Referendum, salviamo la Costituzione senza “ni”

Sfondo tricolore e tante matite pronte per il “no”: “Vince chi vota” e “Viva l’Italia! ”. Il Comitato Salviamo la Costituzione con giuristi, magistrati, avvocati, sindacati, società civile (e i partiti dell’Unione dietro) e pure un pezzettino di stampa democratica ha presentato la campagna referendaria per il “no” a Milano, con qualche preoccupazione. Come accade da tempo, infatti, prende piede anche in questo referendum il partito del “ni”, di quelli che si arrovellano per superare il quesito prima del voto, svuotandone il senso, ipotecandone qualsiasi esito, prima. Eppure in questo caso non c’è quorum da raggiungere, vince chi vince. «Si vota per il si o per il no, non ci sono altre ipotesi in campo», hanno detto in coro i promotori del Comitato. «E propagare l’idea che la Costituzione si debba comunque cambiare è sciocco», commenta il magistrato Armando Spataro. Dare per scontato che anche la vittoria del “no” porterebbe comunque a una riforma costituzionale offusca il merito del voto del 25 giugno, crea incertezza e disinformazione. Il messaggio non è solo per i media ma anche per il centrosinistra per il centrosinistra: «Il tema enorme della riforma Costituzionale è veicolato come la prosecuzione della campagna elettorale, la chiarezza per cosa si vota non c’è – ricorda Massimo Rebotti, direttore di Radio Popolare – un problema di informazione, ma anche di comunicazione politica, se si discute del dopo prima del voto, difficile che gli elettori capiscano su cosa sono chiamati ad esprimersi».
E il merito è davvero sostanza. La controrivoluzione della Cdl ha dato il meglio della sua cultura e della sua improvvisazione nel testo di riforma e Valerio Onida, Presidente emerito della Corte Costituzionale, snocciola almeno dieci ragioni di cultura giuridica e civile per dire “no” al destino della sua eventuale applicazione: una democrazia plebiscitaria. Si vota un uomo al comando fino a scadenza di mandato o fino al suo personale riconoscimento di impasse significa concentrazione e personalizzazione del potere nel Premier. Col Presidente della Repubblica «in canottiera», secondo la definizione di Oscar Luigi Scalfaro e «senza accettazione di organi di controllo e garanzia – spiega Spataro». Mani libere per chi governa, in sostanza, e i controlli sottoposti a loro volta a controllo politico.

Anche nella parte “d’ingegneria” la riforma è pessima con alcuni paradossi, segnalati da Onida. Ad esempio, moltiplica per tre volte e mezzo i procedimenti di produzione legislativa ovvero il modo in cui si fanno le leggi che spetteranno alla Camera e al Senato separatamente, a entrambe unite e con variante finale di impugnazione di una delle due. Il conflitto di competenze e attribuzioni è totale. Facciamo il caso di una riforma generale dell’istruzione: le norme spetterebbero alla Camera, i principi fondamentali al Senato e i dispositivi, mettiamo il caso sul diritto allo studio, a entrambe. La conflittualità è talmente evidente che è previsto saranno i presidenti di Camera e Senato a sbrogliarla, con l’ausilio di una commissione paritetica di quattro senatori e deputati. Un capolavoro: la Costituzione verrà completata di volta in volta dalla mediazione politica. Il regno dell’incertezza.

In altri punti la riforma è invece rigida e complicata perché prova a predefinire tutta la casistica parlamentare. Leggete gli articoli 88 e 94 e se riuscite a capirli scoprirete che potrebbero esistere 7/8 ipotesi di scioglimento del Parlamento: su richiesta, per dimissioni o morte del Premier, con la maggioranza assoluta della sola maggioranza (norma anti-ribaltone) e poi col voto di tutto il Parlamento in due casi specifici diversi. «I sistemi politici e costituzionali in tutto il mondo e nella storia del diritto – commenta Onida – sono semplici e pensati per durare nel tempo. Il nostro sistema attuale è molto chiaro: un governo si regge su una maggioranza e una fiducia in Parlamento altrimenti si va ad elezioni con la garanzia arbitrale del Presidente della Repubblica». La Cdl, invece, ha riscritto la Costituzione pensando ai suoi problemi di governabilità nei cinque anni trascorsi per condannarci in eterno.

Così anche chi ha fatto passi avanti verso il federalismo come Cgil-Cisl-Uil, si trova nettamente contro. «Il sindacato confederale è favorevole al federalismo – ha spiegato Fulvio Giacomassi della Cisl – federalismo cooperativo e solidale, salvaguardando l’unità nazionale e l’effettiva uguaglianza dei cittadini, per questo siamo contro a 21 sistemi diversi di sanità, istruzione e persino sicurezza». Un po’ come la vignetta di Giuliano: «I cittadini non saranno più uguali di fronte alla legge, ci sarà chi è più uguale a seconda della Regione». Per la campagna il Comitato per il “no” ha prodotto un libretto con le ragioni della “nostra Costituzione” e contributi di grandi vignettisti. In copertina Altan: «Hanno fatto una riforma costituzionale orribile», dice uno dei suoi omini nasoni. «Non sanno fare bene neanche i disastri», risponde l’altro.