E’ un vero piacere salutare la riguadagnata libertà di Silvia Baraldini, che ha usufruito di un passaggio dell’indulto recentemente approvato dal Parlamento italiano, e ha terminato di scontare la sua spropositata condanna. Certamente è più appropriato che usufruisca lei di questa riduzione di quasi 2 anni di pena, dopo averne passato 24 in prigionia (dei quali solo gli aultimi 5 agli arresti domiciliari) che tanti bancarottieri, mestatori della nostra società, rei di spudorati crimini economici e sociali.
Perché Silvia aveva violato le leggi che, negli Stati Uniti, reprimono la protesta sociale delle minoranze e, oltre a partecipare al comitato di difesa, aveva dato il suo contributo all’organizzazione del piano che permise, senza alcuno spargimento di sangue, l’evasione da un carcere di massima sicurezza di Assata Shakur, leader del movimento 19 maggio , ispirato dalle date di nascita di Malcom X e Ho Chi-Minh e contiguo a quello delle Black Panthers.
Ma non ha mai maneggiato un’arma nella sua vita, e nemmeno a mai preso parte ad assalti e rapine, come ancora oggi, con assoluta disonestà, viene affermato dai nostri ipocriti mezzi d’informazione che, pavidamente, si chiedono solo come la prenderanno a Washington e dimenticano che da questa accuse la Baraldini è stata già assolta dalla giustizia Usa.
Non hanno il coraggio, in realtà, di ammettere che una condanna a 43 anni di prigione per reati politici – che in Europa sarebbero stati sanzionati al massimo con 5 anni – è un’aberrazione giuridica, specie se si ricorda che 19 mesi di pena sono stati scontati da Silvia nell’infame unità speciale sotterranea del penitenziario di Lexington in Kentucky, in seguito chiuso per «inumanità» (grazie a una campagna di Amnesty International e delle Chiese protestanti) e successivamente per 4 anni nel carcere di Marianna, nelle paludi della Florida.
Quei disinformati politici della nostra progressista Unione come il sottosegretario Fabris e quei sostenitori insani dell’«ordine» più infame, come Ignazio La Russa, preoccupati di questa piccola riduzione di pena concessa alla Baraldini, dopo che non le è stata risparmiata nessuna sofferenza, materiale e morale, questii signori quale concezione hanno della giustizia, dei diritti umani, del rispetto delle persone o della pietà, visto che si presentano come cattolici e credenti?
Qualunque colpa dovesse scontare, Silvia l’aveva già ampiamente pagata, e da tempo. Se Fabris e La Russa avessero una coscienza, avrebbero dovuto insorgere per difendere i diritti di una cittadina italiana che gli Stati uniti hanno preteso per anni, in contrasto con la Convenzione di Strasburgo, di amministrare secondo i loro codici. Se non ci fosse stata, nel 2001, una delibera della Corte costituzionale sul diritto di un condannato ad essere gestito dal sistema giudiziario del proprio paese d’origine, dove per di più sta scontando la seconda parte di una pena inaudita, la Baraldini sarebbe ancora un essere umano senza diritti civili.
Lo sanno, gli onorevoli signori, che questa donna, disposta, per coerenza alle sue idee, a giocarsi metà della vita, è stata condannata a 20 anni sulla testimonianza di un collaboratore del Fbi che ha sbagliato, nella deposizione, perfino il colore dei suoi inconfondibili occhi azzurri?
Lo sanno che, per caricarle sulle spalle i secondi 20 anni, i giudici del paese vessillo della democrazia hanno generato un aborto giuridico e hanno rubricato come un reato comune quello che era, per loro stessa ammissione nell’istruttoria, un reato politico, e questo per poter applicare la legge Rico , scritta per reprimere i complici mafiosi?
Lo sanno che gli ulteriori tre anni Silvia li ha presi per presunto oltraggio alla corte, solo per non aver saputo dare, secondo i giudici, informazioni esaurienti sulla provenienza di un comunicato delle Fuerzas Armadas de Liberacioòn Nacional de Puerto Rico, ritrovato nella sua abitazione e che era stato, comunque, pubblicato da tutti i quotidiani di New York?
E’ tutto scritto nei faldoni che Janet Reno, ministro della giustizia di Bill Clinton, ha inviato al Parlamento italiano all’epoca della restituzione della condannata Baraldini al suo paese d’origine.
Ma forse Fabris e La Russa non sanno leggere l’inglese. E allora io spero che Silvia, malgrado le tante ferite, morali e fisiche, che ha dovuto sopportare in questi anni, anche per la superficialità di politici come questi, trovi la voglia e il tempo di querelare uno come La Russa (e anche il Tg2 che gli concede lo spazio) che si permette di dichiarare «Quest’indulto fa uscire di galera i peggior criminali, i peggiori terroristi e para-terroristi, come la Baraldini».
La verità è che quelli come l’onorevole di An o come Gasparri e Tajani, che hanno continuato per anni a citare Silvia nei loro scombinati interventi in Parlamento o in tv, speravano, con la solita spregiudicatezza, di barattare una Baraldini con i tanti bombaroli neri che hanno insanguinato con 7 stragi il nostro paese negli anni di piombo.
Purtroppo per loro, qualunque slogan continuino a ripetere, Silvia Baraldini non ha mai giocato con la vita degli altri e l’indulto che ha salvato tanti «furbetti» corrotti dell’economia e della politica italiana, per ironia del destino, questa volta ha reso giustizia a una persona esageratamente vittima della violenza della giustizia nordamericana.
(Dal numero 96 di Latinoamerica in uscita dal 17 ottobre 2006 nelle librerie Feltrinelli)