Prodi vuole tagliare le nostre pensioni

Il governo è pronto a tagliare le pensioni: sostituendo lo «scalone» Maroni con più graduali «scalini», dunque innalzando l’attuale età pensionabile (che è di 57 anni), e intervenendo sui coefficienti, anche se su quest’ultimo punto per il momento le posizioni sono più sfumate, perlomeno sui tempi in cui verrà attuato il ritocco. Tutto questo si può desumere dalle parole pronunciate ieri dal presidente del Consiglio Romano Prodi all’apertura del tavolo di concertazione con le parti sociali, i tre sindacati confederali e la Confindustria: «Sulla previdenza – ha spiegato il premier – occorre superare la rigidità della precedente riforma ma assicurando un equilibrio finanziario. Occorre mantenere i diritti acquisiti e intendiamo favorire la previdenza dei lavoratori discontinui». Ha poi aggiunto: «Pensiamo a una periodica revisione dei coefficienti di trasformazione e a un innalzamento graduale dell’età pensionabile».
«In tutta Europa – ha spiegato Prodi – si assiste alla tendenza a rivedere l’età di pensionamento e non è pensabile che il nostro Paese si sottragga a questa necessità, sia pur in una cornice di gradualità». Sulla precarietà il premier ha aggiunto: «La maggiore flessibilità dei lavori e la possibile discontinuità delle carriere lavorative devono essere accompagnate da una estensione delle tutele nel mercato, collegando l’erogazione di sussidi a strumenti di ausilio nella ricerca di un nuovo lavoro». Sui coefficienti le parole del presidente del Consiglio potrebbero far intuire che la revisione per il momento non sarebbe operativa (si parla genericamente di «periodica revisione), e forse è per questo che il segretario Cisl Raffaele Bonanni è parso il più ottimista, spingendosi a dire che sul tema «Prodi è stato più morbido». Al contrario, Cgil e Uil non hanno gradito l’avvio sulle pensioni, e hanno confermato lo sciopero del pubblico impiego, dato che i soldi per i contratti non sono ancora usciti fuori. Esclusa dal tavolo la Rdb Cub: dopo l’occupazione di Palazzo Vidoni, il sottosegretario Enrico Letta si è impegnato a incontrarli il prossimo 30 marzo (peraltro la data del loro sciopero del pubblico impiego).
All’assise di ieri, infatti, si è stabilito che la prossima settimana verranno aperti i «sotto-tavoli» tematici: mercoledì 28 si avvierà quello sulla pubblica amministrazione, giovedì 29 quello su «produttività e competitività» e quello su «sistema di tutele, mercato del lavoro e previdenza». Sul primo gravano i due scioperi annunciati (confederali in aprile, Rdb 30 marzo); il secondo affronterà il secondo livello di contrattazione: Confindustria ci tiene molto, e i sindacati hanno già accettato di detassare gli aumenti aziendali. Il rischio che si pone (e l’obiettivo degli industriali) è quello di far perdere centralità alla tutela del contratto nazionale, dato che gli aumenti del secondo livello appariranno sempre più convenienti; inoltre, aumenterà la parte variabile della retribuzione, esponendo i salari a una sempre maggiore volatilità, con il rischio di «gabbie salariali» tra diverse aziende, con gruppi che firmano gli integrativi e altri con i lavoratori al palo, perché hanno solo il contratto nazionale ormai «sfiorito».
Il terzo tavolo, infine, affronterà la revisione delle leggi sul lavoro (ma Confindustria ha ribadito che «la legge Biagi non si tocca»), gli ammortizzatori sociali (si pensa alla ricostruzione dei profili pensionistici dei precari, che però precari resteranno se la legge 30 e il «pacchetto Treu» non verranno toccati) e le pensioni.
Epifani ha già annunciato che «il tavolo non sarà facile», chiedendo chiarimenti sulle somme disponibili (Prodi ieri confermava che il «tesoretto» del surplus fiscale è di 2,5-3 miliardi di euro, fatti salvi i 7 per ripianare il debito pubblico). Luigi Angeletti (Uil) contesta i conti del governo, «non corretti perché assistenza e previdenza non sono separate». Per Giorgio Cremaschi, Rete 28 aprile Cgil, «la trattativa inizia malissimo e le affermazioni di Prodi sulle pensioni devono essere respinte». Per Gianni Rinaldini, leader Fiom, «i lavoratori si aspettano miglioramenti, e l’innalzamento dell’età e il ritocco dei coefficienti sono peggioramenti inaccettabili». Stesso stop dalla sinistra: per Franco Giordano (Prc) «l’innalzamento dell’età si fa con gli incentivi, e i coefficienti non si toccano». Alt anche da Sgobio, Pagliarini e Rizzo del Pdci, e Bonelli dei Verdi. Secondo Confindustria, «scalone o scalini vanno bene, purché il sistema sia a somma zero», cioè le riforme non costino. Prodi ha concluso dicendo che «si dialogherà sulle pensioni, ma la sintesi spetta al governo».