(intervistato da Massimo Giannini)
ROMA – Allora, Gino Strada, ci spieghi bene qual è il messaggio forte della grande manifestazione sulla pace di oggi.
“Oggi milioni di persone scenderanno in piazza per dire no a questa guerra. Per esprimere il sentimento più nobile dell’umanità: no alla soppressione di vite umane, no alla trasformazione della vita umana, che cessa di essere un valore, un fine, e diventa solo un mezzo, assoggettato alle ragioni più diverse: l’economia, la politica, il potere”.
Insomma, pacifismo assoluto, “né con Bush né con Saddam”. “Sì, pacifismo assoluto. Che non ammette deroghe, che reclama il primato, sempre e comunque, della vita umana. La pace non ha colore. Non è gialla, nera o rossa. Non è né di destra né di sinistra. Io faccio il chirurgo, mi schiero sempre e solo dalla parte delle vittime”.
Troppo semplice, e troppo comodo. L’11 settembre non è stato forse un attacco all’America e a tutto l’Occidente? E’ oggi non è giusto porsi il problema di alcuni regimi islamici che alimentano il terrorismo internazionale?
“Al legame tra gli attentati dell’11 settembre e questa guerra all’Iraq non ci crede nessuno. L’Iraq di oggi, come l’Afghanistan di ieri, non è una minaccia per nessuno: né per gli Stati Uniti, né per gli alleati occidentali”.
Indovino dove vuole arrivare: la guerra a Saddam si fa per il petrolio.
“E per quale altra ragione, se no? È una scelta politica compiuta da una banda di petrolieri che vuole mettere le mani sul greggio iracheno. Le riserve petrolifere di Bagdad ammontano a 326 miliardi di barili, il 25% in più di quelle dell’Arabia saudita, principale produttore di greggio nel mondo. Le dice niente tutto questo? Le dice niente il fatto che chi decide di fare la guerra a Saddam, oggi, sono Bush junior della Harken, Dick Cheney della Hulliburton, Condoleeza Rice della Chevron, Rumsfeld della Occidentale?”
E a lei dicono niente gli interessi petroliferi dei Paesi pacifisti in quell’area, come la Francia con la TotaFinaElf e la Russia con la Loukoil?
“Nulla a che vedere. Gli americani attaccano perché vogliono fare oggi in Iraq quello che hanno fatto un anno fa in Afghanistan, dove la guerra è servita solo a far passare gli oleodotti. Non a caso oggi a Kabul governa un signore che si chiama Karzai, che prima era un impiegato al servizio degli americani della Unicall. D’altra parte non c’è da stupirsi: è normale che accada, quando la principale superpotenza mondiale è governata dai petrolieri. Non lo dico io, lo scrive Brzezinsky nel suo ultimo libro ‘La grande scacchiera’. In una grande società multiculturale come l’America è sempre più difficile garantirsi consensi in politica estera, ‘se non in presenza di minaccia nemica diretta e percepita a livello di massa’. È la strategia di Bush: serve creare un mostro ogni volta, magari con un bel gioco mediatico, serve a questi gangster camuffati da politici per poter dire “ci difenderemo”. Oggi il mostro di turno è Saddam, e così gli fanno una guerra di aggressione”.
Cos’è Saddam Hussein, per Gino Strada e per i pacifisti? Una vittima dell’imperialismo americano? E le vittime che ha mietuto lui in questi anni? I quasi 3 milioni di morti che il Rais si porta sulla coscienza? I civili curdi gasati, i 70 mila massacrati tra la minoranza scita? Questo per voi è un martire o un dittatore sanguinario?
“Ci sono tanti dittatori sanguinari nel mondo…”.
Se ce n’è uno in meno si starà comunque un po’ meglio, no? “Sì, ma chi decide quali sono i dittatori da eliminare? Oggi dicono che Saddam è un dittatore, ma ai tempi della guerra all’Iran gli americani lo trattavano in guanti bianchi”.
Per questo anche oggi i pacifisti sfileranno bruciando bandiere americane e gridando slogan contro Bush, ma non sapranno dire una parola contro Saddam e contro il terrorismo di Bin Laden?
