Rice all’Europa «Vi abbiamo salvati tutti»

Condoleezza Rice come il colonnello Mathieu, quello della «Battaglia di Algeri». Lui, di fronte alle accuse di torturare i prigionieri rispondeva con fredda schettezza che il problema non era torturare o no i prigionieri, bensì «se la Francia vuole restare in Algeria oppure no». Lei, la responsabile della politica estera Usa, al momento di partire ieri per l’Europa ha spiegato che «le informazioni raccolte hanno impedito nuovi attacchi terroristici e hanno salvato innocenti vite umane sia in Europa che negli Stati Uniti». Quindi «sta a quei governi e ai loro cittadini decidere se vogliono lavorare con noi per prevenire nuovi attacchi terroristici contro i loro ed altri Paesi», perché «è adesso, prima del prossimo attacco», che bisogna affrontare «le dure scelte che i governi democratici devono compiere». Insomma, se vogliamo difenderci dobbiamo torturare, se non vogliamo torturare non possiamo difenderci. Il discorso da lei pronunciato alla base di St. Andrew alla periferia di Washington, mentre l’aereo che doveva portarla in Europa scaldava i motori, è stato un parto alquanto tormentato, secondo i bene informati. Per quasi una settimana, è stato raccontato, è stato letto a riletto da svariati senior administration officials e ognuno di loro aveva una parola da togliere, un’espressione da smussare o una messa a punto da precisare, il che spiega perché alla fine il discorso sia risultato piuttosto contorto e anche – probabilmente – perché Condoleezza ha poi rifiutato di rispondere alle domande dei giornalisti presenti.

Questa pratica del non rispondere mai – sorta di marchio di fabbrica dell’amministrazione Bush – le ha anche consentito di non menzionare esplicitamente le «prigioni segrete», sebbene fosse chiaro a tutti che era di quello che stava parlando. Formalmente, la perorarzione della Condoleezza è stata infatti tutta rivolta ai «voli segreti» che hanno portato un numero imprecisato di prigionieri in luoghi dove potevano essere torturati in santa pace. Nelle sue parole sono stati quelli, non le torture, a «prevenire nuovi attacchi terroristici e a salvare vite innocenti», e comunque quei voli sono del tutto innocenti, «perfettamente consentiti dalle leggi internazionali» e oltretutto non costituiscono una novità, essendo stati praticati da tanti altri, nel senso di altri Paesi e di altre amministrazioni. Quelli che la ascoltavano si guardavano l’un l’altro, si chiedevano a cosa mai si stesse riferendo e qualcuno azzardava l’ipotesi che forse stava confondendo le extraordinary renditons con le estradizioni. Ma siccome non si potevano fare domande, il mistero è rimasto tale e il «messaggio preventivo» con cui il segretario di Stato si è fatto anticipare presso gli europei è stato sostanzialmente un «fidatevi degli Stati Uniti» perché «non ammettono e non praticano la tortura». E qui siamo al più puro Bush e al suo «noi non torturiamo» della settimana scorsa.

Per gli ottimisti, ciò che il discorso della signora Rice ha garantito è che sul problema dei voli segreti lei è disposta a dare delle risposte. In privato, però, perché «non possiamo discutere pubblicamente informazioni che comprometterebbero il successo di operazioni militari, di intelligence o di applicazione della legge». Nessuno era sicuro, ma l’idea diffusa era che lei intendesse dire che i governi europei cui lei darà quelle risposte saranno tenuti al segreto. Ma per esempio con il primo con cui si incontrerà, il neonato governo tedesco, non sarà facile, visto il clamore che c’è a Berlino dopo la scoperta che in quel Paese i voli segreti della Cia sono stati ben 437.

Angela Merkel, impegnata com’è a ottenere da Washington il «perdono» per l’opposizione del suo predecessore Schroeder alla guerra in Iraq, avrà molte difficoltà a non rendere pubblica la risposta che la Rice darà, se la darà, alla domanda che tutti in Germania si pongono: a che servivano esattamente quei voli segreti? Per non parlare della Romania, indiziata come uno degli «ospiti» delle prigioni segrete, che la Rice toccherà subito dopo, e dell’Unione Europea, che ha presentato agli Usa una richiesta formale di spiegazioni sui voli segreti e sulle prigioni esistenti nei paesi europei, seppure con le sue consuete contraddizioni. Il ministro degli esteri inglese Straw ha infatti dichiarato ieri di aver accolto «favorevolmente» la risposta dell’omologo americano sulle attività della Cia in Europa e «sul trattamento dei prigionieri». «Tutti i paesi europei condividono totalmente la determinazione dimostrata dagli Stati uniti nel proteggere i nostri cittadini dalla minaccia del terrorismo» ha detto Straw «e tutto ciò agendo chiaramente nel quadro delle leggi internazionali». Più soddisfatto di così.