SERPEGGIA una discreta preoccupazione, per usare un eufemismo, nella sinistra radicale rispetto ai conti frenetici che in queste ore sono in corso a Palazzo Madama. I numeri sono sul filo, la «puzza di bruciato» che il leghista Calderoli sente è un sospetto piuttosto fondato a sinistra. Può passare la fiducia, ma il punto politico è il dopo, si ragiona. Dopo il voto di domani, da dove si riparte? Oggi sul banco degli imputati, quali responsabili della crisi, per Sd, Pdci-Verdi, ci sono il Pd e Mastella. Ma anche Re non sta messa bene: il Pdci ancora non manda giù le trattative sulla legge elettorale. Adesso, la priorità è la fiducia e anche lì c’è poco da stare allegri. «Non credo ci siano i presupposti per sentirsi tranquilli sui numeri -dice Cesare Salvi, leader Sd i dati sono quelli: stando ai numeri siamo sopra di un voto. Mi sembra davvero una votazione a rischio». Detto questo, se le cose dovessero andare come spera il Professore, «stavolta occorre rilanciare davvero l’azione di governo – ragiona Salvi – mettendo al primo posto la questione sociale». Insomma, non è che può passare il messaggio mastelliano che in politica «funziona così», come emerge dalle intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto l’ex Guardasigilli, la moglie, il consuocero e gran parte dell’Udeur. Quanto a Veltroni, «nelle ultime settimane ha dichiarato la fine dell’alleanza di centrosinistra, ha cercato di imporre d’intesa con Berlusconi una legge elettorale con l’unico obiettivo di colpire tutti gli altri partiti rappresentati in parlamento». Se poi dovessero entrare in gioco le famose «subordinate», cioè elezioni anticipate, Salvi dice che la formula con cui presentarsi agli elettori dovrebbe essere la stessa, ma sotto il segno della discontinuità. E poi, da oggi, anzi da ieri, la Cosa rossa deve fare un passo in avanti, «si deve andare uniti anche davanti alla riforma elettorale, la sinistra deve rilanciare l’Italia». Rafia Zanotti teme che se non si arriva entro breve ad un ricompattamento della Cosa rossa «la sinistra sparisca». «Molto buono il discorso di Prodi di oggi, chiaro, grintoso, combattente», commenta Alba Sasso convinta che se domani dovesse andare male le elezioni sarebbero l’unica strada. E se il Pd correrà da solo, «anche la Cosa rossa potrebbe fare altrettanto» per allearsi poi. Manuela Palermi, capogruppo Pdci-Verdi frena. «Ci sono ferite ancora aperte. Il Pdci da sempre sostiene l’unità a sinistra ma la Cosa rossa o si fa decidendo con noi o noi restiamo fuori. Salvi e Russo Spena non possono incontrare Casini sulla legge elettorale senza consultarci». Quanto a Veltroni, secondo la senatrice, è l’altro responsabile, insieme al Vaticano, della crisi di governo. Le due «V» che incombono su Prodi. Un Prodi a cui invece Pdci e verdi daranno la fiducia con convinzione, soprattutto «dopo le rassicurazioni del premier sull’abbassamento della pressione fiscale, del fiscal drag, e sulla possibilità di intervenire sul recupero automatico del salario sull’inflazione».
Giovanni Russo Spena stavolta è pessimista: «Credo senza ipocrisia che non ce la faremo ad avere la maggioranza». Il segretario Franco Giordano ieri ha riunito la segreteria per fare il punto, ma preferisce non fare previsioni a medio termine: «Siamo a crisi aperta, correttezza presume di parlarne con il presidente della Repubblica». Quel che è certo è che Prc è divisa: da una parte c’è chi come Giordano o il capogruppo alla Camera Gennaro Migliore o il vicepresidente del Senato Milziade Caprili lascia la porta aperta all’ipotesi del governo istituzionale (caldeggiata anche da Bertinotti), dall’altra chi come il ministro Paolo Ferrerò e il capogruppo Russo Spena non vuol prendere in considerazione altra strada che quella del voto.
Dalla Cosa rossa alla Cosa Bianca a cui punta Mastella. L’altra sera ospite di Porta a Porta, l’ex ministro ha chiamato all’appello i grandi della vecchia De, a cominciare da Ciriaco De Mita. Guarda a lui, per esempio, l’uomo di Ceppateli. «Ma io guardo a sinistra -risponde col sorriso tirato De Mita – non guardo certo Mastella». Berlusconi immagina Casini e Mastella seduti fianco a fianco. Immagine che non piace a Giulio Andreotti che boccia senza appello la mossa dell’ex ministro.