Razzia sociale – Tagli drastici nel Regno Unito, mentre si annunciano grandi proteste

Il governo dei conservatori e liberali del Regno Unito ha annunciato, il 20 ottobre, un programma mai visto, che prevede l’eliminazione di 500.000 posti di lavoro nel settore pubblico e tagli di bilancio del valore di 83 mila milioni di sterline (95 mila milioni di euro).

Una riduzione talmente brutale della spesa pubblica, combinata con un aumento delle imposte nell’ordine di 30 mila milioni di sterline, provocherà la distruzione di più di 500.000 impieghi nel settore pubblico, aggraverà fortemente le condizioni di vita dei più sfavoriti e immergerà l’economia britannica in una profonda recessione.

Ma per il ministro delle Finanze, George Osborne, discendente di una famiglia di industriali facoltosi, egli stesso detentore di una fortuna valutata in 4,6 milioni di sterline, non esisteva altra alternativa per “evitare il fallimento” del paese.

E poco importa che il deficit dei conti pubblici, che ammonta all’11% del PIL (109 mila milioni di sterline) si sia manifestato dopo successive e continue iniezioni di denaro dello Stato per salvare banche private affondate in affari speculativi.

Ora sarà il popolo a pagare non solo il deficit corrente, ma anche il debito accumulato dallo Stato che raggiunge i 952 mila milioni di sterline (64,6% del PIL).

Pertanto, le spese come quelle per l’assistenza sociale subiranno una riduzione globale di 18 mila milioni di sterline, poichè i ministeri soffriranno riduzioni di bilancio del 19% in media.

Il finanziamento delle amministrazioni locali decresce del 28%, delle università del 40%, il settore della cultura e dei media, compresa la BBC, dovrà diminuire le spese del 41%. Le somme stanziate per le case popolari diminuiranno del 60%, il che metterà molti britannici nella condizione di vivere nelle strade, poichè gli affitti di chi oggi ne gode il diritto, aumenteranno fino a raggiungere l’80% del valore di mercato.

Neppure gli invalidi sfuggiranno alla razzia sociale. Le prestazioni per incapacità lavorativa avranno la validità di un anno, finito il quale sarà obbligatorio accettare un impiego. L’età pensionabile sale a 66 anni, saranno eliminati o ridotti i sussidi agli studenti, come pure le deduzioni fiscali per ogni figlio alle famiglie a basso reddito. Solo in questa ultima voce, Osborne spera di raccogliere 2,4 mila milioni di sterline.

Del resto, secondo quanto conclude l’Institute for Fiscal Studies (Istituto di Studi Fiscali), il fardello maggiore ricadrà sulla metà più povera della popolazione e specialmente sul 10% dei meno favoriti. Basta constatare che l’aumento previsto delle imposte per le banche è dello 0,04%.

Il trattamento preferenziale verso il settore finanziario non sorprende se notiamo che tra i 29 membri dell’attuale governo britannico, 23 sono milionari, compreso lo stesso primo ministro, David Cameron, la cui fortuna è stata recentemente stimata dal Daily Mail in quattro milioni di sterline.

Più che un programma di risparmi, il governo britannico propone di smantellare tutto l’edificio dello Stato previdenziale, facendo regredire la società britannica ai tempi precedenti la Seconda Guerra Mondiale. Neppure la Thatcher andò così lontano.

Risposta timida

Alcuni giornali già paragonano le attuali misure con i cupi anni 20 quando la stretta della cintura fu tale da provocare lo sciopero generale del 1926 e una crisi di regime. Inevitabilmente la risposta delle masse sarà forte nei prossimi tempi, e il Trade Union Congress (TUC) ha già annunciato, sabato 23 ottobre, che sta preparando la “più grande” manifestazione mai svoltasi nel Regno Unito. Ma la data della protesta appare abbastanza distante. il 26 marzo ad Hyde Park. Fino ad allora, il segretario generale del TUC ha fatto appello alla preparazione della mobilitazione.

Intervenendo in un comizio a Londra, Brendan Barber ha riconosciuto che “il movimento sindacale e il paese stanno affrontando la prova più seria di questa generazione”. Tuttavia, riflettendo le divergenze esistenti in questa struttura che riunisce 58 dei maggiori sindacati del Regno Unito, che contano su 6,5 milioni di associati, il leader del TUC ha evitato di parlare di sciopero generale.

Guardando all’esempio della Francia, vari sindacati sentono ormai la necessità di agire in maniera coordinata. Manifestazioni di protesta si sono già svolte il 23 ottobre a Edinburgo, in Scozia, a Wrexham e Cardiff, nel Galles, a Belfast, in Irlanda del Nord, come pure a Birmingham, Bristol, Cambridge, Lincoln, Londres, Manchester, Plymouth, Portsmouth, Yorkshire e York, in Inghilterra.