Reazione di fine secolo

Marco Revelli mi ritiene responsabile di una “falsificazione consapevole delle [sue] idee”, in quanto ho creduto di rilevare una piena consonanza tra le posizioni sostenute nel suo libro e le tesi del revisionismo storico. Mi attribuisce (da bravo “Militante”, direbbe lui) riserve mentali a me del tutto estranee (lo accuserei di fascismo; sospetterei un “complotto che starebbe ‘dietro’ alle [sue] idee”; lancerei grida d’allarme per evitare che altri legga le sue pagine). E trascura la critica – ben più grave – intorno a cui sviluppo gran parte del mio ragionamento: che l’intero suo scritto riposi su presupposti antimoderni definibili, in senso tecnico, reazionari. Ciascuno ha le proprie idiosincrasie.
Per confutarmi, Revelli afferma di avere “sostenuto fino alla noia” che il comunismo non è né assimilabile né confrontabile al fascismo. Ne deduco che egli ha scritto un testo diverso da quello che altri hanno letto (non soltanto Claudio Grassi ed io: informo Revelli che su queste pagine Toni Negri ha definito la prima parte del suo libro “un riassunto del revisionismo di fine secolo”). Il testo che ho letto è costruito su una insistita comparazione tra le cause del fascismo e del “comunismo novecentesco”, i mezzi da essi impiegati e gli esiti ai quali essi approdano. Il risultato di tale comparazione è – nel più rigoroso stile revisionista – la più completa delle analogie: stessa causa (il delirio prometeico della razionalità strategica), stessi risultati, stessi mezzi: con la sola differenza che il comunismo ha impiegato “le armi degli altri […] peggio degli altri”. Anche soltanto alla luce di queste parole, è difficile capire come Revelli pretenda di non avere istituito comparazioni, anzi di ritenerle impraticabili.
Sul Libro nero del comunismo sono costretto a ripetermi: quale testo ha Revelli sotto mano? Quello che ho letto io non rifiuta affatto il bilancio offerto nel Libro nero. E se per un verso concede che qualche stima quantitativa è esagerata, per l’altro dichiara che “la sostanza del giudizio politico, etico, storico” che il Libro nero formula “sul comunismo novecentesco non […] verrebbe mutata” dalla più attenta ricognizione del passato.
Mi fermo qui. Lascio a Revelli campo libero nella polemica personale, che non mi attrae. Comprendo il suo disappunto: non capisco perché egli se la prenda con i lettori e non con la propria passionalità, che guida la sua scrittura ed evidentemente gli prende, talvolta, la mano.