Quel giorno che i cannoni della città difesero la ”Leningradese”

Caro direttore, questa lettera mi esce dal cuore. Ho appena finito di leggere sui più svariati giornali, da Repubblica, al Corriere, all’Unità, una nutrita serie di articoli sulla famosa Settima Sinfonia di Sciostakovic.
La Leningradese appunto, l’opera che ha commosso milioni di persone in tutto il mondo, magistralmente eseguita nei giorni scorsi all’Auditorium di Roma. Articoli di ogni tipo, anche stupefacenti, quasi tutti per la serie ”come ti mostrifico il comunismo” (per post che sia), sempre e comunque, anche prendendo a pretesto il primo o il secondo tempo di una composizione musicale. Ti scrivo non per entrare nel merito delle polemiche – non sono nemmeno una musicologa – e non saprei dire se la ”prima” parte della Leningradese è stata scritta non ”contro” i tedeschi ormai alle porte della città, ma ”contro” Stalin, come sostenuto per esempio in alcuni di quegli articoli medesimi. Sono andata invece a rileggere il libro di Harrison Salisbury sull’assedio di Leningrado, quelle memorabili 600 pagine che il grande giornalista – americano e tutt’altro che filocomunista, premio Pulitzer 1955 – ha scritto su quella terrificante vicenda (”I 900 giorni. L’epopea dell’assedio di Leningrado”, il Saggiatore). Ne esce un quadro ben diverso. Siamo dunque sul finire della tragica estate 1941, i tedeschi hanno già scatenato l’offensiva che, nei piani di Hitler, doveva distruggere dalle fondamenta l’odiata città culla del bolscevismo; intorno alla piccola stazione ferroviaria di Mga il primo assalto è però arrestato.
A fermare le fortissime e preponderanti forze hitleriane sono stati i reparti operai degli stabilimenti Izhorsk (quelli che fabbricano i carri armati T34). L’ombra di quella battaglia si allunga rapidamente sulla città, ma il 1 settembre, scrive Salisbury, «a Leningrado regnava ancora la normalità del tempo di pace». Sia pure una normalità ormai in assetto di guerra, in febbrile mobilitazione. Tanto per calarci nel contesto in cui nasce la Leningradese. Salisbury ci fa sapere che «l’università aveva dato alle forze armate 2.500 studenti, 8 professori, 60 docenti, 47 lettori e 109 assistenti; e tuttavia il 1 settembre si iscrissero ai corsi 2.000 studenti. Il 1 settembre e nelle due settimane successive aprirono i battenti quaranta istituti superiori. Ma l’attività non fu quella normale: gli allievi raccolsero un milione di bottiglie per fabbricare bombe Molotov nel giro di due settimane». Sciostakovic è lì. «Il 1° settembre fu il giorno in cui Dmitri Sciostakovic parlò alla radio di Leningrado.”Proprio un’ora fa – disse -ho portato a termine la partitura del secondo tempo della mia nuova grande opera sinfonica. Malgrado la guerra, malgrado i pericoli che incombono su Leningrado, sono riuscito a lavorare in fretta e a portare a termine i primi due movimenti della sinfonia. Perché vi parlo di questo? Ve ne parlo perché quei cittadini di Leningrado che mi stanno ad ascoltare, sappiano che la vita della nostra città continua normalmente. Tutti noi ora adempiamo ai nostri doveri militari”». Dopo avere esortato i musicisti sovietici – «miei numerosi e cari colleghi» – a prendere parte alla difesa della città, Sciostakovic fa ritorno nel suo appartamento «a riprendere il lavoro e a prestare servizio nel reparto antincendi adibito alla protezione antiaerea del palazzo in cui abitava». Invitato ripetutamente a lasciare la città, lui continua a rifiutare; e solo ai primi di ottobre e solo dopo aver completato il terzo movimento della sinfonia, obbedisce a un ulteriore esplicito invito del governo. Il musicista e i suoi familiari vengono evacuati a Mosca e da qui a Kuibyscev.
E’ qui che l’opera viene portata a termine; la prima ufficiale ha luogo nella Sala delle Colonne di Mosca, «il 29 dello stesso mese – la Settima di Sciostakovic, la Sinfonia di Leningrado, con la sua carica di collera, di sofferenza e di spirito bellicoso». I fogli sui quali Sciostakovic scrisse il discorso radiotrasmesso il 1 settembre sono stati conservati. Sul retro sono tracciate le frettolose annotazioni del direttore dello studio radiofonico: «1. Organizzare distaccamenti. 2.Comunicazioni nelle strade. 3.Costruzione delle barricate»… E’ sotto le bombe, che Leningrado può sentire la ”sua” Sinfonia. «Alle sette di sera del 9 agosto, si spalancarono le porte della Filarmonica. I grandi candelabri di cristallo erano di nuovo accesi… C’era tutta Leningrado. Lo spartito della Settima era stato spedito a Leningrado per via aerea in giugno e le prove si erano susseguite per più di sei settimane.
La musica gloriosa e maestosa della sinfonia fu eseguita con l’accompagnamento in crescendo dei cannoni di Leningrado. Il generale Friedrich Ferch, capo di stato maggiore della XI Armata nazista, informato che le sue truppe ascoltavano una trasmissione alla radio della sinfonia (fu trasmessa in collegamento diretto a tutta l’Unione Sovietica e sulle onde corte all’Europa e all’America del Nord) ordinò all’artiglieria di far fuoco sulla zona della Filarmonica. Ma il generale Govorov, specialista in contrattacchi d’artiglieria, aveva previsto tale possibilità. I cannoni sovietici zittirono le batterie tedesche». Sostiene Salisbury. Era intorno al cinquecentesimo giorno dell’assedio. Una storia così. Mi è sembrato giusto rileggerla, caro direttore, semplicemente come si è svolta, insieme ai nostri lettori (e grazie, Sciostakovic).