“Io spero che non si bruci nessuna bandiera, e che nei cortei sventolino solo le bandiere della pace. Poi certo, in un evento che coinvolge milioni di persone qualche intemperanza ci può stare. Ma io sono contro qualunque violenza. E comunque sulla parola terrorismo dobbiamo intenderci bene”.
Ce n’è uno buono e uno cattivo, magari?
“Le spiego. Terrorismo vuol dire ‘violenza premeditata contro civili indifesi’. Lo definisce così il sito Internet della Cia. Allora le chiedo: cosa è stato l’embargo all’Iraq, con mezzo milione di bambini uccisi? Non è stata anche quella una strage di civili innocenti, secondo la definizione della Cia? Per loro ovviamente no, perché c’è terrorismo solo se la violenza la compiono i gruppi clandestini, mentre se la compiono gli Stati la chiamano “peacekeeping”. Ma per me non c’è differenza”.
Quindi per lei l’embargo all’Iraq equivale all’attacco alle Twin Towers? Non la sfiora proprio il sospetto che quei bambini siano morti anche perché Saddam, invece di impiegare i proventi del petrolio e gli aiuti umanitari del programa Onu ‘Food for Oil’ per dare pane e lavoro alla popolazione civile, li usa per le ville presidenziali e gli arsenali militari?
“Io dico che se il governo di un Paese, quello di Saddam o dei talebani fa lo stesso, ritiene più giusto spendere mille dollari in armi anziché in medicine, questa è una ragione in più per portare medicine in quel Paese. Più un governo si dimostra dittatoriale e criminale, più c’è bisogno di aiutare la popolazione civile. Seminando democrazia, non facendogli la guerra. Ma si sa, agli americani interessa il petrolio, non la democrazia”.
Da quello che dice mi pare di capire che per lei resta perfettamente valida l’equazione Bush=Bin Laden.
“Quella mia frase è stata strumentalizzata. Quello che io non accetto è che per una ragione qualsiasi, etica, politica, religiosa o economica, si possa dichiarare una guerra”.
Insisto: la guerra all’Occidente l’ha dichiarata il terrorismo, con gli attentati dell’11 settembre. O quelle tremila vittime, in quanto americane, valgono meno delle altre?
“Quell’attacco ha fatto a pezzi tremila esseri umani. Ho pianto, a Ground Zero. Ma dovete capire che l’11 settembre non è stata una dichiarazione di guerra all’Occidente. Dovete capire che cinquemila civili afgani uccisi con i bombardamenti dell’anno scorso sono la stessa cosa. Insomma, dovete capire che l’11 settembre, per la maggior parte del mondo, è stato un giorno come un altro, perché per la maggior parte del mondo l’11 settembre è ogni giorno”.
Accetto la provocazione. Allora mi dica perché voi pacifisti assoluti non avete mai organizzato una marcia, una sola marcia contro i massacri quotidiani in Costa d’Avorio o nello Zimbabwe, in Cina o in Cecenia. In compenso, cortei oceanici ogni volta che alza un dito il ‘terrorismo americano’.
“Io parteciperei a qualunque manifestazioni in cui si lottasse contro un sopruso. Ma andiamo a vedere: quali sono i paesi che hanno compiuto atti di terrorismo in questi decenni?”.
È ovvio, gli Stati Uniti…
“Senza ironia. Non sono stati condannati dalla Corte di giustizia internazionale per i bombardamenti sulle comuni agricole in Nicaragua? Non hanno sostenuto tutti i terrorismi più oscuri ed efferati del pianeta, dal Sudamerica dei desaparecidos alla Corea, dal Vietnam al Laos ad Haiti. Sono dati di fatto, e non si possono cambiare. Com’è un dato di fatto che Bush faceva affari con Bin Laden, prima che diventasse il Male assoluto”.
Bush è il nuovo Hitler, lo dice persino qualche intellettuale. Lo pensa anche lei?
