Recidiva, la Cirielli è incostituzionale

La legge Cirielli è incostituzionale. Lo ha deciso ieri la Consulta. Limitando la sua attenzione a un singolo punto a proposito di recidiva. E’ incostituzionale – ha deciso la Corte – escludere dai permessi premio i detenuti che prima dell’entrata in vigore della Cirielli avevano già maturato i requisiti necessari ad ottenere il beneficio.
Cade dunque sotto la scure dei giudici costituzionali proprio l’aspetto meno dibattuto della legge, nota piuttosto come «salva Previti». Si tratta invece di una legge fortemente anti-garantista. Come operatori carcerari, giuristi e una parte delle forze politiche di sinistra avevano sottolineato con forza quando nel dicembre dello scorso anno era stata approvata definitivamente. Battezzandola «ammazza Gozzini» più che «salva Previti». Si trattava in realtà dell’impostazione originaria del deputato della destra sociale di An Edmondo Cirielli, che infatti aveva ritirato la sua firma al provvedimento quando alla pesante stretta carceraria per i recidivi si era aggiunto un taglio generalizzato alla prescrizione per gli incensurati.
Le polemiche sul fatto che si trattava di un’altra legge «ad personam» per salvare Cesare Previti dalla sentenza per la vicenda Imis-Sir avevano travolto ogni altra preoccupazione garantista. Anche se un emendamento dell’Udc aveva finito con l’escludere l’applicabilità della Cirielli ai processi in corso, tagliando fuori Cesare Previti che infatti si è recentemente visto confermare la condanna a 6 anni in Cassazione. Ma Previti è un incensurato e può scontare la sua pena agli arresti domiciliari grazie peraltro ad un articolo della Cirielli che tutela gli ultra settantenni.
Proprio sulla norma transitoria introdotta dall’emendamento dell’Udc verte un altro dei ricorsi presentati davanti alla Consulta: non sarebbe cioè legittimo escludere alcuni imputati dalla prescrizione breve solo in virtù del grado di avanzamento dei rispettivi processi. Ma sul punto i giudici costituzionali, evidentemente divisi, hanno rimandato ogni decisione fissando la causa a un nuovo ruolo, prevedibilmente dopo l’estate. Quando il presidente della Consulta non sarà più Annibale Marini (vicino al centrodestra) ma forse Giovanni Flick (vicino al centrosinistra).
Quanto alla recidiva, i giudici costituzionali in camera di consiglio hanno invece deciso l’illegittimità dell’articolo 7 della Cirielli sulla base dell’articolo 27 della Costituzione che stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. La questione di legittimità era stata sollevata da un magistrato di sorveglianza di Livorno che si era trovato davanti il caso di un condannato a dodici anni di carcere per spaccio di stupefacenti con l’aggravante dell’ingente quantitativo. L’uomo aveva i requisiti di buona condotta necessari ad ottenere il permesso sulla base della legge Gozzini e come previsto prima della Cirielli aveva scontato la metà della pena. Ma dal dicembre 2005, e fino alla sentenza di ieri, questo non era più sufficiente perché il limite per i benefici era stato alzato e bisognava aver scontato i due terzi della pena. Oltretutto la Cirielli non prevede limiti alla recidiva, né temporali – nel senso che può riferirsi anche a più reati commessi a molti anni di distanza tra loro – né specifici – nel senso che può trattarsi di reati anche diversissimi tra loro.
La sentenza della Consulta risolve solo in parte questi problemi. Ma i commenti del centrosinistra sono pienamente positivi. «Avevamo ragione – ha detto il sottosegretario all’economia Paolo Cento (Verdi) – la legge Cirielli pretendeva di colpire duramente soprattutto i reati connessi al disagio sociale». «E’ una sentenza giusta e attesa che ha bloccato l’accanimento punitivo del centrodestra» , ha aggiunto il deputato dell’Ulivo Pierluigi Mantini. Ma soprattutto il presidente della Cassazione Nicola Marvulli ha giudicato «inevitabile» la sentenza della Consulta. Aggiungendo l’auspicio che «ora si riveda subito la legge Pecorella». Anche le nuove norme sull’appellabilità attendono infatti il vaglio di costituzionalità.