L’ordine del giorno votato nel consiglio regionale lombardo dal centrodestra, da Ds e dalla Margherita, con la contrarietà delle altre forze di opposizione e l’astensione del coordinatore dell’Unione, non è stato un temporale estivo destinato a dissolversi in fretta. L’atto è apparso subito grave e gratuitamente lesivo di un’unità che il giorno prima si era espressa nel voto contrario al documento di programmazione regionale. Non è stato un colpo di caldo, ma un’operazione pianificata nei giorni precedenti, condotta senza trasparenza e scontando a priori una rottura interna all’opposizione. Né si è trattato di un innocuo, non condivisibile, documento sulle priorità dell’assetto viario. Dietro il «federalismo autostradale» si nasconde l’ambizione di Roberto Formigoni di rilanciare la sua leadership, compromessa dalla breve parentesi romana e dalla sconfitta del referendum sulla devolution, bocciata anche nelle principali città lombarde, a partire da Milano.
Far leva sull’articolo 116 della Costituzione come «via ordinaria» per ottenere poteri speciali e risorse aggiuntive, per sostenere la sussidiarietà, è operazione non condivisibile, ma anche di rottura della solidarietà nazionale. Non si spiegherebbero altrimenti le reazioni dei presidenti della Calabria e della Campania che, in buona sostanza, hanno affermato che «poteri speciali in assenza di chiare regole fiscali, in grado di garantire la perequazione delle risorse a livello nazionale, sono peggio della devoluzione di Bossi».
Questo adagiarsi su Formigoni da parte di Ds e della Margherita è solo in parte spiegabile con i tentativi in atto di aprire orizzonti a esperienze di «larghe intese». C’è in Lombardia una crisi del modello di sviluppo e del modello sociale. Crisi denunciata, ad esempio, dalla Banca d’Italia nel rapporto sullo sviluppo delle regioni, ove si evidenzia che è il declino della Lombardia a trascinare quello dell’Italia e non viceversa.
Il punto è come si risponde a questa crisi. A destra e in una parte del centrosinistra si pensa di rispondere in termini meramente quantitativi. Da coloro che hanno votato a favore dell’ordine del giorno del 27 luglio viene denunciato il gap infrastrutturale rispetto ad altre regioni. La «Brebemi», opera viaria considerata dagli esperti inutile, diventa una necessità, ma non ci si cura dell’emergenza idrica, causata in parte dalla perdita degli acquedotti che supera il 50%. Non ci si cura della qualità dello sviluppo e dell’inclusione sociale. Nel Dpef regionale 2007-2009 non ricorre una sola volta la parola solidarietà, per non parlare del termine uguaglianza, sparito totalmente dal lessico del Pirellone.
In realtà, la Lombardia ha bisogno di una via dello sviluppo, puntando su investimenti pubblici capaci di generare una nuova specializzazione industriale, sostenibilità ambientale e inclusione sociale. Ma guardando ai dodici anni di governo Formigoni si deve constatare che la capacità di spesa della Regione non è aumentata: il disavanzo è cresciuto (oltre novemila miliardi di vecchie lire), è costato ai cittadini più tasse e più interessi passivi che sottraggono risorse agli investimenti. Contestualmente, i bilanci della Regione sono meno trasparenti, e meno nitidi sono i ruoli di società come Finlombarda, Lombardia Informatica o Infrastrutture Lombarde Spa: aumenta la vocazione ad operare al di fuori delle regole della pubblica amministrazione e della concorrenza (la Cgil lombarda ha avviato un ricorso alla Corte di Giustizia europea).
I cittadini lombardi sono oggi meno uniti e più insicuri, la percezione soggettiva della povertà (8% della popolazione) supera la povertà oggettiva (4,7%). Una sensazione di fragilità controversa, ma anche il risultato dell’indebolimento delle reti collettive: il fai da te non è alla portata di tutti e i poveri hanno meno occasioni di inclusione. La Lombardia ha un abbandono scolastico superiore alla media nazionale. Secondo i dati della campagna Sbilanciamoci!, la Lombardia si colloca al ventesimo posto, l’ultimo nella graduatoria nazionale, per la situazione ambientale, all’undicesimo per l’esercizio dei diritti, al nono per la partecipazione e le pari opportunità, e solo al settimo per la salute.
Segnalo un altro indizio della nuova stagione bipartisan al Pirellone. Nella discussione in aula sull’assestamento del bilancio 2006 non un solo emendamento del centrosinistra è stato accolto, né per gli anziani, né per il sostegno al reddito, né per il diritto allo studio. Ma, come per magia, il 28 luglio è stata presentata una legge per interventi contro la povertà che stanzia 210 mila euro a favore del Banco Alimentare della Compagnia delle Opere. Accanto alle firme di Forza Italia, An, Lega e Udc ci cono quelle dei Ds e della Margherita.
Formigoni alle scorse regionali ha perso settecentomila voti, l’esito del referendum non gli consente trionfalismi. E’ davvero sorprendente che, proprio quando crescono le condizioni per mettere in discussione il vero laboratorio della destra in Italia, l’Ulivo lombardo puntelli il governatore. Sono puntelli che scardinano l’Unione in Regione e pesano persino sul governo Prodi.
L’autore è di Unaltralombardia