Quella “casa del mondo” alle porte di Borgo San Lorenzo…

Brutti vigliacchi, marchio fascista, non passeranno.
I cittadini del Borgo – Borgo San Lorenzo, 17 mila abitanti, 30 km da Firenze, nel cuore del Mugello – non riescono a mandarla giù. Dalla notte stessa dell’attentato alla sede di Rifondazione – sabato scorso – e poi il giorno dopo e sino a questo momento in cui scriviamo, la sede di Rifondazione è diventata un luogo di visitazione.
La società civile si è svegliata con un sussulto, l’impressione è forte in tutti gli ambienti, c’è lo stupore ma soprattutto l’indignazione. Nel Mugello, mai successo. Per qualcosa di simile bisogna risalire a ottant’anni fa, alle squadracce del 1926: una ”novità” che non piace a nessuno. Come le squadracce appunto, sono arrivate nottetempo, sfondato le porte (come ariete un masso di un quintale), distrutto tutto (stampanti, fotocopiatrici, computer, armadi, tavoli, suppellettili, persino generi alimentari), appiccato il fuoco nei punti più pericolosi (nelle stanze dove l’incendio poteva intaccare le travi portanti) e poi sono fuggiti. Una mezz’ora sola di vandalismo scientificamente applicato. Volevano distruggere, missione compiuta. Come è ridotta la sezione dopo il passaggio dei barbari , ce lo dice al telefono Lorenzo Verdi, consigliere provinciale di Rifondazione, ex segretario di Borgo. «Dentro hanno distrutto tutto, le pareti sono annerite, le travi del tetto da bonificare, il danno alle cose è alto ma non l’abbiamo ancora calcolato. Dobbiamo rimetterci al lavoro subito». Era bella, la Casa di Rifondazione.
Nel suo colore giallo chiaro, alle porte del paese, un lato dei muri poggiato sulla strada grande – viale Giovanni XXIII -, l’enorme forno a legna, la cucina attrezzata buona per i pasti di tutti e per le affollate cene sociali, le nove stanze su due piani, l’immenso salone di 80 mq (l’ex stalla), il luogo delle riunioni, assemblee, feste, incontri. Lorenzo, che ha 32 anni e fa l’educatore sociale, conosce bene la storia della sede di Borgo.
«Era una casa colonica praticamente in degrado, 300 mq di abbandono e quasi subito dopo la sua nascita, subito dopo la scissione, Rifondazione l’ha presa in affitto. Qualche anno dopo, con un mutuo di 500 milioni (di lire), a metà tra noi e la Direzione nazionale, l’abbiamo acquistata. Un buon investimento per il Partito, non ci sono dubbi».
Da quel giorno, la vecchia casa non è stata più lei. Ristrutturata, risistemata, ridipinta, rimessa a nuovo: una gran bella sede all’insegna di bandiera rossa e falce e martello. Niente funzionari, niente stipendi, niente soldi di lobby amiche. «Tutto lavoro gratis, volontariato politico puro», dice Lorenzo. Tutto lavoro della domenica, della sera, dei giorni festivi, delle ferie devolute al Partito. Sono saltati fuori muratori, manovali, falegnami, elettricisti, idraulici, imbianchini. Squadre di dieci compagni a turno, almeno in cinquanta vi hanno messo un bel po’ di sudore. Senza nulla in cambio, tutto in nome della celebrata abnegazione comunista.
La Casa come un cuore pulsante. Sede del partito, luogo deputato della politica, con le riunioni, le discussioni, la vita canonica di un partito politico. Ma molto più di una sede di partito. E’ la Casa del popolo, la Casa di tutti. Dei militanti, degli iscritti, ma anche dei giovani, degli studenti, degli operai, degli immigrati. «Alla sede di Borgo si fanno incontri, dibattiti, culturali, presentazioni di libri, conferenze, iniziative sociali. «E le nostre grandi cene collettive, buon vino e buon cibo ”casalingo”».
Storia, tradizione, realtà del Mugello rosso. Non fa certo eccezione Borgo San Lorenzo – una vallata, il fiume, una pieve romanica, case basse, alberi e boschi sullo stradone per Firenze, le prestigiose ceramiche Chini, paese di ex contadini ora popolato da operai pendolari -: qui dove il Pci, ai suoi tempi, valeva il 60-70 per cento dei voti. Qui dove Rifondazione prende il 20 per cento e, insieme agli ambientalisti di ”Libero Mugello”, anche il 27. Qui dove si è svolta la prima festa di Rifondazione, la prima della sua storia dopo la scissione.
Qui dove ancora oggi, Rifondazione più Unione buttano qualcosa come l’80 per cento. Storia, tradizione, un costume ”comunista” che vive nelle radici di queste parti. «Ma da un po’ di tempo nel Mugello si respira un’aria pesante, uno stillicidio di aggressioni, insulti, episodi di intolleranza. Anche esibizioni reiterate di saluti fascisti. E’ necessario che la comunità civile risponda energicamente.
E del resto l’indignazione è unanime e condivisa», afferma Nicolò Pecorini, segretario regionale toscano. «Hanno colpito un’idea del mondo, non solo una ”casa”». Ebrei, comunisti, amici degli albanesi, «l’antico odio oggi trova nuova linfa nel ripudio degli immigrati che serpeggia anche qui», dice Lorenzo Verdi. A Borgo sono già pronti per rimettersi al lavoro, il famoso lavoro volontario, la casa tornerà presto più bella e più forte che prima. Non passeranno, brutti vigliacchi.