«Non permettere che la tua farmacia chiuda per sempre», dice in un volantino Federfarma ai suoi clienti. Lo distribuiscono poche decine di camici bianchi, nelle strade del centro di Roma, il giorno della serrata che ha portato alla chiusura del 90% delle croci verdi in tutta Italia. Dopo il magro pareggio portato a casa dal governo nella vertenza tassisti, anche i farmacisti provano ad alzare la cresta. E inscenano uno sciopero «non in favore degli interessi dei farmacisti, ma a tutela della salute dei cittadini», come afferma altruista Franco Caprino, presidente dell’associazione, che rappresenta i proprietari delle farmacie. Si spinge ancora più avanti il suo collega milanese Paolo Gradnik, che chiama i cittadini alla rivolta, poichè «l’obiettivo del decreto Bersani è lo smantellamento del Sistema Sanitario Nazionale». Il ministro liberalizzatore, infatti, avrebbe l’obiettivo di «sostituire l’attuale rete di farmacie con grandi catene proprietà di gruppi finanziari le cui finalità non coincidono col bene pubblico». Farmacisti no-global, in lotta contro le multinazionali, mobilitati in difesa del diritto alla salute? La realtà e ben diversa: ogni negozio ricava in media 1,5 milioni di euro l’anno, per la vendita di 130 mila confezioni dal prezzo medio di 11,5 euro. Un giro d’affari di 25 miliardi, una ricca torta da spartire solo tra 16 mila esercizi.
Un colosso economico che il provvedimento di liberalizzazione potrà solamente scalfire. Il ddl Bersani, infatti, si limita a permettere la vendita nei supermercati dei farmaci da automedicamento: semplici aspirine o antidolorifici, che non hanno bisogno della ricetta del medico. Prodotti che rappresentano meno del 10% degli introiti delle farmacie e che saranno venduti sempre sotto lo sguardo vigile di un farmacista iscritto all’ordine. Certo una misura insufficiente a mettere in ginocchio il ricco settore, che oggi non è sottoposto a nessuna “pericolosa” concorrenza. L’attuale legge, infatti, regolamenta la distribuzione territoriale delle croci verdi attraverso la cosidetta “pianta organica”, che pone grandi restrizioni all’apertura di nuove farmacie: una ogni 5000 abitanti nei centri abitati con popolazione fino a 12500 abitanti, una ogni 4000 per i comuni più piccoli. L’80% dei comuni italiani, che non arriva a 7500 abitanti, dunque, non può avere per legge più di una farmacia.
All’esternazioni dei padroni delle farmacie rispondono le associazioni dei consumatori, che minacciano, con il Codacons, di denuciare per interruzione di pubblico servizio gli aderenti al blocco. Mentre MNLF (Movimento nazionale dei Liberi Farmacisti, in pratica l’associazione dei farmacisti non proprietari) difende il provvedimento. E rilancia: «chiediamo al governo una vera liberalizzazione del settore, stabilendo un numero minimo, anzichè massimo, di esercizi che è possibile aprire». Una proposta che riprende tanto alcune prese di posizioni dell’Antitrust (l’ultima risale al 2005) che le direttive in materia dell’Unione Europea, varate dall’allora commissario alla concorrenza Mario Monti. Bersani, da più parti accusato di aver troppo ceduto alle rumorose proteste dei tassisti, difende il suo provvedimento: mi dispiace che si usino argomenti allarmistici che fanno torto all’intelligenza dei consumatori. Credo che misure come queste dovrebbero essere percepite come un ammodernamento del sistema, e un’opportunità per i giovani». La speranza è che l’applicazione del decreto porti una netta diminuizione dei prezzi di molti farmaci, in Italia sensibilmente più alti rispetto a molti paesi europei. Basti pensare che un’aspirina, che in Italia costa 4 euro, oltralpe costa solo la metà. Colpa, certo, dell’assenza di concorrenza nel settore, delle regole troppo stringenti della distribuzione, ma anche del ritardo con cui, nel nostro paese, si sta diffondendo l’uso dei farmaci generici. Con la conseguenza di un impoverimento tanto dei cittadini, che delle casse dello Stato. Anche su questo tema, comunque si aprirà una trattativa. Ma Bersani, già uscito malconcio dalla zuffa coi tassisti, difficilmente farà nuove concessioni.