Putin ha un amico a Washington ma Bush ha un amico a Mosca?

L´APPARENZA inganna. Russia e Usa hanno concordato di ridurre gli arsenali, e di molto. Ma non è un passo avanti verso il disarmo. E non è un segno di quiete. Putin disarma ancora, scendendo fino a 1700 testate. Ma avrebbe dovuto farlo comunque, perché non ha i denari per mantenerle. Bush disarma, ma non smantella e mette in magazzino. Putin accetta comunque, ma non è un bel patto. Anche perché gli Stati Uniti sono già partiti in quarta per la costruzione dello «scudo spaziale», dopo avere denunciato unilateralmente l’accordo Abm del 1972. La qual cosa significa la fine di ogni parità strategica per saecula saeculorum. Pensare che a Mosca siano contenti significa offendere il buon senso. Tra qualche giorno Bush andrà a Mosca per offrire l’intesa Russia-Nato. Bel gesto, che salva l’apparenza di un dignitoso trattamento riservato alla Russia, ma non può oscurare il fatto che a Praga, in novembre, la Nato si estenderà fin dentro i confini dell’ex Unione Sovietica. Pensare che a Mosca s’innalzino fuochi d’artificio di gioia è fuori luogo. Naturalmente il Dipartimento di Stato diffonde ottimismo. E, dal suo punto di vista, è impossibile dargli torto. Ma sarà utile frenare gli entusiasmi per l’ingresso della Russia tra «i nostri». Putin è un freddo incassatore, e lo sta dimostrando sotto una gragnuola di colpi, ma tiene la guardia alta. Ieri ha fatto all’improvviso una proposta al residuo campo degli antichi «fratelli sovietici»: costituire un comando militare unificato che rafforzi e cementi quello che resta del vecchio «Impero del Male». Bielorussia, Armenia, Kazakhstan, Tagikistan e Kirghizia. Sono le cinque repubbliche che gli restano amiche, dopo che George Bush gli ha portato via le altre (Georgia, Azerbajgian, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizia). Non ha l’aria di un gesto amichevole verso l’Occidente, al quale, su altri fronti, si è costretti a inchinarsi. Tanto più evidente se si nota che la proposta di Putin include la Kirghizia, dove gli Usa stanno costruendo una grande base militare, con l’occhio rivolto alla Cina. Putin cerca di recuperare almeno una parte di ciò che ha già perduto. Questa Yalta asiatica, realizzata unilateralmente da Washington nei mesi della guerra afghana, non è gradita a Mosca. E, sicuramente, nemmeno a Pechino.