Rice: «Iran, è l’ora della forza»

Quando il Consiglio di Sicurezza si riunirà, ci dovranno essere conseguenze per questo atto, per questa sfida, ed esamineremo tutte le opzioni di cui il Consiglio dispone». Con questi toni bellicosi, il segretario di stato usa Condoleezza Rice ha reagito all’annuncio di Tehran di aver arricchito l’uranio. Scottata dalle parole del presidente Mahmoud Ahmadinejad di qualche giorno fa, Washington è ormai partita all’attacco lancia in resta. «Una cosa che il Consiglio di Sicurezza possiede e che l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) non ha – ha aggiunto Rice – è la possibilità di obbligare, attraverso risoluzioni nell’ambito del capitolo sette, gli stati membri dell’Onu ad ubbidire alla volontà del sistema internazionale». Il 28 o il 29 aprile, il Consiglio di Sicurezza si riunirà di nuovo per parlare del nucleare iraniano, ed ascolterà il rapporto di Mohammed ElBaradei, direttore generale dell’Aiea. Poi deciderà se imporre sanzioni e, in caso positivo, che tipo di risoluzione approvare: nell’eventualità – per il momento ancora improbabile – che si dovesse seguire la linea dura dell’amministrazione Usa, la risoluzione anti-Iran verrebbe scritta nell’ambito del capitolo sette della Carta dell’Onu, che prevede l’uso della forza in caso di mancato adempimento.
La crisi sul nucleare iraniano sembra quindi destinata a subire un’ulteriore escalation, in un muro contro muro che all’intransigenza di Washington oppone quella di Tehran. In visita nella capitale iraniana, ieri ElBaradei ha ricevuto una nuova porta in faccia dal regime degli ayatollah. Al suo arrivo in Iran per una missione di colloqui, il capo dell’Aiea aveva manifestato l’«auspicio di convincere l’Iran a varare provvedimenti tali da creare un clima di fiducia, finché le questioni insolute non saranno chiarite». Successivamente ha riferito che gli ispettori hanno prelevato dei «campioni» su cui riferiranno al Consiglio dell’Aiea, ma al momento «non è possibile confermare che gli iraniani siano riusciti ad arricchire uranio» al 3,5 per cento, il livello usato per alimentare le centrali atomiche.
Ma, a fronte di queste dichiarazioni di parziale apertura, Ahmadinejad ha scelto ancora una volta la linea del falco: «Oggi la nostra situazione è completamente cambiata, siamo uno stato nucleare e ci rivolgeremo agli altri paesi da tale posizione, non tratteremo sui nostri diritti con chicchessia». «Nessuno», ha rincarato la dose l’ex sindaco di Teheran, «ha il diritto d’indietreggiare. La nostra risposta a coloro che sono adirati per il fatto che l’Iran ha ottenuto un ciclo nucleare completo consiste in un’unica frase: “Arrabbiatevi pure, e crepate della vostra rabbia!”».
In un clima simile, pochi appaiono i risultati che ci si possono attendere dagli incontri sull’agenda di ElBaradei durante la sua breve permanenza a Tehran, di appena 24 ore. Il primo è stato con il vicepresidente Gholamreza Agazadeh, capo dell’agenzia per l’energia atomica iraniana. Persino Cina e Russia, restie ad accettare sanzioni internazionali contro la repubblica islamica, non nascondono la loro irritazione per la linea dura adottata da Tehran. Pechino ha deciso di inviare già da oggi in Iran e poi a Mosca il proprio vice ministro degli Esteri, Cui Tiankai, esperto di controllo degli armamenti.
Per martedì nella capitale russa è stata fissata una riunione straordinaria dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite, allargata alla Germania. Finché, a fine aprile, il Consiglio dovrà infine prendere una decisione sulla vicenda iraniana.