Referendum, dire no alle riforme eversive

Un fiore pungente, era definita da Dossetti la nostra Costituzione,per dirne tutta l’armonia ma anche la capacità d’innovazione e di progresso. Ora, quella medesima Costituzione è in pericolo, profondamente minacciata da una radicale riforma frettolosamente approvata dal governo Berlusconi. Era da attenderlo che quel governo si proponesse tra gli obiettivi finali, dopo aver devastato regole e principi di civiltà prima ancora che giuridici, quello di uno stravolgimento delle fondamenta democratiche, con una legge sovversiva: che solo in apparenza tocca la parte della Costituzione relativa alla organizzazione dello Stato e che in realtà incide anche sulla prima parte, quella relativa ai principi fondamentali, e così sull’ intera Costituzione, non essendo l’assetto istituzionale che l’attuazione , lo strumento e la garanzia delle scelte di valore compiute dal costituente. Da qui, due primarie considerazioni: quello del prossimo 25 e 26 giugno è un referendum che, nella storia della Repubblica, ha una valenza eccezionale, perché dagli esiti ne dipende l’identità dello Stato che, ove non dovessero prevalere i NO, ne resterebbe profondamente alterata : la «devolution», che pur divide il Paese rispetto a diritti essenziali quali la salute e l’istruzione, non è forse tanto grave quanto le modifiche portate alle funzioni degli organi fondamentali del sistema democratico. Si pensi al Parlamento, privato della sua autonomia, venendo a dipendere nella sua durata e nelle sue funzioni dalle determinazioni del Governo; si pensi agli organi di garanzia svuotati delle principali finalità, alterandosi così l’equilibrio tra i poteri dello Stato, che è invece un carattere essenziale del moderno costituzionalismo.
Se quindi, anche soltanto per questi motivi, è eccezionale il significato del prossimo referendum, la seconda e conseguente considerazione è che altrettanto eccezionale è la responsabilità degli elettori : perché solo se nel prossimo referendum vinceranno i NO si potrà impedire che per lungo tempo siano compromesse le fondamenta costituzionali della convivenza civile. La nostra Costituzione, forse, non è molto conosciuta nei suoi aspetti formali ma, con il trascorrere degli anni, si è radicata nel sentire comune almeno nei suoi valori essenziali: il sentire democratico, come regola delle relazioni individuali e collettive , alla pari di quelle istituzionali, la tolleranza per le diversità e il rispetto delle altrui libertà come degli altrui diritti, il senso della giustizia e della uguaglianza , quando vera e concreta e non soltanto formale, sono una conquista irreversibile del patrimonio morale e civile del nostro popolo. Eppure quei valori che sono stati faticosamente e progressivamente conquistati ed assimilati dalla coscienza popolare, a partire da ciò che fu conquistato nella Assemblea costituente del 1947, con una legge della sola maggioranza di governo, oggi, si è voluto rimetterlo profondamente in discussione. Senza ricordare, per nascondere il carattere prevaricatorio della riforma, che la Costituzione è la sintesi del felice incontro delle culture allora dominanti, quella comunista e socialista, quella cattolica e quella laico- liberale, e che in questo senso la Costituzione è di tutti, per dire, appunto, che è stata il risultato della netta maggioranza dei partecipanti alla Assemblea costituente e di tutte le parti politiche che vi erano rappresentate, e che, di conseguenza è prevaricatoria una riforma , per riscrivere la Costituzione, voluta da una maggioranza parlamentare del momento, rappresentativa di una sola parte dell’elettorato e dei cittadini. Anche questa è una ragione, di per sé sufficiente, per votare NO, impedendo alla destra di arrogarsi il diritto, in nome di una governabilità che non è l’unico obiettivo da perseguire, di cancellare, con la Costituzione, il patrimonio di valori sui quali sinora si è retta la convivenza della società civile. D’altra parte, se vogliamo vedere quali altri buoni motivi ha l’elettorato per impedire, con il NO, la promulgazione della riforma costituzionale, sta in primo piano la pericolosità della concentrazione dei poteri nell’esecutivo: al che si accompagnerebbe non solo la dipendenza del Parlamento, come prima si diceva, ma, con la così detta separazione della carriere, anche una sostanziale dipendenza dal governo della magistratura . In altri termini, un solo potere personale, quello del primo ministro, sarebbe instaurato e garantito, al quale nessuna reale opposizione potrebbe esercitarsi nel corso della legislatura. Ed allora, cosa resterebbe dell’esperienza politica vissuta con profonda passione da tanti cittadini, all’interno, ma anche fuori, dei loro partiti, una volta che la loro rappresentanza, espressa dalla sovranità popolare, dovesse sottostare al rischio di essere mortificata da altre istituzioni ed in particolare dalla volontà di una persona sola? E’ chiaro che questa legge, ora sottoposta al voto referendario, contiene una carica distruttiva o quanto meno disincentivante sul piano morale e civile, se si considera che gli indici della partecipazione alla esperienza politica della collettività si riducono con il ridursi del rilievo funzionale degli istituti che sono l’espressione diretta della volontà popolare, e con l’accentramento delle funzioni di governo in autorità radicalmente distaccate dalla esperienza dei partiti e dei cittadini.
Oggi si discute molto di possibili incontri delle forze di governo e di opposizione per verificare le ipotesi di accordi su riforme condivise: speriamo di non tornare a ricalcare pericolose esperienze come fu quella della bicamerale, ma speriamo soprattutto che il fronte democratico sappia dimostrare, con la vittoria dei NO, il profondo attaccamento del popolo italiano alla sua Costituzione, che lo ha condotto dalle origini con la perspicacia e lungimiranza di chi ne pose le fondamenta: in questi pochi giorni che restano, per quanto a ciascuno è possibile, diamo forza alla nostra ed altrui consapevolezza che con questo referendum torniamo ad essere un popolo costituente, che vuole riaffermare il valore delle sue radici, con un NO di massa al tentativo di stravolgimento della sua Costituzione, e con essa il nostro essere un popolo amante della giustizia, della pace e quindi della democrazia.