I mercati si aspettavano un nulla di fatto da parte della Federal reserve (Fed) e sono stati accontentati. Il Comitato monetario della banca centrale statunitense – dopo due giorni di incontri – ha deciso di non variare il costo del denaro; che così resta fermo, dopo sei incontri, al tasso del 5,25%. ma non è che la situazione generale nono sia cambiata: ci sono profonde differenze da quando Ben Bernanke è entrato in carica al posto del guru Alan Greenspan.
Prima di tutto, gli Usa stanno vivendo una situazione di stallo a livello di crescita economica e anche sul fronte inflattivo (o meglio dei consumi) è esplosa la grana dei mutui inevasi e della contrazione delle vendite nel settore immobiliare. Il prodotto interno lordo (pil) nel quarto trimestre del 2006 è salito solamente del 2,5% contro l’auspicato 3,5%; mentre le home sales (le vendite di case) hanno avuto una caduta del 16,6% a gennaio scorso. Il più grande scivolone dopo quello registrato nello stesso periodo del 1994. Non solo. I consumi sono cresciuti solo dello 0,1% e rappresentano ben i due terzi dell’economia americana. Contemporaneamente è scoppiata la bolla (bubble) immobiliare delle società di subprime (ovvero società che piazzavano mutui ad alto rischio). Dopo la «Accredited Home Lending Holding e Co.» – che si è decisa a vendere i suoi crediti in sofferenza pari a circa due miliardi di dollari – è stata la volta della «Fremont General Corp.» a dichiarare, ieri, la cessione con forti sconti di 4 miliardi di mutui subprime.
La profezia fatta da Alan Greenspan che il mercato immobiliare fosse drograto(come pure la ripresa?) ha avuto delle conferme e potrebbe essere confermata la previsione, sempre fatta dall’ex-presidente dalla Fed, «di un’economia Usa a forte rischio recessivo». La Fed ieri è stata cauta e non ha mosso nessuna pedine monetaria pure per gli echi di un’inflazione ancora poco controllabile: al 2,7% su base annua. Ha scelto la strada inversa a quella imboccata anni fa da Alan Greenspan. Ad esempio, dopo gli attacchi alle Torri Gemelle nel 2001, la Fed tagliò più volte il costo del denaro portandolo all’1,75% dal tasso del 6,5% registrato ad inizio anno. Nel corso del 2002 e 2003, la Fed intervenne di nuovo tanto che – a giugno del 2004 – il denaro costava l’1%.
Bernanke è salito al vertice della banca con poche promesse. Non hai mai detto di volere ritoccare i tassi verso il basso o, peggio per alcuni, verso l’alto. Si è dimostrato più «un tecnico» che un abile manovratore; preferisce wait and see (guardare e vedere). Al contrario, le parole di Greenspan (sono ancora molto ascoltate) e hanno avuto il potere di fare crollare le borse.