L’ incertezza istituzionale e politica aperta nell’Unione europea dai referendum francese e olandese non è una buona notizia per l’economia italiana. Essa rende più difficile il rilancio dello sviluppo nel nostro Paese.
Per quasi un cinquantennio, l’integrazione europea è stata un motore potente che ha consentito al nostro Paese di raggiungere rapidamente gli standard di benessere europeo. Negli ultimi anni, l’Italia ha tratto un beneficio netto dall’Unione monetaria europea e dal Patto di stabilità. Inflazione e tassi di interesse sono ai minimi storici dal dopoguerra.
I forti aumenti di taluni prezzi così come i livelli elevati di quelli di beni essenziali come l’energia dipendono da un insufficiente grado di concorrenza, non dall’introduzione dell’euro. Il contenimento del disavanzo pubblico è politica che un Paese fortemente indebitato come il nostro deve perseguire comunque, indipendentemente dalle regole stabilite dall’ Unione europea.
Siamo convinti che negli ultimi anni la stabilità macroeconomica, e in particolare la moneta unica europea, abbiano evitato all’Italia una deriva finanziaria, economica e sociale dalle imprevedibili conseguenze. Oggi il nostro Paese è più esposto, sia per il maggior peso del debito pubblico, sia per il deterioramento strutturale dei nostri conti pubblici, alle ricadute derivanti dalla minore stabilità macroeconomica e dall’incertezza creata dall’ erosione della fiducia nella costruzione europea.
Per questi motivi guardiamo con preoccupazione agli appelli per un minore rigore fiscale e monetario. Ci sembra particolarmente grave il vedere nell’indebolimento della costruzione europea un’opportunità da cogliere piuttosto che un pericolo da fronteggiare, anche con iniziative politiche forti.
Siamo, come tutti i cittadini, preoccupati dalla modesta dinamica della crescita dei redditi, dei salari, della produttività così come dei costi che questa situazione impone alle fasce sociali più deboli. Ma siamo convinti che un rilancio del nostro sistema produttivo e lo stesso mantenimento, seppure in forma aggiornata, dello Stato sociale si possono realizzare solo in un forte e convinto radicamento dell’Italia nell’Unione europea.
Per consegnare alle generazioni più giovani un’economia dinamica, capace di generare investimenti, lavoro e redditi più elevati, è necessario uno sforzo del governo, delle imprese e dei lavoratori per ridurre le rendite, aumentare il grado di concorrenza, migliorare la qualità dell’istruzione, investire in ricerca e nelle infrastrutture in un quadro di stabilità monetaria e di equilibrata finanza pubblica. Si tratta di un impegno che richiede costanza nel lungo periodo, anche per ridare fiducia ai cittadini e aumentare la nostra credibilità all’estero. Le scorciatoie del lassismo fiscale non costituiscono un valida risposta ai problemi della nostra economia e rischiano di creare una spirale di sfiducia e squilibri finanziari che ci riporterebbe indietro di tredici anni.
L’appello, aperto a nuove sottoscrizioni, è stato firmato da:
Tindara Addabbo, Pietro Alessandrini, Cristiano Antonelli, Guido Ascari, Adam Asmundo, Vincenzo Atella, Michele Bagella, Fabio Bagliano, Piero Barucci, Giorgio Basevi, Leonardo Becchetti, Luca Beltrametti, Luigi Bernardi, Gian Maria Bernareggi, Paolo Bertoletti, Giuseppe Bertola, Carluccio Bianchi, Salvatore Biasco,Tito Boeri, Andrea Boitani, Massimo Bordignon, Paolo Bosi, Giorgio Brunetti, Giorgio Brosio, Agar Brugiavini, Giorgio Brunello, Franco Bruni, Luigi Buzzacchi, Nicola Cacace, Mario Calderini, Carlo Cambini, Giuseppe Campa, Riccardo Cappellin, Angelo Cardani, Onorato Castellino, Alberto Cavaliere, Filippo Cavazzuti, Giuliano Cazzola, Roberto Cellini, Mario Centorrino, Daniele Checchi, Gabriella Chiesa, Romeo Ciminello, Lino Cinquini, Innocenzo Cipolletta, Giuseppe Colangelo, Giuliano Conti, Fabrizio Coricelli, Giancarlo Corsetti, Terenzio Cozzi, Marco Crivellino, Elisabetta Croci Angelini, Carlo D’Adda, Mariano D’Antonio, Francesco Daveri, Giuseppe De Arcangelis, Mario Deaglio, Marcello De Cecco, Alessandra Del Boca, Daniela Del Boca, Carlo Dell’Aringa, Vincenzo Denicolò, Nicolò De Vecchi, Claudio De Vincenti, Stefano Di Domizio, Franco Donzelli, Giovanni Dosi, Pietro Draghi, Pierluigi Fabrizi, Sebastiano Fadda, Riccardo Faini