“Tutta l’enorme tragedia del giovane ucciso e i fatti gravi della manifestazione, secondo me non possono nascondere un fatto gigantesco: siamo di fronte alla vera nascita di un movimento”. Il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, legge nella risposta data dai manifestanti, nel “bando a ogni forma di violenza”, la forza di “una nuova generazione” che irrompe. “Vuol dire che questo movimento ha nella pancia e nella testa una vocazione all’affermazione del proprio protagonismo – prosegue Bertinotti – che regge anche di fronte al combinato disposto pazzesco all’indomani di una uccisione”.
Una tragedia in qualche modo annunciata, che, al di là delle responsabilità dirette, non può non intaccare le coscienze di tutti…
Il dato dominante resta la tregedia. La sequenza delle responsabilità secondo me è in questo ordine. Primo: la blindatura e la militarizzazione della città, progressiva, esponenziale, fino a trasformare Genova in un labirinto di percorsi obbligati. La causa motrice è l’idea stessa del G8: l’esproprio civile e politico della città; le mani militari sulla città per difedere un esercizio di potere. Il secondo elemento è un comportamento delle forze dell’ordine rivolto completamente a colpire il movimento, tanto da mettere in luce la libera inziativa della frangia violenta ed esterna al movimento, precisamente identificabile e configurata, che ha scorrazzato per tutta la città. Terzo: l’uso delle armi da fuoco, di cui il Gsf aveva chiesto esplicitamente il bando.
Ma si può davvero dire che il black bloc sia una frangia esterna?
Non si può dire, si deve dire. Mi si dimostri il contrario: il Genoa social forum è coposto da 700 associazioni che si sono date un codice comune. E’ una frangia esterna perché il movimento l’ha estromessa.
Benché gli scontri abbiano caratterizzato la giornata del grande corteo unitario…
Ma quella di 2-300 mila persone, continuamente attraversate dalle linee di violenza e provocazione oggettive di questo gruppo e dalla sistematica carica della polizia, secondo me è una reazione straordinaria: è l’ingresso di una nuova generazione, un fatto politico e culturale enorme. E secondo me va detto forte che dal comportamento concreto delle forze dell’ordine in tutti questi giorni l’unica cosa che si desume è che a dover essere colpito era il movimento. Allora devo dire che da un lato il movimento dimostra tutta la capacità critica e nonviolenta e dall’altro il potere mostra di non tollerare il movimento: tenta di disgregare, colpire, provocare atti di rottura.
Ma la discussione che progressivamente si è avvitata intorno alle linee di confine, sui simbolismi, ha anche fatto passare in second’ordine i contenuti e i valori della mobilitazione.
Non sono d’accordo. Sono proprio convinto che siamo di fronte a un evento. E gli eventi vanno decodificati con una logica interpretativa, non come si fosse di fronte a una mnifestazione ordinaria, con una piattaforma di cui si guarda la densità. Questa discussione è scavalcata. L’evento va interpretato secondo un canone diverso; quello fondamentale è metalinguaggio: una generazione si propone in movimenti. Oggi l’80 per cento aveva meno di 30 anni, e in qualche modo si era visto nello sciopero dei metalmeccanici. Questo di oggi è appunto il balzo di una generazione. E questa generazione, nel suo manifestare, non è scindibile in contestazione della repressione, G8, globalizzazione, governo: perché tutte queste facce del prisma sono metabolizzate in un movimento che ha come ragione fondamentale la sua ragione di esistenza.
Basta?
Naturalmente questo movimento sa che ha un problema di contenuti, per questo, ad esempio, usa Porto Alegre: perché è un movimento che usa il simbolo anche come supplenza. Ha scelto il simbolico come traduzione della propria crescita. Non solo per il carattere estremamente contemporaneo della lotta simbolica. Ma, per dirla così, in questo caso svolge attraverso questo un ruolo supplenza a quello che non è maturato in termini di programma, continuità, forme di lotta, articolazione.
Tuttavia le mobilitazioni sono uno strumento, non il fine: ci vuole un rapporto tra lotta e piattaforma per non finire nella celluloide…
E’ come il sogno in Jung, che in qualche modo è ancora un progetto ancora mal definito: anticipa un progetto ancora non in grado di essere eleaborato, è capacità di annuncio.
Di che cosa, da domani?
Intanto stanno accadendo cose: Agnoletto ha annunciato che il Gsf si costituirà in forum sociale. Dunque questo movimento dei movimenti si da delle sue istituzioni come tutti i movimenti forti: come si fa a non vedere che questo mosaico si da lineamenti programmatici? Non sto dicendo che ciò basti. Anzi. Penso che questo movimento proponga alle forze della sinistra alternativa, le uniche che possono interloquire con esso, un problema politico gigantesco. Cioè il problema della riforma dei soggetti politici della sininistra di alternativa e della sinistra sociale: l’irruzione di questa generazione sulla scena della politica organizzata.