Recente accordo di cooperazione bilaterale tra l’Alleanza atlantica e Israele

(Recente accordo di cooperazione bilaterale tra l’Alleanza atlantica e Israele – n. 2-00220)

PRESIDENTE. L’onorevole Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00220 (vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti sezione 2).

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, questa interpellanza si riferisce ad una situazione che ci pare problematica e, forse, anche generatrice di pericoli e di contraddizioni, in uno dei teatri più critici della regione del Medio Oriente.
Lo scorso 16 ottobre, nella sede del comando NATO di Bruxelles, è stato siglato un accordo di cooperazione bilaterale tra l’Alleanza atlantica e Israele. Questo accordo prevede la partecipazione dello Stato ebraico ad operazioni antiterrorismo e, più specificamente, ad operazioni di pattugliamento navale nel Mediterraneo, nell’ambito della missione Active endeavour.
Ricordo che questa missione ha visto, nel corso degli ultimi cinque anni, un costante ampliamento delle sue funzioni, delle sue competenze, compreso il rafforzamento dei programmi della NATO per promuovere le relazioni bilaterali e multilaterali.
La missione, iniziata nel 2001, ha il compito fondamentale di combattere il traffico illecito ed il terrorismo nel Mediterraneo; in questo contesto, le navi da guerra della NATO, compresa una fregata della Marina militare italiana, hanno abbordato ed ispezionato sin qui oltre 100 mercantili.
La situazione testé ricordata è concomitante, contemporanea alla missione UNIFIL che, lo scorso agosto, ha visto l’intervento dei caschi blu in funzione di interposizione tra Israele e Libano, dopo la vicenda – nota a tutti noi – della guerra, dell’attacco, dello scontro, tra il Libano ed Israele, nel corso del quale sono state compiute, si sono verificate, anche azioni di guerra fuori dalle regole predisposte dalle convenzioni internazionali. Ricordo che sono state anche impiegate bombe al fosforo e sono stati usati ordigni a grappolo.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha emesso la risoluzione n. 1701, attraverso cui si promuove l’intervento di interposizione; in ogni caso, nel contesto della missione ONU vi sono una serie di paesi al tempo stesso anche membri dell’Alleanza atlantica. Si registra, quindi, una duplice funzione dei paesi che intervengono nell’interposizione da una parte e in partnership di alleanza dall’altra con una delle parti interessate all’intervento di interposizione. Peraltro, come sappiamo, il nostro paese svolge un ruolo di particolare impegno nell’ambito della missione UNIFIL.
Anche il contesto attraverso cui l’accordo NATO-Israele è stato reso noto al pubblico accresce le nostre preoccupazioni; infatti, nel momento in cui lo si è reso noto se ne è accentuato il connotato politico.
Questo accordo è stato reso noto al pubblico in occasione di un convegno sul tema «I rapporti NATO-Israele ed il dialogo mediterraneo», svoltosi in Israele alla presenza del Ministro degli esteri di Tel Aviv, signora Tzipi Livni, e del Vicesegretario generale della NATO, Alessandro Minuto Rizzo. Quest’ultimo, tra l’altro, ha fatto esplicito riferimento ad esercitazioni militari comuni quali aspetti salienti di un nuovo capitolo nella cooperazione tra Israele e la NATO, definiti dalla signora Livni, nel corso del medesimo convegno, partner naturali.
A questo si aggiunge ancora un ultimo aspetto su cui vorrei brevemente richiamare l’attenzione della Presidenza e del

