PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Grassi. Ne ha facoltà.
GRASSI (RC-SE). Signor Presidente, onorevoli senatrici, onorevoli senatori, voglio esprimere con questo mio intervento la contrarietà al disegno di legge che stiamo discutendo. Esso, pur contenendo un aspetto positivo, che è il rientro entro l’anno di tutti i militari italiani dall’Iraq conferma – e questo è il motivo principale per cui esprimo un netto dissenso – la presenza militare dell’Italia in Afghanistan.
In Afghanistan nel 2001 è stata fatta una guerra che doveva servire per sconfiggere il terrorismo. A cinque anni di distanza il bilancio che è sotto di occhi di tutti noi, se si vuole essere obiettivi, è il seguente: la guerra non è finita, si contano decine di migliaia di morti civili e solo nella prima metà del 2006 sono stati 3.000: più di quanti ve ne siano stati nel 2005; il terrorismo, anche in conseguenza della guerra è aumentato, i talibani sono più forti di prima, il traffico dell’oppio è cresciuto enormemente.
Come si fa a non prendere atto di questo bilancio e non riconoscere quindi apertamente che la politica internazionale del Governo Bush, con le guerre in Iraq e in Afghanistan è profondamente sbagliata ed è servita non già a combattere il terrorismo, ma a difendere, costi quel che costi, i propri interessi strategici?
Si è voluto far credere all’opinione pubblica mondiale che in Iraq si nascondevano armi di distruzione di massa ma, come è stato documentato, si è trattato di una menzogna, costruita dagli stessi Governi che hanno fatto la guerra per celare il vero motivo di quell’intervento militare, e cioè la grande quantità di petrolio presente in quella zona e la necessità di controllarne i flussi.
In Afghanistan si è voluto far credere che la guerra fosse una risposta al terribile attentato dell’11 settembre 2001, ma oggi tutta la documentazione, anche americana, conferma che la guerra era stata decisa ben prima dell’attacco alle due torri ed ha l’obiettivo di controllare una zona di primaria importanza strategica. Per rendersene conto basta guardare la carta geografica: l’Afghanistan è al crocevia tra Medio Oriente, Asia centrale, meridionale e orientale. In quest’area si trovano le maggiori riserve petrolifere del mondo, si trovano tre grandi potenze, Cina, Russia e India, la cui forza complessiva sta crescendo e influendo sugli assetti globali.
In questo contesto e per sostenere questa operazione, voluta in primo luogo dagli Stati Uniti, si propone di confermare la presenza militare italiana in Afghanistan. Sono contrario: si tratta di una missione di guerra alle dipendenze degli Stati Uniti che può mettere a rischio la vita dei nostri soldati.
Nell’agosto del 2003, infatti, la missione ISAF è diventata, da missione a comando ONU, missione a comando NATO. Il quartier generale ISAF è stato inserito nella catena di comando NATO, che sceglie di volta in volta i generali da mettere in capo all’ISAF, e poiché il comandante supremo alleato è sempre un generale statunitense le nostre Forze armate vengono di fatto inserite nella catena di comando del Pentagono; in tal modo esse vengono sottratte all’effettivo controllo del Parlamento e dello stesso Governo, legando sempre più il nostro Paese alle scelte che decide il Governo nordamericano in quell’area.
Purtroppo, il disegno di legge dell’Unione sull’Afghanistan non solo conferma la presenza militare, così come era avvenuto nella passata legislatura, nella quale per ben otto volte il mio partito aveva votato contro, ma non accetta di inserirvi nessun riferimento ad una strategia d’uscita. Per questo siamo contrari, perché non si può votare una missione di guerra, ce lo impedisce l’articolo 11 della Costituzione, e perché non vi è su questo punto alcuna discontinuità con il Governo precedente. Infatti, alla Camera di deputati tutto lo schieramento di centro-destra ha votato a favore del disegno di legge.
Il presidente Napolitano, che ho votato e a cui porto rispetto, ci ha definiti anacronistici; è un termine offensivo che respingo. Al presidente Napolitano vorrei rispondere con le parole di un altro Presidente.