“Siamo a un passo dalla guerra mondiale e forse da una guerra nucleare. Gli Usa sono pronti ad attaccare, con o senza l’Onu. Mi pare che le analogie con Hitler siano evidenti. Basterebbe chiederlo ai 6 miliardi di cittadini del mondo: chi è secondo voi il nuovo Hitler del terzo millennio? Sarebbe un plebiscito per Bush, sono sicuro”.
Continua a sfuggirle un dettaglio: l’America è una grande democrazia, non una dittatura come quelle che voi troppo spesso difendete.
“Affermare questo è un insulto alla democrazia. Lo chieda ai cittadini americani di oggi. Lo chieda alle migliaia di desaparecidos arrestati dopo l’11 settembre, di cui non si sa più niente. Lo chieda ai prigionieri di Guantanamo”.
Naturalmente per voi non cambierebbe nulla se anche l’Onu autorizzasse un intervento armato contro l’Iraq?
“No, non cambierebbe nulla. D’altra parte, che cosa è diventata ormai l’Onu?”.
Ma con questa linea di delegittimazione continua delle Nazioni Unite voi non fate altro che legittimare l’unilateralismo americano.
“Il punto è un altro. L’Onu di oggi non ha più nulla a che vedere con la Dichiarazione universale del ’48. Oggi siamo al paradosso che l’80% delle armi vendute nel mondo sono prodotte dai primi 5 paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza. L’Onu non rappresenta più la volontà delle opinioni pubbliche del pianeta”.
E se ci fosse una nuova risoluzione sull’Iraq?
“L’Onu violerebbe il suo statuto. L’articolo 5 autorizza l’uso della forza a patto che non ci siano danni alle popolazioni civili. Peccato che in Afghanistan siano state massacrate 5 mila persone”.
E l’Italia che dovrebbe fare, secondo lei?
“L’Italia deve chiamarsi fuori da questa follia criminale. Con l’Onu o senza l’Onu, la linea deve essere: non un soldo, non un uomo, non una base aerea a questa sporca guerra. Non possiamo esser complici un’altra volta. Ancora mi vergogno di avere il passaporto di un Paese in cui il 92% del Parlamento ha votato sì ai bombardamenti in Afghanistan. Noi vogliamo la pace, la pace è un valore della Costituzione”.
Resta quel piccolo problema, al quale non sapete rispondere: come ci si difende dal nuovo terrorismo.
“Il terrorismo islamico non fa mistero sulle ragioni dei suoi attentati: questione israelo-palestinese, embargo contro l’Iraq, occupazione militare dei luoghi sacri dell’Islam. Ma nessuno di questi problemi viene affrontato”.
Tutta colpa di Israele, presumo.
“È un fatto che Israele abbia violato sistematicamente le risoluzioni dell’Onu, e che abbia trasformato Gaza in un campo di concentramento”.
Per questo nei cortei non dite mai una parola per condannare i kamikaze palestinesi?
“Quelli che mettono le bombe nelle discoteche di Tel Aviv sono terroristi. Ma lo sono come i soldati di Sharon che lanciano missili su Gaza. C’è anche un terrorismo di Stato. Ed è quello di Israele e degli Usa”.
Vede che alla fine torna sempre fuori questo anti-americanismo di fondo, che sembra il vero collante del movimento pacifista.
“Io non sono antiamericano. In questi giorni sto lavorando per costruire Emergency negli Stati Uniti. Ma se in queste occasioni ci mobilitiamo, dipende dal fatto che siamo delusi. Quell’esperimento al quale avevamo creduto anche noi, il ‘sogno americano’, ha significato valori e speranze. Era quello di Madison, il padre della Costituzione americana che scriveva ‘la guerra è la peggiore nemica dell’umanità’. Ma quell’esperimento è fallito. Oggi Madison non c’è più. Oggi c’è Bush. E se noi siamo così reattivi, è perché la ‘nuova America’ fa le guerre in nome dei principi di libertà, giustizia, democrazia. Sono i principi ai quali noi stessi crediamo. E non accettiamo che siano usati per commettere tante atrocità”.