Rinaldini: «Il sindacato è a rischio balcanizzazione»

Ci si aspettava un faccia a faccia non proprio in punta di fioretto tra Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, e Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, per la prima volta in un confronto pubblico dopo gli scontri sul protocollo di luglio 2007 al Comitato direttivo nazionale e al Comitato centrale della Fiom. E invece è stato qualcosa di più. Qualcosa che ha a che vedere con l’identità stessa della Cgil. In due parole, un congresso finalmente senza documenti e schieramenti ma con due o tre punti veri: crisi della rappresentanza sociale, nuove forme organizzative, difesa del contratto nazionale. Il contesto c’è tutto: l’aula magna della Camera del lavoro della Cgil di Torino, strapiena, un convegno dedicato alla figura di Claudio Sabattini (scomparso all’inizio di settembre del 2003) dal titolo “L’assalto al cielo”, e la presenza di personaggi sindacali come Walter Cerfeda, della segreteria della Ces, Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cgil, Valeria Fedeli, segretaria generale della Filtea-Cgil, Giorgio Caprioli, segretario generale della Fim-Cisl, Franco Chiriaco, segretario generale della Flai-Cgil e Antonino Ragazzi, segretario generale della Uilm. E anche la risposta di Epifani, tutto sommato, va nella stessa direzione: «Rimettere mano al programma fondamentale della Cgil formulato nel 1991».Fu scritto per iniziativa di Trentin e, in pratica, fissa l’identità del sindacato di Corso d’Italia, definendo ciò che è «inalienabile» e ciò che può essere oggetto di confronto. Un impegno quello di Epifani, che gli consente da una parte di non affrontare direttamente i temi sollevati da Rinaldini e, dall’altra, però, di riconoscere che il momento attuale non è “uno dei tanti”.
Il ragionamento di Rinaldini, sulle orme delle riflessioni sollevate da Claudio Sabattini (per un lungo periodo segretario generale della Fiom) a partire dalla seconda metà degli anni ’90 quando fu chiara la scelta tra “sindacato di mercato e sindacato europeo parte dalla crisi della rappresentanza sociale e dallo strapotere del liberismo, che non è più circoscrivibile alla sola dimensione sociale ma aggredisce anche la sfera politica ed istituzionale. Una lettura della crisi della politica? Può darsi, ma solo nella misura in cui «non c’è più nessun partito
che rappresenta il lavoro».
L’intervento del segretario generale della Fiom punta dritto analisi dell’attualità: libertà di circolazione dei capitali, azzeramento di ogni vincolo sociale e precarietà come elemento strutturale; processi, per i quali c’è il rischio concreto che ricadano sulla Cgil. Rinaldini sintetizza così: «Rischio di balcanizzazione del sindacato». Come già nell’alternativa posta da Sabattìni, una organizzazione sindacale europea dovrebbe essere lo sbocco naturale a questa crisi. E invece, il panorama continentale, se possibile, è ancora più compromesso. La Ces è poco più di una sigla e la stessa esperienza dei Cae, i comitati aziendali europei, è stata ampiamente fallimentare. Ma la critica di Rinaldini non si ferma a questi elementi. Ed investe i contenuti del contratto, che a livello aziendale non è più nemmeno in grado «di parlare della condizione lavorativa». In una situazione in cui l’impresa a rete non solo frammenta la produzione ma può permettersi il rischioso esercizio del dumping sociale «scegliendo di volta in volta l’organizzazione sindacale con la quale concludere l’accordo» c’è l’esigenza di «una riforma decisiva della nostra organizzazione». Il cardine, ovviamente deve essere la democrazia, che può rappresentare davvero l’elemento decisivo «per un sindacato autonomo e indipendente». Una democrazia autentica alla base dello stesso processo unitario. L’unità sindacale, infatti, non può essere, secondo Rinaldini, la«derivata»delPd. Il confronto che ne è seguito se da una parte ha ripreso alcune considerazioni del segretario della Fiom, soprattutto sullo strapotere del liberismo della crisi del sindacato europeo del resto difficilmente negabili, dall’altra ha parlato d’altro lasciando veramente intendere che l’unica strada è il tentativo del governo dei processi e non l’assunzione di responsabilità rispetto ad un’eventuale discontinuità . organizzativa. Gianni Rinaldini, c’è da precisare, non ha mai parlato di congresso straordinario anche perché, sottolinea, «sarebbe una resa dei conti». Ma è chiaro che larisposta di Epifani autorizza a considerare l’apertura di una fase in cui molti temi vengono rimessi in discussione. Tornando al dibattito, perchè dappertutto sembra ridursi ad una drammatica assenza di regole che non consente l’agibilità sindacale a livello europeo. Chiriaco, invece, vede davanti a sé solo la sfida dell’allargamento della platea dei lavoratori coperti dal contratto aziendale. Per Fedeli, inoltre, che si appresta a portare i tessili all’unione con i chimici, la risposta al tema della ricomposizione della filiera sollevato da Rinaldini «non può essere il sindacato dell’industria». Enrico Panini, invece, ha provato un po’ più in sintonia con l’analisi della relazione introduttiva paventando il rischio di un sindacato di tutele individuali, «che somiglia più che altro ad un grandepatronato». Caprioli, infine, ha preferito il tema dell’unità sindacale, che deve nascere «da una autentica autonomia».