Provocazione della polizia tedesca contro il cineasta Akin

Dopo che l’Uefa equiparò grottescamente, giorni fa, il liberatore Che Guevara alla svastica schiavista, continua la persecuzione a Fatih Akin, regista tedesco che vinse la Berlinale 2004 per La sposa turca (e di cui l’1 settembre esce in Italia Crossing the bridge, sul vitale sound di Istanbul oggi). In Germania la stampa di destra, irritata dal fatto che il primo vincitore tedesco dell’Orso d’oro, in 17 anni, fosse turco, si esibì in sessuofobiche deformazioni della carriera di Sesil Kekilli, protagonista del film e ex attrice di soft-porno. E domenica scorsa la polizia di Amburgo, avvertita da un cittadino scandalizzato, ha denunciato Akin, 32 anni, per aver esibito, sul set del suo Auf der anderen Seite (Dall’altro lato), una t-shirt anti-Bush (venduta ovunque), in cui la lettera «s» è sostituita dalla svastica. Intervistato da Der Spiegel on line, Akin spiega: «La politica di Bush è paragonabile a quella del III Reich, perché vuol normalizzare la tortura e provocare la III guerra mondiale. E Hollywood produce, per conto del Pentagono, film che abituino a Guantanamo». Fatih Akin rischia 3 anni di carcere perché la legge tedesca (come la nostra) vieta di esibire simboli anticostituzionali, come quelli nazisti, pur ammettendo l’uso della svastica a fini artistici, educativi o per chiari intenti anti-fascisti: «E bisogna essere stupidi – dice Akin – per equivocare le mie intenzioni». Che non sono proprio quelle di Di Canio. A meno che non siano proprio quelle sotto il tiro della «civiltà cristiana» in guerra, intollerante di ogni critica o satira.