Questa guerra non s’ha da fare

E così mi si dà del comunista. Poiché è stato fatto anche con Montanelli potrei quasi considerarla una medaglia al merito. Quale la mia colpa? Aver scritto che il governo italiano deve pensarci bene prima di entrare in guerra al fianco degli Stati Uniti. Certo a dichiararsi «tutti americani» si fa bella figura e si viene iscritti nel registro dei buoni, mentre se si avanza qualche riserva si è subito precipitati nel girone degli «sporchi, brutti e cattivi». Anche durante il famoso discorso di Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia, il 10 giugno 1940, la folla, enorme, che stava sotto gridava «guerra, guerra» anticipando la stessa dichiarazione del Duce e chi avesse avanzato dei dubbi sarebbe stato bollato da «disfattista». Abbiamo poi visto come è andata a finire.

Paura Collettiva.

Fino a non molto tempo fa la guerra era stata dichiarata «oscena»- era proibito persino parlarne- proprio da quelli che oggi si accingono, con tanta leggerezza, a farla. Forse noi siamo stati viziati dal fatto che le due ultime guerre che abbiamo combattuto, si fa per dire, contro l’Iraq e contro la Jugoslavia, senza peraltro avere almeno il coraggio di dichiararle e di chiamarle tali, ci vedevano in una posizione di tutto riposo: si svolgevano solo sul territorio dell’avversario e noi potevamo colpire ma non essere colpiti. Questa volta, lo abbiamo visto, non sarà così. Non intendo qui il piagnisteo mammista dei «nostri ragazzi che vanno alla guerra». Nelle guerre moderne, tecnologiche, quelli che stanno più al sicuro sono i soldati. Le guerre moderne- è un altro bel frutto del Progresso- si fanno innanzitutto sui civili, sono tutte terroristiche.
Questa volta quindi, fare la guerra al fianco degli americani mette in gioco la pelle di tutti. Sarà lecito almeno discuterne prima di deciderla, visto che ci riguarda un pochino? O abbiamo perso anche questo diritto? E l’articolo 11 della Costituzione che proclama che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa… e come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali» è stato abrogato senza che ce ne siamo accorti? O si pensa che sia sufficiente l’escamotage di fare la guerra senza dichiararla per bypassarlo? O vale l’infame precedente della Jugoslavia dove abbiamo aggredito un paese che non solo non ci aveva attaccato né aveva attaccato alcun nostro alleato e nemmeno nessun altro Stato ma si trovava alle prese con un indipendentismo terrorista, per ironia della sorte musulmano?
Dai preparativi che stanno facendo si direbbe che gli americani intendono ripagarsi del crudele colpo subito facendo qualche centinaia di migliaia di morti e destrutturando una mezza dozzina di Paesi. Nel 64 d.C. Roma fu sconvolta da un terribile incendio che distrusse due terzi della città e fece decine di migliaia di vittime. Il governo ritenne, a torto o a ragione, che i responsabili fossero i cristiani. Per la verità qualche ragione ce l’aveva perché la comunità cristiana gioì per l’immane massacro dato che pensava che Roma fosse la nuova Sodoma e che fosse giusto che su di essa si abbattesse la mano divina. Se fu terrorismo- e il governo romano aveva delle buone ragioni per considerarlo tale- è stato il più grave atto di terrorismo di tutti i tempi, di fronte al quale l’attacco alle «torri gemelle» impallidisce. A capo dell’Impero c’era Nerone, il sanguinario, il crudelissimo, il nefando.

L’esempio di Nerone.

Come reagì? Fuori Roma nessun cristiano fu toccato, dei tremila che vivevano nella capitale trecento furono inquisiti, cento assolti, duecento condannati a morte. Nerone, il sanguinario, il crudelissimo, limitò la risposta a duecento esecuzioni decise dopo regolari processi e con pene che erano in sintonia con la sensibilità dell’epoca e che certo orripilano la nostra di «anime belle», perché noi moderni, e in particolare noi occidentali, per uccidere usiamo le macchine invece degli uomini e magari la ancor più asettica economia. E per questo che ci crediamo autorizzati a sentirci civili, buoni, umani e, come scrive sul Corriere l’inguardabile Panebianco, «moralmente superiori».