Pubblici, il grido dei 40mila: «Il governo ci ascolti»

Albert, 29 anni, vigile del fuoco, non lavora più di 160 giorni l’anno. Come lui sono costretti ad “arrangiarsi” con altri impieghi, spesso in nero, altri 15mila pompieri precari. Vestito come se fosse appena tornato da una missione, regge lo striscione del suo spezzone: “più precari = meno sicurezza”. Il corteo delle Rdb Cub – 40 mila persone in piazza a Roma nel giorno dello sciopero nazionale del pubblico impiego – sfila, rosso e rumoroso, per via Cavour e racconta storie di ordinaria precarietà, di un lavoro sfruttato e offeso.
Sfila Annalisa, 44 anni, precaria di una società mista della Campania che rischia di perdere, con l’obbligo della gara, l’assegnazione del servizio; sfilano i sardi, tutti col caratteristico berrittas sul capo, che cantano uno slogan fin troppo chiaro: “a sinistra/ come a destra/ precari si era/ precari si resta». E ancora gli informatici del ministero di Grazia Giustizia: cocoprò per contratto, dipendenti per mestiere; e poi un’autoambulanza, preceduta da un “precario in barella”, giunta direttamente da Avezzano. Alla guida, ovviamente, un lavoratore a tempo determinato.
Ma non ci sono solo precari nella riuscita manifestazione delle Rdb Cub, il più grande sindacato autonomo, con oltre 700 mila iscritti. Ci sono anche i lavoratori a tempo indeterminato, che chiedono un nuovo contratto e lamentano carenze di materiali e strumenti. Accade, ad esempio, nel dicastero di Mastella e al ministero del Lavoro dove, dice Lucilla, 43 anni, «dobbiamo comprarci evidenziatori e carta igenica coi nostri soldi». «Per la prima volta sono insieme i lavoratori “normali” e i precari, i cui interessi sembrano contrapposti. Per noi la battaglia per il rinnovo del contratto non è diversa da quella per la stabilizzazione e per una pubblica amministrazione di qualità», spiega Urbano Fascetti, del direttivo nazionale del sindacato, che cammina con la sua bandiera rossa accanto al camion che apre il corteo.
Quattro treni speciali, 6 pullman da Bari, 8 dalla Calabria: «Chi è venuto qui vale doppio, perchè non solo ha rinunciato alla giornata di lavoro, ma ha anche pagato di tasca propria il viaggio. Il nostro sindacato non ha certo le risorse dei confederali», aggiunge Fascetti. E che Cgil Cisl e Uil, tra i 40mila di ieri, non godano di molta fiducia è possibile notarlo dalla contestazione con cui i precari della ricerca, al grido “Buffoni, buffoni”, ha interrotto un convegno indetto dalla Flc Cgil sul “ruolo dell’università per la crescita del sistema paese”. Il corteo giunge davanti al ministero della Funzione Pubblica intorno all’una. Qui i vigili del fuoco accendono i loro fumogeni, mentre davanti all’ingresso viene messo un pupazzo di cartapesta raffigurante un Prodi-Frankenstein con la gamba rotta e un sacchetto di denaro in mano, con il commento “Tfr= Ti Frego i Risparmi”.
Rita, 47 anni, porta un piccolo lenzuolo insieme ai suoi colleghi, gli Lsu del comune di Cervaro, provincia di Frosinone: «Siamo in 38, contro 40 impiegati “regolari”; dopo 10 anni ancora aspettiamo l’assunzione, anche se senza di noi gli uffici si fermerebbero». Poi ci sono gli operai del ministero della Difesa, precari da vent’anni: da quando, cioè, hanno iniziato a lavorare a giornata, per aggiustare le piste degli aeroporti militari. Molti di loro non sono più giovanissimi. Come Francesco Colacicco, 58 anni, che lavora nell’aeroporto della III Regione Aerea di Bari. Anche lui, per arrivare a fine mese, è costretto a lavorare in nero. «I soldi per gli aerei militari ci sono, per noi no», dice. E spiega che, nonostante l’anzianità, «per il governo non possiamo aspirare all’assunzione: non raggiungiamo neppure il requisito minimo di 3 anni di impiego negli ultimi 5». Poco dietro c’è Lorenzo, 45 anni e due figli, un Lsu che il suo comune (Agira, provincia di Enna) ha deciso di impiegare come conducente degli autobus comunali. «Il sindaco- spiega – dice di non avere i soldi per assumerci, quindi ci lascia a lavorare col sussidio dell’Inps».
Il comizio si apre con l’intervento di Pierpaolo Leonardi, coordinatore nazionale del sindacato: «Il governo prenda atto del profondo malcontento del Pubblico Impiego. Lo sciopero dimostra come i lavoratori siano contro lo smantellamento della pubblica amministrazione prodotto dal memorandum, e contro le chiacchiere sul precariato», accusa Leonardi, poco prima di recarsi all’incontro di Palazzo Chigi. Le Rdb Cub chiedono di essere ammesse ai tavoli di trattativa tra governo e parti sociali, pur mantenendo il loro carattere di sindacato non concertativo che ha rifiutato di firmare gli accordi del luglio del ’93. Che ne abbiano diritto, d’altronde, lo prevede la Legge Bassanini sui “sindacati maggiormente rappresentativi”. Alla fine dell’incontro con i sottosegretari Letta e Nicolai, le Rdb Cub strappano la promessa di una convocazione prima di Pasqua.