PRESIDENTE. Se potessimo tenere l’onorevole Presidente della Repubblica fuori da queste polemiche sarebbe meglio. (Applausi del senatore Polito).
GRASSI (RC-SE). Volevo rispondere con doveroso rispetto, visto che il Presidente ha voluto definirci con quelle modalità.
Vorrei rispondere con le parole del Presidente Sandro Pertini.
PRESIDENTE. Senatore Grassi, lui è Presidente della Repubblica.
GRASSI (RC-SE). Certamente, è io credo di poter dire queste cose.
A proposito di chi lottava contro la guerra, Sandro Pertini, nel messaggio di fine anno del 1983, disse: “Io sono con coloro che manifestano per la pace. È troppo facile dire che queste manifestazioni sono strumentalizzate. Sono giovani che scendono in piazza e vogliono difendere la pace e quindi vogliono difendere il loro avvenire”. Mi riconosco in queste parole anacronistiche.
In ogni caso, in questo Paese di anacronistici ce ne sono tanti, visto che nei giorni scorsi un sondaggio ci informava che ben il 61 per cento degli italiani è per il ritiro dei militari dall’Afghanistan. Il problema è che quando si vota alla Camera solo l’1 per cento dei rappresentanti di quegli stessi italiani vota per il ritiro. Cari colleghi, non meravigliamoci allora se poi si produce quel distacco tra cittadini e istituzioni, tra società e politica, sui quali si fanno tanti convegni e vengono spese tante parole, spesso inutili.
Signor Presidente, rimaniamo fortemente contrari a questo disegno di legge. Se fosse stato messo in votazione come disegno di legge non lo avremmo votato, come hanno fatto alcuni colleghi alla Camera dei deputati. Il Governo, decidendo di mettere la fiducia e considerando del tutto legittimo che all’interno della coalizione sia presente una posizione come la nostra, ha mostrato, anche con le parole pronunciate in questa Aula dal ministro Chiti, una sensibilità che apprezziamo. Voteremo quindi la fiducia perché non è mai stata nostra intenzione far cadere il Governo e anche perché non vogliamo essere utilizzati come pretesto per produrre allargamenti dell’attuale maggioranza verso il centro. Anzi, con la nostro azione abbiamo evitato che in quest’Aula ciò sì determinasse.
Ci impegniamo fin da adesso con altri parlamentari, che pure in questo passaggio hanno assunto una posizione diversa dalla nostra ma che come noi sono per il ritiro dell’Afghanistan, e con i movimenti per la pace per riuscire a ottenere tra sei mesi quell’uscita dall’Afghanistan che non siamo riusciti a realizzare questa volta.
Come dimostrano anche i tragici fatti che stanno avvenendo in queste ore in Libano, il mondo non può essere governato con la guerra e con la violenza. Il vertice di ieri, purtroppo, non ha dato esiti positivi, poiché anche per il medio oriente gli Stati Uniti, appoggiando incondizionatamente la politica di Israele, impediscono che si determini una soluzione. Questa non può che passare attraverso l’immediato cessate il fuoco, il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, ma soprattutto – è questo il vero problema da risolvere, altrimenti non c’è tregua che tenga – attraverso il riconoscimento del diritto del popolo palestinese ad avere un proprio stato.
Israele dice di aver iniziato questa guerra per far rispettare la risoluzione n. 1559 dell’ONU. Quale ipocrisia! Da quale pulpito viene la predica! Sono decine le risoluzioni dell’ONU che Israele da decenni considera sistematicamente carta straccia. Se il nostro Governo vuol dare un contributo per la pace, deve impegnarsi affinché Israele si ritiri dai territori occupati e cessi la costruzione del muro della vergogna. Sarebbe opportuno, inoltre, che il nostro Paese interrompesse l’accordo militare con Israele, stilato nella scorsa legislatura da Berlusconi. (Applausi dai Gruppi RC-SE e IU-Verdi-Com).