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Governo. Mi riferisco all’esistenza di un elemento, anch’esso relativo alla complessità dei rapporti di cooperazione militare tra l’Italia e Israele, che concerne la ricerca militare di nuovi sistemi d’arma, di nuovi armamenti.
A noi è noto che in capo al Governo israeliano esiste uno speciale dipartimento per lo sviluppo di un arsenale basato sulle nanotecnologie. La ricerca, ovviamente coperta da segreto, punta alla realizzazione non solo di armi nucleari miniaturizzate, ma di armi di nuova concezione: robot e sistemi d’arma che colpiscono a distanza.
Ora non è irrilevante – a nostro giudizio – che l’Italia nel quadro dell’accordo di cooperazione militare stipulato dal Governo Berlusconi con quello israeliano nel 2003 e trasformato in legge nel 2005 – legge n. 94 del 17 maggio 2005 – si sia impegnata – leggo testualmente – «ad incoraggiare le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali di interesse per entrambe le parti». Si sono già varati 31 progetti di ricerca congiunta, tra controparti italiane (CNR e alcuna nostre università) e controparti israeliane; quindi, non è escluso, anzi appare alquanto probabile, che ricerche italiane, ufficialmente a fini civili, possano comunque avere una ricaduta anche sul terreno militare nell’ambito di questa alleanza.
In tale contesto nascono le nostre preoccupazione, le nostre valutazioni e, su questa base, noi rivolgiamo al Governo le seguenti richieste: in primo luogo, una richiesta di informazione al Parlamento; in secondo luogo, una richiesta di valutazione in ordine alla opportunità e anche alla problematicità e pericolosità della contestualità degli eventi che ho qui richiamato ed, infine, una richiesta di iniziativa volta a scongiurare, ove si riconosca che ve ne siano, i rischi che da tale contestualità potrebbero eventualmente derivare.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.

VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Buffo, in merito alla sua interpellanza voglio sottolineare che il partenariato tra la NATO ed Israele è inserito nel quadro di riferimento del Dialogo Mediterraneo dell’Alleanza atlantica. Quest’ultimo costituisce, dal 1994, un importante tassello della nostra politica di cooperazione e della politica di cooperazione della NATO con i paesi terzi proprio per adattarsi alle nuove esigenze di sicurezza emerse dopo la fine dell’equilibrio bipolare. Sono sette i paesi dell’area mediterranea che partecipano all’iniziativa e, quindi, non solo Israele, ma anche Algeria, Egitto, Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia.
Per il nostro paese, il Dialogo Mediterraneo della NATO rappresenta un processo complementare rispetto quello lanciato dalla Unione Europea con i partner della sponda sud del Mediterraneo, il cosiddetto «Processo di Barcellona».
Per questo, l’Italia si è adoperata in maniera pragmatica per favorire una maggiore collaborazione anche nei settori di più specifica competenza della NATO. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla lotta contro il terrorismo, all’azione di contrasto nei confronti della proliferazione delle armi di distruzione di massa, alla riforma della difesa.
L’Alleanza atlantica ha favorito recentemente lo sviluppo di una cooperazione pratica, invitando i partner mediterranei a fornire sostegno all’operazione Active endeavour della NATO, che prevede il pattugliamento navale del Mediterraneo in funzione antiterroristica. Inoltre, la NATO ha confermato l’apertura alla partecipazione di questi ad esercitazioni congiunte.
L’esercizio, al di là della sua dimensione pratica, riveste un’importante valenza di strumento di confidence building in grado di riflettersi positivamente sui problemi regionali. La collaborazione nell’ambito del Dialogo Mediterraneo è poi particolarmente apprezzata in quanto consente ad Israele di sedere allo stesso tavolo con paesi con i quali non ha rapporti diplomatici e discutere con essi di importanti questioni politico-militari. In questo senso, gli strumenti di cooperazione

