Repressione all’italiana

E’ dovuto passare più di un anno e – a quanto par di capire – soprattutto le elezioni, perché il governo desse l’ok al Consiglio d’Europa per la pubblicazione del rapporto sullo stato delle carceri italiane e dei centri di permanenza temporanea. Il voluminoso resoconto – frutto della visita effettuata dal Comitato per la prevenzione della tortura (cpt) tra il novembre e il dicembre 2004 – è stato dato alle stampe solo ieri, dopo numerose polemiche (sollevate tra gli altri dal manifesto e da un’interrogazione parlamentare firmata da Tana De Zulueta e altri 19 deputati) proprio perché il governo italiano temporeggiava.
In effetti, il cahier de doléances è lungo, nonostante le accortezze diplomatiche. Carceri sovraffollate, assistenza sanitaria scadente, personale insufficiente, sono soltanto alcuni dei problemi individuati dal Comitato. Per quanto riguarda i cpt invece – la delegazione ha visitato soltanto Agrigento, Trapani, Lampedusa e Caltanissetta – le critiche non sono particolarmente accese, anche se fu proprio l’ispezione a causare la chiusura del centro agrigentino. Vengono richieste informazioni, però, sui respingimenti verso la Libia con una sfilza di raccomandazioni, a partire dal fatto che gli espulsi dovrebbero essere identificati con accortezza.
Ma ciò che maggiormente preoccupa i funzionari del Consiglio d’Europa è lo stato delle carceri e la formazione del personale di polizia. A quanto pare non abbiamo fatto un’ottima impressione, soprattutto quando la delegazione ha tentato di visitare il Commissariato di polizia ferroviaria di Roma Termini e il commissariato di polizia di Civitavecchia trovandosi di fronte a una specie di muro. Scandalizzati, i funzionari scrivono che i poliziotti si sono rifiutati di collaborare e non hanno fornito il loro nome e il loro numero di identificazione. D’altronde, come fa notare il rapporto, il capo della polizia non aveva neanche provveduto a munire di lasciapassare la delegazione. La visita alla stazione capitolina non è stata comunque inutile: al binario 13 è stato trovato una specie di box di appena 3 metri quadri in cui vengono trattenute le persone fermate alla stazione.
Gli istituti di pena ispezionati sono soltanto tre: Civitavecchia, Verona Montorio e Parma. Ma il campione pare rappresentativo. A Civitavecchia gli ispettori hanno trovato due agenti penitenziari sotto inchiesta per violenze sui detenuti ancora al lavoro a stretto contatto con le persone dietro le sbarre. Nella prigione di Parma il Comitato ha incontrato tre detenuti in base all’articolo 72 (cioè condannati all’ergastolo e a un periodo di isolamento diurno) «in condizioni inaccettabili». I tre «erano chiusi da soli nelle loro celle per 22 ore al giorno. Oltretutto le loro celle erano mal areate». Stessa cosa per i detenuti del 41 bis, per i quali il Comitato raccomanda un migliore trattamento. Ma le critiche più severe arrivano sul sovraffollamento, sulla carenza del personale penitenziario e soprattutto di quello sanitario dovuto a «severe restrizioni di budget».
Nessuna denuncia è stata invece raccolta per quanto riguarda il maltrattamento dei detenuti nelle carceri, mentre qualche preoccupazione c’è per le misure spicce utilizzate durante i fermi. Il Comitato, inoltre, fa sapere di tenere d’occhio i processi sugli incidenti di Napoli e Genova del 2001, chiedendo «di ricevere informazioni dettagliate sulle misure adottate per evitare il ripetersi di episodi simili in futuro».