la sua presenza di questo pluralismo a tutti i livelli.

Domani ospiterete anche i ragazzi di Locri, che stanno diventando un simbolo della lotta contro la mafia e la malavita. Quale è il senso di questo legame tra i metalmeccanici e i giovani di ”ed ora ammazzateci tutti“?
I meccanici storicamente hanno sempre avuto un rapporto forte tra lotte rivendicative e lotte contro la mafia e la malavita. Il collegamento con questi ragazzi di Locri che rappresentano una speranza oltre che un atto coraggioso è un atto necessario e importante. Come è nostra tradizione, come non pensare a Reggio Calabria, per esempio, abbiamo ritenuto opportuno con una lettera dei tre segretari invitare i ragazzi di Locri e abbiamo avuto immediatamente un riscontro positivo. Per cui saranno presenti con i loro striscioni nel corteo che parte dal piazza della Repubblica a Roma. Un messaggio forte che vogliamo dare all’intero paese.