Premessa:
Il documento che pubblichiamo è la sintesi della tavola rotonda organizzata dal club “Dibattiti della società civile” sul tema: “Quale futuro per PCFR e Russia unita?”. Alla riunione hanno partecipato esponenti dei più autorevoli istituti di ricerca politica e sociale del paese (compresi quelli di orientamento socialdemocratico vicini a Gorbaciov) e dirigenti dei principali partiti di centro e di destra. Significativamente non erano presenti rappresentanti del Partito comunista.
Tutti i partecipanti alla tavola rotonda hanno concordato sul fatto che la democrazia in Russia ha bisogno dell’esistenza di poderose strutture politiche. “La Russia non ha futuro, se non è in grado di disporre di un ambiente politico caratterizzato dalla competizione, che è impossibile senza partiti forti”, ha affermato aprendo la tavola rotonda Serghej Markov, direttore dell’ “Istituto di ricerche politiche”. Tali partiti, nella Russia di oggi, sono certamente il PCFR e “Russia unita”. In verità su quest’ultima esistono alcune divergenze tra gli esperti. Alcuni sembrano restii a valorizzare il ruolo di “Russia unita”, mostrandosi alquanto pessimisti in merito al suo futuro. Altri vedono in tale partito l’attuale incarnazione di un “partito del potere” che, di elezione in elezione, si limita a cambiare la propria denominazione. I rappresentanti del partito stesso considerano prematuro dare un giudizio compiuto sulle prospettive della loro creatura a soli 4 mesi dalla sua nascita. Ma sia le sinistre che i centristi hanno un potenziale di crescita del loro elettorato, a condizione che essi si mostrino disponibili a seguire i consigli della comunità degli esperti.
Come hanno messo in evidenza i sondaggi condotti dal “Fondo dell’opinione pubblica” (FOM), elaborati dal suo responsabile Aleksandr Oslon, il 12% degli elettori vota sempre per i comunisti, un altro 12% lo fa con ogni probabilità, mentre il 13% a determinate condizioni potrebbe anch’esso scegliere il PCFR. Il 50% lo esclude categoricamente. E alla domanda “per quale partito voterebbe domenica prossima?” praticamente la medesima quota di intervistati – il 25% circa – indica il PCFR e “Russia unita”. Così Serghej Markov ritiene che il PCFR, “che non evolve con sufficiente decisione in senso socialdemocratico, potrebbe perdere posizioni”. E allora avvenimenti come quelli successi alla Duma o l’azione di protesta a Voronezh (grande città, in cui, poche settimane fa, per alcuni giorni decine di migliaia di lavoratori, guidati dai dirigenti comunisti locali, sono scesi in piazza contro il vertiginoso aumento delle tariffe dei servizi comunali, conseguenza di una dolorosa riforma varata dal governo. Nel corso delle manifestazioni sono avvenute durissime cariche della polizia contro i manifestanti, nota del traduttore) spingono i comunisti verso la radicalizzazione. E con l’estremismo potrebbero spaventare le loro stesse elite: quelle che – ritiene il politologo Iosif Diskin – si sono formate nel PCUS e che oggi occupano diversi posti in settori degli apparati di gestione e rappresentano le attuali risorse amministrative dei comunisti. Senza questi specialisti “vecchio stampo”, tra cui possiamo annoverare l’ex vice premier, attualmente deputato, Jurij Masljukov, oppure il governatore di Nizhnij Novgorod Ghennadij Khodiriov, il PCFR si trasformerebbe in un partito marginale.
Molti tra gli studiosi presenti si sono trovati d’accordo nel considerare che i comunisti avrebbero perso l’opportunità di procedere sulla via della modernizzazione e del cambiamento, non traendo la lezione corretta da quanto accaduto alla Duma. Non è affatto d’accordo con questa analisi il noto editore Vitalij Tretjakov, che pure concorda sulla necessità di un ricambio di quadri nella sinistra. Egli ritiene che la sostituzione di Ghennadij Zjuganov con Ghennadij Selezniov si rivelerebbe una catastrofe per il partito comunista.
Il direttore dell’ “Istituto di politica sociale” Anatolij Golov, per parte sua nega addirittura che i comunisti siano in grado di radicalizzarsi. A suo avviso “i comunisti non vengono neanche più associati alla protesta, poiché la protesta tende ad autorganizzarsi”.
Ma tutti sono stati concordi nel pronosticare che, in una prospettiva storica relativamente ravvicinata, almeno fino al 2008, il PCFR manterrà le sue caratteristiche di partito più forte nello scenario politico russo. “Il momento dell’estinzione del “dinosauro” PCFR ancora non si intravede all’orizzonte”-, è convinto Vitalij Tretjakov.
