Revelli: Il 20 ottobre sia il megafono di molte voci

Ci sarà. Se non cambia di segno. Marco Revelli, storico, sociologo, saggista, editorialista, è stato fra i promotori della manifestazione del 20 ottobre. «L’ho fatto per due motivi. Il primo, può sembrare banale ma non lo è. Ho firmato perché lo faccio ad occhi chiusi quando ci sono persone come Ingrao, come Rossana Rossanda. A cui mi legano una storia e un’analisi comune». E poi c’è il merito. «Sì, sentivo che c’era l’esigenza che il popolo di sinistra riprendesse la parola. Un popolo attraversato da sentimenti diversissimi fra di loro».

Perché diversi?
Perché si va dalla delusione fino alla rabbia. Dalla delusione in chi ci aveva magari sperato in qualcosa e poi s’è trovato con la decisione sul Dal Molin. Alla rabbia di chi sente disgusto verso questa campagna securitaria, lanciata da tanti leader di questa mggioranza. Tanti sentimenti, tanti modi diversi di vivere questa difficilissima stagione. Ma sentivo che c’era la possibilità di far tornare la loro voce.

Scusa Revelli. ma perché usi l’imperfetto: sentivo, pensavo? Ci hai ripensato? Non ci sarai?
Deve essere sincero, più passa il tempo e più mi domando: ma di cosa stiamo discutendo?

Già, di cosa si sta discutendo?
Vedo che pezzi della maggioranza di centrosinistra usano la manifestazione per regolare i conti fra di loro. Per regolare i conti fra gruppi politici. Vedo che intervengono segretari di partito, leader che usano la manifestazione come se fosse un giocattolo nelle loro mani. E parlano di corteo, di assemblee, magari di concerti o quant’altro. Di più: la usano per mandarsi messaggi trasversali…

Scusa Revelli: ma l’attacco alla manifestazione non è venuto indistintamente dalla maggioranza. E’ venuto da una parte sola, quella moderata? Non ti sembra di essere un po’ ingeneroso con la sinistra?
Non credo di doverti spiegare che – naturalmente – per me non sono la stessa cosa Giordano e Mastella. Dallo per scontato. Però vedo che tutti, “indistintamente”, ci mettono del proprio per bruciare quest’occasione. Voglio essere esplicito: se il corteo diventa il mezzo per sostenere un pezzo dell’area di governo è già fallita. Sarà miseramente fallita.

Non ci vuoi i partiti, insomma?
Sono co-organizzatori, ci mancherebbe altro. Ma se ci fossero solo i loro militanti, non avrebbe senso. Il 20 ottobre non può e non deve essere un monologo. Deve diventare il megafono, come si sarebbe detto una volta, di molti sentimenti, di molte voci. Dei tanti che non ce la fanno più, di ciò che resta delle rappresentanze collettive, dei movimenti, degli uomini e delle donne. Che sono immensamente più grandi delle forze organizzate dai partiti. Se la questione deve diventare se il governo si sposta 40 centimetri più a sinistra o 20 più a destra, allora è inutile farla.

Equindi ancora meno ti appassiona la querelle sulla presenza dei ministri in piazza.
A me interessa che ci siano i soggetti sociali. Che ci siano le persone. Il resto francamente non mi interessa. Mi sembra importante che tutti insieme si possa aprire uno spazio pubblico non omologato. E ti dirò di più: se così è, credo che diventi marginale anche la questione del governo sì o governo no.

Marginale? Perché usi proprio questa definizione?
Ti rispondo con alcune domande. Ma ti sembra davvero un problema rilevante? Ma abbiamo consapevolezza di cosa stiamo vivendo? Di quale emergenza, di quale apocalisse culturale stiamo vivendo? Abbiamo la consapevolezza di che implicazione abbia la scelta della sinistra politica di trasformare la guerra alla povertà in guerra ai poveri? Siamo consapevoli che questo si può considerare davvero la crisi terminale di chi ha rotto definitivamente con l’umanesimo, con l’umanesimo contemporaneo che pure l’aveva ispirata? E davanti a tutto questo, trovo riduttivo discutere di governo. Meglio: trovo riduttivo discutere solo di governo. E’ un problema ma non certo quello dominante.

Anche qui Revelli: perchè parli di sinistra politica che asseconda le peggiori spinte securitarie? La sinistra non è con Cioni o Cofferati.
Ma anche qui dallo per scontato. Lo so perfettamente che c’è una sinistra, una sinistra politica che prova a resistere. Ma rispetto alla potenza di fuoco dei vari editorialisti di Repubblica, Corriere, Stampa mi ricorda tanto chi si assume il compito di svuotare il mare con un secchiello. E la battaglia è destinata a restare impari se non entrano in campo tutti coloro, tutte quelle soggettività che non possono essere ridotti alla sinistra politica. Come vedi sono tornato alla manifestazione del 20 ottobre…

Per dire?
O si va al di là dei confini dei partiti o è inutile. O si va al di là o si rischia di impelagarci in una discussione di ceto politico. Che oggi diventerebbe di ceto governativo. E a quel punto non ci sarebbe davvero più nulla da fare.

Oltre ai partiti, dici. Frase che suona strana proprio oggi quando i media sono piene dei proclami di Beppe Grillo…
Attenzione: sarebbe un errore fatale, catastrofico etichettare quel fenomeno come antipolitica. Sarebbe gravissimo.

Insomma, ti interessa il fenomeno Grillo?
Io trovo interessantissime quelle piazze piene di passioni civili. Passioni forti. E non comprenderlo sarebbe gravissimo.

Un’ultima cosa, Revelli. Oggi il segretario della Fiom ha proposto che la sua organizzazione si batta per il “no” all’accordo sul welfare firmato dalla Cgil. E’ la prima volta che una categoria “sfida” la propria confederazione. Secondo te cambia qualcosa? E’ una scelta che in qualche modo ha a che fare con la manifestazione del 20 ottobre?
Ovviamente parliamo di cosa, di fatti che appartengono a sfere diverse. Nessuna confusione. Però voglio risponderti: e ti dico che sì. In qualche modo la scelta di opporsi all’intesa sul welfare ha a che fare col corteo.

In che senso?
Perché racconta che c’è ancora chi è capace di opporsi alle logiche di subalternità burocratica, alle quali siamo stati abituati. Ci racconta di come soggetti collettivi – o ciò che resta dei soggetti collettivi – siano ancora in grado di dare rappresentanza, voce alla propria base sociale. Ci racconta che c’è chi ha ancora voglia di battersi, di contrastare i pensieri dominanti. E che vuole ridare la parola ai soggetti che rappresenta. E se così è, mi sembra che siamo in perfetta sintonia con le aspirazione di chi ha promosso la giornata di lotta del 20 ottobre.

Revelli, che titolo daresti a questa chiacchierata? “Partiti, giù le mani dal corteo”?
No. Direi: non vi impossessate del 20 ottobre. Non ne fate una vostra esclusiva. Anche perché, tanto, non vi servirebbe.