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offerti dal Dialogo Mediterraneo sono aperti nella stessa misura a tutti paesi che vi aderiscono. Israele è un partner attivo nell’ambito di questo esercizio, cui attribuisce grande importanza come strumento per contribuire alla stabilità della regione.
In questo contesto, il 17 ottobre scorso è stato sancito a Bruxelles l’avvio del piano individuale di cooperazione NATO-Israele elaborato nell’ambito del Programma di lavoro 2006 del Dialogo Mediterraneo. Il piano si pone come un punto di partenza che fissa i principi di una cooperazione costantemente aggiornabile e aperta a nuovi sviluppi. Nella stessa occasione è stata resa pubblica la definizione dello scambio di lettere NATO-Israele volta a regolare la partecipazione di Israele a questo piano di cooperazione ed è in fase di definizione con analogo testo, con analoghe lettere con altri paesi del Mediterraneo fra cui Algeria e Marocco.
Per questa ragione, la cooperazione pratica e le finalità della collaborazione tra la NATO ed Israele nell’ambito del Dialogo Mediterraneo esulano completamente dalle attività e dalle finalità della missione UNIFIL, in cui noi siamo impegnati.
Vorrei tuttavia sottolineare che tali finalità sono in linea con la posizione dell’Italia nello scenario mediorientale. La nostra è una posizione politica che si basa su una amicizia senza pregiudiziali nei confronti di tutti paesi dell’area, su una politica che è stata più volte riconosciuta come equilibrata da tutti gli attori della regione. Questo equilibrio è funzionale al ruolo che l’Italia intende svolgere e svolge quotidianamente anche nella complessa crisi israelo-palestinese, dove l’imparzialità e la credibilità rappresentano i fattori fondamentali per promuovere l’avvio di un dialogo costruttivo fra le parti.
Uno stesso atteggiamento ispira, d’altra parte, sul piano bilaterale, la stessa rete di accordi di cooperazione militare che l’Italia ha stipulato con diversi paesi della sponda sud del Mediterraneo, fra i quali gli stessi Libano e Israele.

PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, sono soddisfatto per ciò che riguarda lo spirito costruttivo con cui il sottosegretario ed il Governo si muovono in questo contesto; infatti, questo mi sembra un atteggiamento assolutamente condivisibile perché è mosso dalla ricerca di pace in una delle regioni certamente critiche in questo momento, riguardo ai rischi di un’ulteriore radicalizzazione dei conflitti.
D’altra parte, il punto della nostra riflessione non è riferito alle singole iniziative – UNIFIL, Active endeavour o il Dialogo Mediterraneo, che naturalmente ci vedono concordi – ma semmai la eventuale asimmetria tra un impegno di interposizione e un ruolo di alleanza a cui facevo riferimento poc’anzi. Devo dire che, da questo punto di vista, mi permetto di ribadire la nostra preoccupazione in forma di richiesta della massima attenzione alla questione (che non dubitiamo il Governo dispieghi in questa materia) anche alla luce dell’evoluzione che sul teatro la vicenda sta registrando.
Mi limito a ricordare due aspetti: l’evoluzione della crisi interna al Libano dopo l’assassino del ministro dell’industria Pierre Gemayel leader del partito falangista cristiano-maronità. In Libano c’è una crisi dirompente sul piano politico perché il Governo Siniora è stato obiettivamente messo in crisi dalle dimissioni di cinque ministri sciiti – tutta la delegazione sciita si è dimessa – e dalle dimissioni del ministro greco-ortodosso, mentre il Governo non è disponibile a fare altrettanto – naturalmente questa è una valutazione politica interamente mia – e mi sembra piuttosto intenzionato a perseguire la strada di una sorta di destabilizzazione confessionale del paese; comunque, il contesto è di grande e nevralgica problematicità.
In questo contesto, lo svolgimento della missione di interposizione incontra talora (e ci auguriamo sempre meno) qualche elemento di rischio e pericolo. In chiusura, ricordo intanto l’incursione di forze israeliane

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contro la nave militare tedesca di fronte alle coste libanesi. La nave sarebbe stata ritenuta «colpevole» di aver fatto decollare un elicottero senza prima avere avvisato le autorità di Tel Aviv. Inoltre, vorrei ricordare anche le «esercitazioni» di picchiata dei caccia israeliani sulle unità navali francesi, contro le quali il comandante di UNIFIL, generale Alain Pellegrini, ha minacciato esplicitamente l’uso della contraerea ed auspicato la costituzione di una zona di non volo, una no fly zone, in coincidenza con la regione dell’interposizione. Quindi, il quadro è complesso e complicato. Credo che sarebbe opportuno raddoppiare le cautele per evitare che situazioni di potenziale contraddizione (o che potrebbero essere percepite come tali) si determinassero mettendo a rischio il buon andamento della missione e le truppe ivi impegnate.