Ad avviso di uno dei dirigenti della “Fondazione Gorbaciov”, Viktor Kuvaldin, sta progressivamente cambiando l’immagine del PCFR nella società. Esso si sta trasformando in un partito solo di opposizione. “Il PCFR non dispone più di un capitale politico derivante dall’amministrazione”, ha sottolineato il capo del gruppo di analisi “Merkator” Dmitrij Oreshkin. Ciò balza all’evidenza, quando si analizzano i risultati elettorali degli ultimi anni. Quando hanno a disposizione risorse amministrative i comunisti perdono, persino in alcune zone della “cintura rossa”. I candidati comunisti ricevono minore sostegno nelle “loro” regioni agricole e, al contrario, da un’elezione all’altra, rafforzano le posizioni nelle grandi città, nei capoluoghi regionali dove sono più deboli dal punto di vista amministrativo. In tal modo le sinistre riescono praticamente a mantenere i livelli di consenso elettorale raggiunti precedentemente su scala federale. Oreshkin trae la conclusione che “il PCFR viene percepito dagli elettori non più come il partito del ritorno al passato, ma come l’unico vero rappresentante della protesta contro l’azione del potere”. “Del resto, nessuna crescita economica è in grado di soddisfare la fame di giustizia sociale. Così a sinistra domina incontrastato il PCFR”-, conclude Oreshkin.
Un quadro alquanto pessimistico è stato disegnato per il futuro di “Russia unita”. La maggior parte degli esperti è convinta che “Russia unita” sia un partito di transizione, che non può essere definito “il partito del potere”, nonostante al momento si trovi al potere. Concepito come contrappeso al PCFR – è il parere di Vitalij Tretjakov – “Russia unita” non ha nulla di proprio. La struttura organizzativa, i mezzi, i “media”, tutto è preso in prestito dall’apparato statale”.
La forza, e nello stesso tempo la debolezza di “Russia unita”, è rappresentata dal rapporto di totale dipendenza da Vladimir Putin. Inoltre “tutte le oscillazioni della popolarità del presidente ricadono su ogni partito del potere, indipendentemente dalla sua denominazione “, dichiara convinto il presidente del “Centro di politica liberal-conservatrice” Arkadij Murashov. E il posto di “partito del potere” può essere rivendicato non solo da “Russia unita”, ma anche dall’Unione delle forze di destra e probabilmente anche da altre forze che potrebbero vedere la luce prima delle elezioni.
I rappresentanti di “Russia unita” – il membro del Consiglio generale del partito Serghej Popov e il deputato alla Duma di Stato Oleg Kovaliov – hanno cercato di richiamare l’attenzione degli studiosi sul fatto che molti di loro mostrano la tendenza a valutare le prospettive dei partiti politici, a partire esclusivamente dalla loro condizione attuale, e non operando un’analisi dello sviluppo della situazione politica e dei partiti stessi nel periodo che ci separa dalle prossime elezioni parlamentari. “I precedenti partiti del potere non svolgevano alcuna attività di partito, accontentandosi della creazione di un proprio gruppo parlamentare alla Duma di Stato”, – ha osservato Oleg Kovaliov. A differenza di quei partiti, “Russia unita”, al contrario, sta cercando di radicarsi con strutture politiche nelle regioni. Per quanto riguarda, poi, lo sfruttamento delle risorse amministrative, l’ex ministro degli interni Anatolij Kulikov, eletto nelle liste di “Patria-Tutta la Russia” ha affermato che “dal momento che nessun partito ne può fare a meno, è ovvio che anche “Russia unita” abbia bisogno di notevoli mezzi finanziari”.
A sua volta, Serghej Popov ritiene che l’epoca dei partiti politici di impianto tradizionale è definitivamente tramontata. “I partiti assumono nuove caratteristiche, diventano meno ideologizzati, si orientano su leader concreti e operano elettoralmente a tutto campo, all’interno di ogni gruppo sociale”, – ha osservato il dirigente di “Russia unita”. Egli si dice convinto che per un partito del potere ci sarà sempre ampio spazio nel panorama politico russo. Popov cita come esempio l’Ucraina, dove le forze filopresidenziali, pur avendo posizioni più deboli che in Russia, hanno comunque conquistato il 40% dei posti nella Rada suprema. In Russia questo compito può essere assolto unicamente da “Russia unita”.
In conclusione, gli studiosi presenti si sono detti certi che, in fin dei conti, il destino del PCFR e di “Russia unita” si trova nelle mani del presidente Vladimir Putin. Proprio dalla sua popolarità dipende il futuro del “partito del potere” (o dei “partiti del potere”). Inoltre Putin – è il parere del dirigente dell’Unione delle forze di destra Valerij Komakov – “ha la possibilità di rabbonire il PCFR”, ad esempio includendo nel novero del personale di potere (ipotesi di cui ultimamente si è discusso abbastanza seriamente) alcuni esponenti di rilievo delle sinistre, come l’economista Serghej Glaziov oppure lo stesso Jurij Masljukov.
E’ così che la competizione tra i partiti politici si giocherà, in ultima analisi, sul voto di un solo essenziale elettore: Vladimir Putin.