Sabato 6 dicembre a Castel di Lama (nella sala consiliare del Comune) si è discusso di “ Crisi del capitalismo, attacco al lavoro, trasformazione sociale “.
Ben introdotto dalla compagna Anna Romana Sebastiani, del comitato federale di Ascoli Piceno del P.R.C., Domenico Moro, economista e membro del comitato centrale del P.D.C.I., ha esposto una analisi limpida della crisi attuale con un esplicito richiamo a fondamentali scoperte di Marx oggi più attuali che nel suo tempo. La favola della finanza cattiva, causa esclusiva del disastro, non regge l’analisi: spregiudicatezza, avidità, deregolazione spiegano il quando, il come, il dove della crisi, ma i presupposti generali, le cause sine qua non, sono parte strutturale della dinamica del capitale: enorme sviluppo delle capacità produttive, insufficienza della domanda solvibile, separazione tra sfera della produzione e sfera della distribuzione, anarchia degli investimenti, struttura oligopolistica del mercato, caduta del saggio di profitto e quindi inflazione del credito e finanza “creativa” per surrogare il difetto di domanda, questo il quadro di fondo.
Tocca poi a Giusy Montanini della CGIL di Fermo descrivere la condizione reale, drammatica, del lavoro dipendente nella sua complessa articolazione: occupazione stabile e precariato, settori tradizionali e nuova condizione femminile; le politiche del lavoro e del diritto del lavoro hanno eroso diritti e salari reali, dunque sono tra le cause della crisi, hanno assecondato le imprese nella rinuncia alla sfida tecnologica e della qualità, che spinge il paese sempre più in basso nella gerarchia della divisione internazionale del lavoro. La crisi rischia di travolgere gli ultimi baluardi del lavoro, la lotta viene prima dell’unità sindacale perché non c’è altra strada.
Ci raccontano che l’Italia uscirà meglio di altri dalla crisi – esordisce il compagno Alessandro Volponi, ex segretario della federazione di Fermo del P.R.C.- la “sana” manifattura, la”sana” arretratezza del sistema bancario italiano ci ripareranno dagli effetti più violenti della crisi!
Non sarà così perché lo Stato, garante e sovventore dei monopoli dacchè è iniziata la fase di declino del capitalismo, è decisivo per uscire dalla crisi. C’è quindi il rischio che la crisi selezioni gli Stati più che le imprese ed il nostro è debole, debolissimo ( debito pubblico, efficienza della Pubblica amministrazione, qualità della spesa pubblica, corruzione, livello del ceto politico-amministrativo eccetera ).
Le conseguenze sociali saranno pesanti ( indebitamento delle famiglie e crescente dipendenza dall’usura o dalle istituzioni caritative, rafforzamento dell’economia criminale, estensione del lavoro nero, distruzione di settori produttivi e dispersione di professionalità eccetera), ma intanto fare: razionare il lavoro ( orari, ferie, età di pensionamento) alleggerire fisco e pa! fisco sul lavoro e sulle imprese dei settori competitivi, investire ( edilizia scolastica, rete idrica, trasporto collettivo, risanamento ambientale) inventare un settore industriale: le energie alternative.
Soprattutto dalla crisi nasca e si diffonda una rinnovata coscienza di classe, a questo serve l’unità dei comunisti ed una rivista come l’Ernesto.
Dall’uditorio, attento sino alla fine, poche vivaci e precise domande.
Replica per tutti Moro tirando le conclusioni.
Bella serata a Castel di Lama !
Coordinamento de l’ernesto, Fermo- Ascoli Piceno