Rifondazione ora teme il trappolone di Lambertow

L’intesa tra le forze di maggioranza sul pacchetto welfare, dopo
il primo giorno di discussione in aula, ancora non c’è. I diniani annunciano che voteranno solo la prima versione del testo, Confindustria minaccia la fine della concertazione e i sindacati avvertono: «Qualunque modifica deve essere discussa con noi». Il ministro Damiano ha provato a mediare. Alla Camera, ha difeso sia la concertazione sia la sovranità del Parlamento e ha lanciato il suo messaggio: «Non mi pare che qualche modifica rappresenti lo scardina
mento di un’azione complessa e profonda come quella rappresentata dal Protocollo». Ma non ha affatto convinto Rifondazione che
non è disposta a discostarsi dalla seconda versione del testo, ovvero
quella licenziata dalla Commissione lavoro della Camera. E che annuncia battaglia sui contratti a termine: rispetto alla stesura originaria quella della Commissione prevede che la proroga, in caso di rinnovo, non possa superare gli otto mesi. Ma sul punto Rifondazione
rilancia: per combattere la precarietà serve pure l’introduzione del
diritto di precedenza. In attesa del testo definitivo del governo la trattativa di queste ore si misura su una domanda che, soprattutto dalle parti della sinistra-sinistra, in molti si fanno: «Qualora il governo ricorresse alla fiducia, la terza versione dell’accordo terrà conto delle modifiche introdotte in Commissione o sarà più simile alla prima?».
Nel dubbio e nel timore di trovarsi di fronte a un aut aut, il capogruppo al Senato Russo Spena avverte: «Se si tornerà al testo iniziale, vanificando il lavoro del Parlamento, l’intesa non ci sarà». E Gennaro Migliore afferma: «Non siamo d’accordo che venga posto il voto di fiducia. Alcune forze politiche e Confindustria non possono considerare il Parlamento un passacarte». Dietro questo fuoco di sbarramento
c’è un ragionamento che si riassume in due capitoli dal titolo: insoddisfazione (il primo) e spauracchio (il secondo).
Capitolo insoddisfazione. Dicono a via del Policlinico: doveva essere l’autunno della lotta alla precarietà e ora ci troviamo di fronte a un accordo che per la nostra base è meno del minimo sindacale. Quello dei 36 mesi più una deroga di otto per i contratti a termine è un risultato, sì, ma non basta proprio: che cosa c’è dopo il 44esimo mese? Quel tetto non ha senso se non si creano le condizioni per un’assunzione a tempo indeterminato. Va quindi introdotto il diritto di precedenza. Il giuslavorista Piergiovanni Alleva che ha seguito passo passo la stesura degli emendamenti chiarisce perché quella norma è così importante: «Il contratto a termine, diversamente da quello a progetto, dà diritti (ferie, malattia, tfr) ma dà anche precarietà lavorativa ed esistenziale: per il lavoratore si realizza una condizione di inferiorità sociale, per il datore di lavoro una condizione di potere. Come si deve agire? Con una norma che faccia venire meno questa inferiorità, il diritto di precedenza, appunto, che non costa niente ma ha un grande valore: garantire a chi ha già avuto il contratto di essere preferito nel nuovo significa toglierlo proprio da uno stato di soggezione psicologica. Invocare le mani libere per gli imprenditori, al contrario, significa mantenerla. È una di quelle cose che dovrebbero distinguere la sinistra dalla destra».
Poi c’è il capitolo spauracchio che, se avesse un nome e un cognome, si chiamerebbe Lamberto Dini. Al di là del merito del pacchetto welfare, il timore di Rifondazione è che Lambertow stia preparando un trappolone parlamentare. Obiettivo? Drammatizzare il clima in vista del voto sul welfare e piegare la sinistra-sinistra. In che senso? Domani dovrebbero iniziare le votazioni sul decreto sicurezza su cui la Cosa rossa ha presentato i suoi emendamenti. Russo Spena ne chiarisce le finalità: «È necessario omologare il decreto alla normativa europea. Il principio basilare è che la responsabilità penale è individuale. Nel merito vogliamo un elenco preciso dei casi in cui è prevista l’espulsione. E chiediamo pure che i cittadini comunitari espulsi durante il periodo che passa tra la sentenza e l’allontanamento vero e proprio non debbano soggiornare nei Cpt». L’incertezza sull’esito delle votazioni è massima. E qualora Dini, dicono al Prc, votasse su un paio di emendamenti con il centrodestra (vai alla voce: espulsioni facili), ipotesi che a Rifondazione considerano tutt’altro che remota, inizierebbero per Giordano&Co 48 ore degne di un triller. Al quartier generale del partito ragionano in questi termini: in quel caso saremmo costretti a votare contro il decreto sicurezza e il giorno dopo il confronto sul welfare avverrebbe in un clima incandescente. A quel punto se il governo dovesse mettere la fiducia sul testo prima versione, Rifondazione, dicono, uscirebbe non solo sconfitta ma umiliata. Uno scenario da incubo.