Rotterdam: pronunciare la parola sa già di paradiso. Ci sono andati a decine di delegazioni di portuali. «Lì se gli capita un morto sequestrano l’area e tolgono la concessione. Perché per un olandese una morte è un danno e ferma la produttività – racconta Luigi Guasco, un vecchio portuale ora in pensione, delegato sindacale della Compagnia unica sino al 2000 – Qui invece discutiamo per anni tra ‘tombatori’ (il piano portuale degli anni ’90 prevedeva il tombamento di alcuni moli per crearne di più grandi ndr) o ‘affrescatori’ (i fautori del progetto di Renzo Piano sul littorale genovese ndr) e il porto declina. Questo è un porto feudale con concessionari-feudatari e i lavoratori in lotta tra di loro. La produttività è bassissima: la media è 0,80 teu a metro quadro anziché 3 o 4 a mq come succede negli altri porti europei».
La mattina, a poco più di ventiquattr’ore dalla morte di un lavoratore, Enrico Formenti, 40 anni, è l’ora dei vecchi portuali. Sindacalisti e dirigenti in giro non se ne vedono. Qualche pensionato viene a dar manforte ai ‘figiue’, i ragazzi. Sono loro imperterriti che hanno continuano a tener vivi i fuochi dei falò in lungomare Canepa occupando la strada per tutta la notte e hanno continuato a oltranza tutta la giornata. Davanti al bar, due pezzi di focaccia nel cappuccino, Guasco continua il suo ragionamento: «avete capito perché funziona il terminal di Voltri? E’ quasi tutto in mano a un ente pubblico straniero, l’Autority portuale di Singapore. E’ clamoroso. E poi cos’è ‘sta storia delle concessioni dei moli demaniali? Dai fenici a oggi i porti sono sempre stati aperti, è questo il libero mercato». Quando dice libero mercato «au Luigin» gli viene un groppo come ingoiasse qualcosa di velenoso: «pensa te se io della Sinistra critica di Rifondazione adesso devo stare qui a difendere il libero mercato». Si raccoglie un capannello di giovani e vecchi, mentre il nero dei copertoni inonda tutti a seconda dei refoli di vento, che fanno sventolare anche lo striscione che l’altroieri i portuali della Fossa hanno portato allo stadio: «Porto: 30 morti in dieci anni…Ora basta. Ciao Enrico». Le critiche alla Compagnia unica non mancano: «ma che cooperativa, è diventata una società a tutti gli effetti», sbotta uno. «A metà degli anni novanta la compagnia prendeva 110 mila lire a contenitore, sei anni dopo, nel 2000, sono diventate 35 mila lire contenitore. Già allora la mia giornata reale è diventata un terzo», commenta un vecchio. E poi la divisione dei turni, che sembra premiare chi scoccia meno; lo si manda alla merce ricca che frutta magari 50-60 euro in più a turno di quella povera come i traghetti.
Intorno gli amici digitano sul telefonino per raccogliere notizie dell’ultimo ferito, quello di giovedì, Battistelli, uno della Culmv che si è spaccato le costole e altro perché dei tubi di metallo gli sono crollati addosso ed è ancora ricoverato all’ospedale Galliera. E’ stato uno dei due incidenti della settimana che ha fatto dire, dopo la morte di ieri, che non se ne può più.
I manifestanti sono soli. I sindacati assenti. L’assemblea della piazza, ieri, è andata avanti ad oltranza. E si sono dati appuntamento per lunedì mattina alle 6 al varco di Ponte Eritrea, per poi partire con una manifestazione – alle 9 – dalla Stazione Marittima. Un’assemblea di delegati di Filt-Fit-Uiltrasporti, della Regione Liguria, della Asl 3, del Comune di Genova e dell’Autorità Portuale si riunirà, che anziché in porto, al Dopolavoro ferroviario di stazione Principe. Dalle 10 alle 13. Sulla porta del bar del porto c’è scritto «cercasi autista con patente Ce per trasporto container contattare XX». «Ora l’ufficio di collocamento è qui», borbotta un vecchio camallo e se ne va.