Preoccupante lo scambio di cortesie di ieri tra Pier Ferdinando Casini che ha provocato Rutelli: «il tuo leader ha sconfessato la legge Biagi», e il leader della Margherita che, reagendo «tu hai sbracato» ha però assicurato che il centrosinistra farà solo «modifiche in alcune parti» della legge. Salutare è perciò l’ironia sulla «coincidenza» che fa fiorire «strani sondaggi e opportuni interventi di noti opinionisti» quando si parla di programma dell’Unione sul lavoro, profusa sul proprio sito dal Comitato di cittadini «Precariare stanca» che ha confezionato una proposta di legge di iniziativa popolare a questo titolo. Ieri è stata presentata in Piemonte, ad Alessandria, la campagna per la raccolta di firme della Sinistra Ds con Luciano Gallino, Massimo Pozzi per la Cgil, Giorgio Baracco per l’associazione Tempi moderni, Marco Marzi di Aprile per la Sinistra. L’interesse di questa proposta di legge, dopo l’avvio nazionale della campagna aperta a Roma dal presidente del comitato promotore Stefano Rodotà, con i deputati della minoranza Ds Fabio Mussi e Gloria Buffo, e il segretario della Cgil nazionale Paolo Nerozzi, ci sembra risaltare soprattutto nell’accento posto su alcuni problemi, per contrastare la precarietà del lavoro, che interrogano direttamente l’Unione e il suo tavolo.
Ci interessa prima di tutto elencare alcuni punti sulla «precarietà» che al momento non ci appaiono chiari nella produzione sul «lavoro» del centrosinistra. Primo, l’impressione che nell’ansia di «abrogare» o «superare» la legge 30 l’Unione non si sia preoccupata di cancellare quel punto precarissimo dei contratti a termine (Dl 368) che oggi permette di sottoporre una persona a continui ingaggi precari, grazie alla «reiterazione» del contratto a tempo: vuol dire che un’impresa può usare il prestatore d’opera a propria discrezione per anni, senza garanzia, semplicemente facendo passare uno, due, tre mesi prima di riassumerlo, sempre «a termine», in una serie praticamente infinita. Ho conosciuto una giovane impiegata che aveva già collezionato una decina di questi contratti, tutti con la stessa azienda.
Il punto debole della «reiterazione» si conferma anche nel lavoro in affitto, «interinale».
Tralasciando al momento altre questioni, un grosso dubbio sorge sui lavoratori «atipici», i cococo e cocopro, perché l’Unione sembra essersi ritirata dalla pretesa «devono costare di più» dei lavoratori «subordinati» per approdare al più mite «non devono costare di meno»: la logica suggerisce che allora possono anche costare «uguale», il che vuol dire, purtroppo, sicuramente di meno, perché questi «atipici» sono privi di molte garanzie «normative» con un bel risparmio per le imprese.
Ma c’è di più: i coco oggi vantano contributi per la pensione al 17,8%, un po’ poco rispetto al 33% dei lavoratori «subordinati» e infatti l’Unione afferma che quei contributi debbono crescere, ma come? Pare che la strada sia «armonizzare le aliquote»: anche qui, in concreto significherebbe pochi puntarelli in più per gli «atipici» ma tolti ai «subordinati» tramite una «aliquota unica» per tutti. Ci rimettono i prestatori, le imprese ringraziano per un regalo che varrebbe miliardi.