«Regole d’ingaggio da occupanti»

L’annuncio, alcuni giorni fa, delle regole di ingaggio «rinforzate» dell’Unifil, che secondo un manuale dei servizi spagnoli distribuito al contingente iberico in Libano, potranno procedere in prima persona contro la resistenza libanese a sud del fiume Litani e non più limitarsi a sostenere l’esercito di Beirut, rischia di porre fine alla luna di miele tra le truppe Onu, la popolazione sciita del sud, la resistenza e l’esercito libanese.
A poche ore da una prima, dura presa di posizione contro le truppe multinazionali dell’ayatollah Hussein Fadlallah – il più influente esponente religioso sciita, in passato considerato la guida spirituale degli Hezbollah – secondo il quale le forze dell’Unifil II sarebbero state inviate nel sud del Libano solamente per proteggere Israele, ieri è sceso in campo con una conferenza stampa il generale (in pensione) Amin Hoteit, rappresentante non ufficiale dei settori «nazionali» e «patriottici», in gran parte sciiti, ma non solo, maggioritari nelle forze armate della repubblica dei cedri. L’autorevole esponente dell’establishment politico-militare libanese – incaricato nel 2000 di verificare il ritiro israeliano e di negoziare con l’Onu la linea di confine tra il Libano e Israele – ha sostenuto che le regole di ingaggio rese note dall’Unifil, al di là della volontà politica dei singoli governi, trasformeranno con il tempo i contingenti multinazionali nel Libano del sud in truppe occupanti e questo «farà di nuovo esplodere la situazione». Nel corso della conferenza stampa è stato inoltre reso noto un memorandum inviato al Segretario generale dell’Onu nel quale si chiede all’Unifil di attenersi alla lettera della risoluzione 1701 sul «cessate il fuoco» e a non proporre progetti – come il controllo delle acque territoriali, della frontiera con la Siria, degli aeroporti, dello spazio aereo – che porrebbero il Libano sotto una sorta di nuovo mandato coloniale internazionale. In particolare – ha sostenuto il generale Hoteit – mentre la risoluzione 1701 stabilisce che la missione Unifil ha il compito di sostenere l’esercito libanese e di monitorare il cessate il fuoco, le regole di ingaggio invece sembrerebbero autorizzare i contingenti multinazionali ad usare direttamente la forza, nel caso l’esercito libanese non possa o non voglia farlo, per impedire che nel Libano del Sud vengano portate avanti «attività ostili». Secondo Hoteit il riferimento alla necessità di reprimere ogni «atto ostile» lascerebbe troppi margini di discrezionalità e darebbe il via libera allo scioglimento di riunioni, a perquisizioni di uffici e automezzi e, in caso di rifiuto o di resistenza, ad arrestare persone e ad aprire il fuoco. Se ciò dovesse avvenire – ha ammonito il generale – potrebbe esplodere non solo il Libano del sud ma tutto il paese. Al generale Hoteit e ad Hussein Fadlallah ha risposto ieri indirettamente il premier italiano Romano Prodi in un’intervista esclusiva al quotidiano progressista «As Safir» – ma senza entrare nel merito delle regole di ingaggio: «Le forze dell’Unifil sono in Libano – ha sostenuto Prodi – per mantenere la pace e non certo per intromettersi nei complicati affari politici libanesi». Il premier italiano non ha escluso che «potranno verificarsi degli incidenti isolati» ma, ha ripetuto cercando di convincere i suoi scettici interlocutori, «la missione delle nostre truppe è di pace».