Il presidente del consiglio Prodi ieri ha presentato alle parti sociali – sindacati e Confindustria – il suo «nuovo 23 luglio» (così lo ha ribattezzato lui stesso, riferendosi al Patto del luglio ’93): si chiama «Protocollo su previdenza, lavoro e competitività per l’equità e la crescita sostenibili». Insieme al premier, i ministri Padoa Schioppa, Damiano, Bersani, Letta – solidi esponenti del Partito democratico – mentre Rifondazione comunista, presente con il sottosegretario al Lavoro Rosa Rinaldi, ha potuto vedere il testo definitivo solo ieri stesso. Stessa esclusione dall’elaborazione definitiva per il Pdci. La sinistra è visibilmente scottata per la «poca collegialità – spiega Rinaldi – vista con lo scalone e adesso con questo testo, seppure nella sua formazione precedente abbiamo contribuito». Lo stesso il responsabile Lavoro del Prc, Maurizio Zipponi: «Il testo definitivo lo ha scritto il ministro, faremo poi le nostre osservazioni». Ma ieri Damiano è stato chiaro, seconda stilettata dopo la «blindatura» delle misure sullo scalone: «Il testo è chiuso, non è emendabile». Intendendo escludere i partiti alla sua sinistra – almeno nelle intenzioni – perché invece con Confindustria e sindacati (in special modo con la Cgil) il ministro dovrà lavorare ancora: Guglielmo Epifani e Fulvio Fammoni hanno lasciato Palazzo Chigi senza partecipare alla conferenza stampa, raggiungendo subito il Direttivo, che è andato avanti nell’analisi del testo fino a notte fonda. Facendo sapere subito, però, che sono almeno due i punti che non gradiscono: 1) la non abolizione dello staff leasing; 2) la decontribuzione degli straordinari. Il confronto, poi, sarà certamente caldo con le «minoranze» interne (dalla Fiom di Rinaldini a Lavoro e società di Nicolosi, fino alla Rete di Cremaschi), presso cui già circolavano voci di documenti alternativi. Confindustria dice di prendere «ancora alcuni giorni prima di firmare», mentre Cisl e Uil davano già ieri la loro disponibilità.
Ma vediamo il Protocollo. 1) Contratti a termine: si rivede la 368 del 2001, che li aveva liberalizzati, e si istituisce un tetto alla ripetibilità. Se una somma successiva, per lo stesso lavoratore presso la stessa azienda, supera i 36 mesi, anche discontinui (dunque, mettiamo, anche nell’arco di 6 o più anni), per un successivo rinnovo ci si dovrà recare presso la Direzione provinciale del lavoro, e giustificarne la temporaneità. Senza questo passaggio, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato. I contratti che superano i 6 mesi danno diritto alla precendenza per le assunzioni a tempo indeterminato nell’arco dei successivi 12 mesi. Importante: non vengono introdotte le causali contrattate, chieste dalla Cgil e da tutta la sinistra (da Sd al Prc), né si impone di fissare tetti percentuali nei contratti collettivi (anche questo un tema caro alla Cgil). Interinali: i contratti di somministrazione individuale non sono sottoposti a questi vincoli, dunque restano di fatto liberi. Più in generale, per quanto riguarda il rapporto singolo lavoratore-agenzia interinale, il governo intende stanziare incentivi (ancora da quantificare) per spingere all’assunzione a tempo indeterminato.
Staff leasing: la somministrazione di gruppo a tempo indeterminato non viene abrogata, ma si aprirà «un tavolo di consultazione» con le parti sociali. Job on call: il lavoro a chiamata viene abrogato. Contratti di inserimento: anche in questo caso si demanda a una consultazione con le parti.
Decontribuzione straordinari: E’ uno dei punti più controversi del protocollo, criticato sia da Epifani che dal Prc (per Rinaldi «rappresenta un freno all’occupazione»). Il governo vuole eliminare la contribuzione maggiorata che oggi è caricata sulle ore di straordinario – in base alla legge 549 del ’95 – in modo da farle costare quanto le ore ordinarie.
Detassazione secondo livello: Passa dal 3% al 5% la quota di salario defiscalizzata e decontribuita, quella che forma il premio di risultato, territoriale e aziendale. Le imprese verranno decontribuite nella misura del 25% del salario di risultato erogato, i lavoratori per intero e dunque avranno i soldi subito in busta paga, ma un fondo pubblico dovrebbe coprire figurativamente quanto scontato.
Parasubordinati: E’un’altra delle note dolenti: vengono mantenuti i contratti cocoprò almeno per i prossimi 3 anni, dato che si prevede l’aumento dei contributi di un punto all’anno dal 2008 al 2010 (dal 23,5 al 26,5%).