Report iniziativa de l’Ernesto a Napoli, 9 gennaio 2009

Via Santa Maria la Nova, cuore antico e popolare di Napoli. Venerdi 9 gennaio : i muri del quartiere sono pieni di manifesti de l’ernesto, che preannunciano un dibattito presso la Sala del Consiglio Provinciale : “ Crisi del capitale, attacco al lavoro, moralità della politica e questione meridionale”.

Tira un vento gelido, ma lungo le vie che portano al Consiglio Provinciale gruppi di compagne e compagni, con i baveri alzati, con le sciarpe al collo, si avviano all’incontro. Sono “quadri” e militanti del PRC, del PdCI, di Sinistra Critica, comunisti e comuniste senza partito, in attesa – forse – che un nuova forza comunista si riaggreghi, più forte, più unita, più combattiva, come risposta alla diffusa diaspora comunista italiana.

Dalle vie tortuose, dai vicoli stretti, tipicamente napoletani, che si inerpicano sino al Consiglio Provinciale, continuano ad arrivare gruppi di compagni: parlano tra loro, scherzano, si salutano, si riconoscono; molti – collocati ora in partiti o formazioni diverse – hanno militato insieme, anni fa, decenni fa, nel PCI, nel PRC, nel PdCI, in DP, nei movimenti: ed oggi sono qui, si ritrovano: è un bel segnale, questo giungere da quartieri e storie diverse e ritrovarsi in un freddo e rigenerante gennaio napoletano.

Alle 17.00 circa già un centinaio di compagni/e occupano la strada antistante la Sala del Consiglio Provinciale, le macchine fanno fatica a passare e fermarsi. Arriva Oliviero Diliberto, salutato da un grande applauso. E dopo di lui, Fosco Giannini con Maurizio Acerbo, primo firmatario della Mozione 1 al Congresso di Chianciano del PRC, la mozione vincente. Anche loro vengono salutati calorosamente dai compagni che attendono lungo i vicoli.

Alle 17.30 si comincia: la sala è stracolma (oltre 150 persone), “il pubblico” si sistema lungo i corridoi, sulle scale.

Apre Francesco Rozza, docente di filosofia, membro del Comitato Regionale PRC della Campania, dirigente dell’area de l’ernesto. Spiega i motivi del dibattito (Napoli, la questione morale, l’unità dei comunisti) e “presenta” l’ernesto – “ rivista comunista” – coi temi che il giornale affronta da un quindicennio: l’antimperialismo, l’attualità del leninismo, la forma partito, il quadro internazionale, le questioni di classe e del lavoro, la battaglia delle idee…

Poi tocca a Mario Maddaloni, leader operaio di Napoli, dirigente PRC, RSU “Napoletana gas – Eni”. Maddaloni non fa giri di parole: va dritto alla questione sociale, alle molteplici difficoltà del vivere “ del proletariato napoletano, che avrebbe bisogno di una sponda di classe più forte, più popolare, più credibile, avrebbe bisogno di un sindacato di classe e di un partito comunista meno fragile dei due che vi sono in Italia”. Ed è per questo – chiosa Maddaloni – che a noi lavoratori, che a noi operai la proposta dell’unità comunista ci convince. E’ una cosa semplice e seria, dritta e convincente, è di buon senso, facilmente comprensibile a tutti. Abbiamo bisogno come il pane di una forza di classe, che senza troppe chiacchiere si schieri dalla nostra parte. Un partito comunista più forte e di lotta, e un sindacato di classe, potrebbero ridarci un po’ di speranza”.

La parola passa a Giustino D’Amato, giovane ricercatore precario presso la Facoltà di Fisica di Fisciano. D’Amato racconta della drammatica precarietà del lavoratore intellettuale, parla di sé, della difficoltà enorme di poter studiare, ricercare, in una condizione in cui il pane non è assicurato. E pone il problema dell’unità di classe tra lavoratori delle fabbriche, dell’intero mondo del lavoro e dei lavoratori delle Università, della scienza, della cultura.

Tocca a Domenico Moro – economista, saggista , membro del Comitato Centrale del PdCI – fare il punto sulla crisi del capitalismo – crisi di sovrapproduzione -, sull’esigenza di una risposta di classe, di una proposta seria e di impatto popolare da parte dei comunisti e delle forze più avanzate per uscire da sinistra dalla crisi. Una risposta – dice Moro – che stenta a prendere corpo e questa difficoltà è anche il segno della debolezza del movimento comunista e di classe, una debolezza che dovrebbe essere superata, anche attraverso l’avvio di un processo unitario delle forze comuniste ed anticapitaliste.

