Il giorno della verità si avvicina: sabato il parlamentino di Rifondazione Comunista vivrà una giornata drammatica. Che potrebbe finire anche con un «golpe» interno. Alla riunione del comitato politico nazionale il segretario Franco Giordano e tutta la sua squadra si presenteranno dimissionari, una mossa che in teoria dovrebbe anticipare una possibile bocciatura a suon di voti. Ma potrebbe essere una mossa inutile. Perché molti segnali dicono che la fronda interna, guidata dal ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, è pronta a votare un nuovo vertice del partito. Con un segretario nuovo di zecca, lo stesso Ferrero.
Le varie componenti di minoranza, da Essere Comunisti all’Ernesto, ai trotzkisti, hanno finito per trovare una robusta sponda in alcuni esponenti dell’ex maggioranza: Ferrero, Giovanni Russo Spena, Ramon Mantovani. Sul tavolo c’è il futuro del partito. Scioglierlo in una più ampia e variegata formazione che comprenda anche tutte le altre forze della Sinistra Arcobaleno, o tenerlo ancora in vita? Fausto Bertinotti aveva insistito a lungo durante la campagna elettorale per la prima ipotesi. E anche dopo la pesantissima sconfitta aveva chiesto a Giordano di restare al suo posto e di gestire la trasformazione. Ma a questo punto è tutto rimesso in discussione: il massimo che i dissidenti sono disposti a concedere è una federazione con le altre forze. Ma il partito non si tocca. La maggioranza incassa, vira di 180 gradi e ora assicura che «nessuno vuole sciogliere Rifondazione». Ma il vertice del partito ha ben chiaro l’agguato nel quale rischia di cadere: «E dunque, se si vuole fare un golpe, si farà il golpe». Ma Giordano e i suoi non hanno intenzione di cadere senza combattere, e bastano poche parole a capirlo: «il risultato negativo delle elezioni è sicuramente frutto dell’esperienza di governo. Di Questo è senz’altro responsabile il segretario, ma anche il capo della nostra delegazione al governo dovrebbe assumersi le sue responsabilità: è lui che ci ha fatto votare il disegno di legge sulla sicurezza, ad esempio». E il capo della delegazione era proprio Paolo Ferrero, naturalmente.