Rete 28 Aprile all’attacco «E’ ora di fare sciopero»

«Indipendenza del sindacato dalla politica, anche da chi ti è più vicino, e democrazia dentro il sindacato stesso: questo è il momento di rilanciare». Così ieri Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom, ha aperto a Milano l’assemblea nazionale della Rete 28 Aprile, area «antagonista» della Cgil. La Cgil ai tempi del «governo amico» è storia dei nostri giorni, dice Cremaschi. La Cgil ai tempi del partito democratico è invece storia tutta ancora da scrivere. Ma il «terremoto politico» in corso, come lo legge Gianni Rinaldini, segretario generale Fiom, intervenuto ieri nel corso dell’assemblea, non potrà non investire il più grande sindacato italiano. Una questione di «identità», a giudicare dalle tante voci, quelle delle oltre 400 delegate e delegati sindacali, che ieri hanno animato l’assemblea. Che non si spiegano come mai il sindacato che dovrebbe rappresentarli non abbia ancora proclamato uno sciopero generale contro la politica economica dell’attuale governo.
Indipendenza e democrazia, dunque, le parole chiave. «Assistiamo a un restringimento delle pratiche democratiche dentro al sindacato stesso – dice Cremaschi – E’ necessario ripartire dalle questioni centrali per i lavoratori, che sono precarietà e pensioni». La legge 30 è ancora lì, nonostante tutte le parole spese in campagna elettorale – argomenta – e sulle pensioni spaventa quanto proposto dal governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, di «concertare» cioè allo stesso modo in cui si è concertato nel ’92 sulla scala mobile: «Ma la scala mobile non c’è più». «A un anno dal cambio di guardia in Parlamento non è cambiato niente – è la sintesi – Come avremmo reagito se tutto ciò lo avesse fatto il governo Berlusconi?». «Se la politica economica dell’esecutivo non cambia sarà necessario andare al confronto con i lavoratori e dichiarare lo sciopero generale – conclude Cremaschi – E se proprio non vogliamo farlo contro Prodi, dichiariamolo allora contro il ministro Padoa Schioppa».
Di vero e proprio «terremoto politico, destinato a determinare uno scenario inedito per la Cgil», parla il leader della Fiom, Gianni Rinaldini. La Fiom, annuncia Rinaldini, si avvia a chiedere a Cgil, Cisl e Uil la proclamazione di uno sciopero generale, di quattro ore, per rimettere al centro la sicurezza del lavoro. Sui temi specifici della democrazia e dell’indipendenza, si nota una certa convergenza con la relazione di Cremaschi. Lo stesso Rinaldini, all’ultimo congresso della confederazione, proprio sul tema della democrazia (come sulla contrattazione) ha presentato una tesi alternativa a quella della maggioranza. La Costituente del partito democratico – spiega – pone il sindacato di fronte a un bivio, tra l’essere collaborativo, oppure in grado di rilanciare i suoi valori e criteri fondativi. «Parlare dunque di democrazia e indipendenza, significa rilanciare il sindacato come soggetto generale, capace di una proposta sociale, a partire dal lavoro». E il voto dei lavoratori – conclude Rinaldini – deve essere vincolante per un sindacato che si voglia democratico nella sostanza.
Questo hanno chiesto le delegate e i delegati e gli altri partecipanti all’assemblea. Raccontano il vissuto quotidiano, e pensano al sindacato come a un «soggetto generale», portatore di un punto di vista ben preciso sulla società. Applauditissima Teresa Strada, presidente di Emergency, e anche il vicentino Ollon Jackson, del comitato No Dal Molin. Cremaschi propone una manifestazione per la pace, il 9 giugno, quando Bush sarà in Italia. E poi, «quell’altra guerra, quella della competitività contro il lavoro». Parla Stefano Castigliego, delegato alla Fincantieri di Marghera: «Soltanto per denunciare le condizioni di lavoro di chi opera in subappalto bisognerebbe fare uno sciopero all’ora – dice – E ora in ballo c’è anche la minaccia di privatizzazione di Fincantieri». La Camera del lavoro di Brescia (con il suo segretario, Dino Greco, presente all’iniziativa) annuncia lo sciopero, il 3 maggio, indetto insieme a Cisl e Uil per la sicurezza del lavoro e sul lavoro. E ancora, parlano delegati della scuola, della ricerca, delle telecomunicazioni. Delusione e rabbia «contro tutti i tavoli e le mediazioni della Cgil» sono i sentimenti dominanti. E il sindacato, con tutto ciò, non potrà non fare i conti.