E’ la volta di Diliberto, che non ha peli sulla lingua sia nel descrivere il pericolo del regime di destra e antioperaio che si va costituendo con il governo Berlusconi; che nel rilanciare con forza il progetto dell’unità dei comunisti (“ per un Partito comunista di cui certo, non sarei io il segretario” ). Ma bisogna farla presto, questa unità – dice Diliberto rivolgendosi ad Acerbo, della Direzione nazionale del PRC – prima che la massiccia reazione in campo ci “asfalti” tutti. E bisogna farla con tutti i comunisti e le comuniste disponibili: PRC, PdCI, Sinistra Critica, Ferrando, gruppi, riviste, le decine di migliaia di compagni e compagne senza partito. Occorre – conclude Diliberto – tornare allo spirito originario di Rifondazione Comunista : unità è ricerca politica e teorica, ma soprattutto lotta e radicamento sociale. E ovviamente un momento importante dell’unità dei comunisti dovrebbe essere la lista unitaria comunista per le elezioni europee…

Maurizio Acerbo si misura con la “sfida” del segretario del PdCI : rilancia l’esigenza dell’autonomia comunista del PRC, stigmatizza la svolta di Giordano e Bertinotti, dice che occorre battersi contro la scissione dal PRC paventata da Giordano in questi giorni, ricostruire il legame di massa tra PRC e classe, tra Partito e movimenti. E sulla proposta di Diliberto (unità dei comunisti subito) afferma di non essere contrario, ma che i processi sono processi e vanno condotti senza impazienze, partendo dall’unità dal basso, per evitare errori.

Fosco Giannini esordisce ricordando che “ il compagno Hugo Chavez non si è ancora proclamato comunista ( anche se studia Marx, Lenin e Gramsci, anche se ha già preannunciato il carattere socialista della rivoluzione venezuelana), ma ha espulso nei giorni scorsi da Caracas l’ambasciatore israeliano, denunciando gli orrori dell’esercito di Israele a Gaza e schierandosi apertamente a fianco del popolo palestinese. Anche noi in Italia dobbiamo costruire un movimento di solidarietà con il popolo palestinese, vasto e di lunga durata”.

Giannini ricorda poi che è Napoli stessa, la sua vita quotidiana, a porre il problema del binomio inscindibile questione morale – questione sociale ( “così come già faceva Gramsci nel suo saggio sulla Questione Meridionale”). Giannini ricorda e legge brevi stralci di un Appello del I° maggio 2007 ( “Napoli May Day”) firmato da numerose organizzazioni sociali e di lotta napoletane, in cui si “narra” la profondità della corruzione politica, sociale, istituzionale a Napoli e si descrive il legame tra essa e la drammatica questione sociale che segna la città.

Giannini pone il problema “della costituzione materiale della corruzione, dentro la cristallizzazione di un potere politico senza più pulsione trasformatrice” e afferma di vedere in ciò i rischi di una deriva istituzionalista che (a Napoli oggi, al governo centrale ieri) ha attraversato i comunisti e la sinistra italiana.

Giannini ricorda poi lo “ Spirito dei tempi ” di cui parlava anche Gramsci : “capire ciò che sta accadendo e che stentiamo a riconoscere. E oggi – afferma – molti stentano ancora a capire che l’unità dei comunisti, come desiderio e volontà – contro questa regime reazionario di massa che in Italia si va costituendo- – sta organizzandosi nelle coscienze e nel senso comune di migliaia di comuniste/i, interni ed esterni ai partiti, ed è nostro compito politico e morale rispondere positivamente a questo sentimento diffuso”.

Dopo gli interventi dei relatori, tocca al pubblico: sono molti a intervenire (compagne/i del PRC , del PdCI, di Sinistra Critica, dei movimenti napoletani ), molte e di sostanza le questioni poste.

Ciò che prevale, tuttavia, è il senso generale che i comunisti, divisi, non ce la fanno e che questa diaspora può far contenti solo i gruppi dominanti. La questione dell’unità è posta. Unità e autonomia comunista e – senza confondere i piasni – unità d’azione di tutte le forze di sinistra e anticapitalistiche, unità e autonomia di un sindacalismo di classe. Occorre lavorarci, in molti, per cogliere l’obiettivo.