Pronta la piazza del `68 precario

Migliaia di studenti universitari e di liceali alle manifestazioni ieri contro il Cpe, in molte città francesi. A Parigi, il grosso corteo che era parito verso le ore 15 da place d’Italie con lo scopo di raggiungere l’Assemblea nazionale, si è bloccato di fronte alla Sorbona, sempre chiusa, dove ci sono stati nuovi incidenti, tra l’università e il Collège de France. Un gruppetto di giovani, con la bandiera nera degli anarchici, hanno cominciato a gettare lattine, bottiglie, pezzi di legno contro i poliziotti, in assetto anti-casseur, al grido di «la Sorbonne agli studenti». Momenti di tensione, sirene delle camionette della polizia in tutto il quartiere, la piazza annegata sotto i gas lacrimogeni, mentre la maggioranza degli studenti ha preso le distanza dalla piccola minoranza di violenti. «Gettano discredito su tutto il movimento», dice tra le lacrime Julie, studentessa a Jussieu. Per manifestare la disapprovazione contro le derive, la maggioranza ha improvvisato un sit-in pacifico in boulevard Saint Michel. «Abbiamo fatto appello a tutte le università dell’Ile de France – spiega un portavoce del movimento, Alexandre Srydlender – per riunirsi verso le ore 16 in place de la Sorbonne per protestare contro le violenze della polizia e il Cpe». La mobilitazione continua, ma era difficile ieri stabilirne il livello con precisione. «Siamo determinati e fiduciosi – ha affermato Bruno Julliard dell’Unef – c’è una crescita della forza della mobilitazione, siamo in una dinamica importante». Per l’Unef, 59 università erano totalmente bloccate ieri e 38 in agitazione. Fonti governative minimizzano e parlano di 14 università totalmente bloccate e di 28 in agitazione, sulle 84 che conta la Francia. Alcune università, come Nanterre, restano chiuse, ma per volontà del presidente, che teme scontri tra chi vuole scioperare e chi vuole seguire i corsi. Un gruppo ha deciso cosi’ di occupare Nanterre, per protestare contro la chiusura. La tensione è forte in molte università. All’Iut di Tours, un referendum interno tra gli iscritti, voluto dal consiglio di amministrazione, ha votato a favore della ripresa dei corsi. Invece, resta occupata Rennes, dove il blocco è stato votato per alzata di mano da un’assemblea a cui hanno partecipato 4 mila iscritti. Ma qui ci sono state tensioni con chi vuole andare a lezione e ha paura di perdere l’anno. A Lille sono scesi in piazza anche i liceali. A Bordeaux tutte le università (I, II e III) sono bloccate, dopo un voto in assemblea.

A Parigi VIII-Saint Denis, la situazione è alterna: assemblee, ma anche i corsi più o meno assicurati, questa settimana (mentre erano bloccati la precedente). «Siamo in un’ottica di lotta a lungo termine – spiega uno studente – per questo blocchiamo l’università solo nelle giornate di azione nazionale». L’esperienza passata, spiegano a Saint Denis, è che un movimento di protesta è difficile che tenga più di quattro settimane. Per esempio, ci sono molti borsisti, che hanno paura di perdere la borsa se non frequantano. In alcune università, specie dove i presidenti sono ostili al Cpe, gli studenti sono riusciti a negoziare un trattamento di favore rispetto alla frequenza ai corsi, per non perdere l’anno. A Jussieu (Parigi VI e VII), la reticenza a non freequentare e a blocare i corsi si fa sentire. Degli studenti ostili al blocco hanno raccolto delle firme all’entrata del campus per una petizione che chiede il ritorno alla normalità. «Il peggio sarebbe beccarci il Cpe e non passare gli esami», riassume una ragazza. Molti, che pure dicono di essere d’accordo con il movimento, cominciano a pensare che stia durando troppo a lungo. Il governo gioca su questo. Come gioca la carta della violenza, per screditare la protesta.

Dopo la giornata di azione di ieri, il nuovo appuntamento è per giovedì, con manifestazioni in tutto il paese e, soprattutto, sabato, quando i sindacati sperano di far scendere in piazza accanto agli studenti anche il mondo del lavoro, preoccupato dal precariato e dalla minaccia che il Cpe, dopo il Cne, non sia altro che un cavallo di Troia per riformare tutto il diritto del lavoro e rendere più flessibili i contratti.