Traduzione a cura del CeSPIn – Puntocritico
La crisi globale ha messo alle strette l’ordine economico che si è imposto dopo la seconda Guerra mondiale. Oggi è evidente che il ruolo egemonico del dollaro statunitense non è sostenibile. Per le sue implicazioni sulla stabilità sui cambi monetari e dei mercati finanziari, questo è uno degli aspetti più importanti delle trasformazioni che coinvolgerà l’economia mondiale nei prossimi anni.
Il dollaro continua ad essere la moneta preferita per mantenere le riserve internazionali, però la sua importanza è andata scemando. Secondo la Banca de Pagos Internacionales, tra il 2001 e il 2007 le riserve ufficiali delle divise che le banche centrali del mondo hanno mantenuto in dollari sono passate dal 71,5 al 64,1%. Per il 2010 questa percentuale è scesa al 61,3%.
Ovvero, la maggior parte di questa riduzione si è prodotta prima della crisi ed era legata all’emergenza euro e di alter monete in quanto candidati forti a competere con il dollaro.
Tra il 2001 e il 2007 la percentuale di transazioni di divise in cui ha partecipato il dollaro sono passate da 90 al 85,6%. Prima che scoppiasse la crisi globale il dollaro ha perduto percentuali considerevoli nelle transazioni in divisa. Al contrario tra il 2007 e il 2010 la partecipazione del dollaro in queste transazioni è diminuita appena di mezzo punto percentuale. Come dire che sebbene si abbassi il mercato mondiale delle divise, il dollaro mantiene la propria egemonia.
La debacle economica ha ovviamente colpito anche l’euro. Però se la unione monetaria è capace di superare il temporale, in pochi anni la moneta commune europea potrebbe consolidarsi, recuperare il proprio valore, e sopratutto la sua credibilità. Certamente il suo sistema finanziario è in condizioni di soddisfare la domanda di liquidità dell’economia mondiale. Tutto questo richiede però che l’Unione Europea conduca effettivamente a termine le trasformazioni strutturali che vengono richieste sul piano della politica macroeconomica.
Alcune proiezioni del Fondo Monetario Internazionale indicano che nel 2016 gli Stati Uniti cesseranno di essere l’economia più grande al mondo e verranno superati dalla Repubblica Popolare di Cina. In termini di parità di potere d’acquisto l’economia cinese passerà da 11.2 a 19 bilioni di dollari tra il 2011 e il 2016, mentre quella statunitense passerà da 15,2 a 18 bilioni nello stesso periodo.
Molti pensano che il renmimbi, in questo caso, potrà divenire la nuova moneta di riserva internazionale. Non necessariamente. La grandezza dell’econoia è sempre oggetto di dibattito. La parità di potere d’acquisto non è il miglior indicatore perchè I prezzi dei beni non commerciali possono distorcere la misura. Per redigere la gerarchia delle grandezze delle economie mondiali è preferibile utilizzare il PIL a prezzi correnti. Chiaramente anche in questo caso gioca il proprio ruolo il tipo di cambio applicato. Nel caso di Cina e Stati Uniti, con qualsiasi parità plausibile la seconda continuerà a essere la più grande nel 2016.
Anche quando la economia cinese si trasformerà nella più grande del mondo, questo non è sufficiente perchè la sua moneta sia la divisa di riferimento internazionale. Affinchè questo accada occorre che esistano dei meccanismi che consentano di aver accesso al renminbi in quantità sufficienti per soddisfare le richieste di liquidità dell’economia mondiale. Una possibilità sarebbe che la Cina mantenesse in modo sistemico un deficit nel suo conto corrente, per esempio aumentando il consumo.
Questo appare difficile: oggi il consumo aggiunto in Cina si aggira intorno al 35% del PIL, che vuol dire che manca molto affinchè questa variabile possa contribuire a mantenere un deficit in conto corrente. Pare che il superavit cinese continuerà ad essere parte integrante del paesaggio economico internazionale per molti anni.
Altra possibilità è che la Cina finisca per aprire completamente I propri mercati finanziari affinchè qualsiasi straniero possa acquisire titoli denominati in renminbi in quatità importanti. Ma per questo sarà necessario un pacchetto di riforme nel sistema bancario e non bancario che oggi l’amministrazione di Pekino non vuole spingere.
Per gli Stati Uniti, la perdita di potere del dollaro è un processo contradditorio. Poter finanziare il proprio deficit in conto corrente con la propria moneta offre una prerogativa straordinaria. Però se questo paese perde questa comoda posizione dovrà crescere di più, generare più occupazione e mantenere il suo livello di indebitamento sotto controllo. E’ certo che il centro del potere finanziario negli Stati Uniti non è disposto a perdere I propri privilegi così facilmente. Però arriverà il giorno in cui nessuno chiederà la sua opinione per diversificare le divise delle proprie riserve.
La riforma del sistema monetario mondiale non sarà un processo facile. Però per lo meno rimane chiaro che l’idea di mantenere una moneta mondiale che poggia sul deficit astronomico degli Stati Uniti non è l’opzione migliore.
Fuente: http://www.jornada.unam.mx/2011/04/27/index.php?section=opinion&article=029a1eco