Prodi: paghino gli autonomi

Dal grossetano, dove sta passando le vacanze agostane, il presidente del consiglio Romano Prodi lancia la nuova «rivoluzione», quella fiscale, e ribadendo il principio «pagare tutti per poter abbassare le aliquote», si scaglia contro gli autonomi. Commercianti, professionisti, piccoli imprenditori che in questi ultimi anni si sono arricchiti grazie al caro euro e alla crescente evasione favorita dai condoni berlusconiani, mentre i dipendenti hanno continuato a pagare le tasse per mantenere la scuola, la sanità, i servizi pubblici. Spese sacrosante, ma deleterio è pagarle anche per conto dei «furbetti» e delle loro famiglie. E allora il governo lancia l’esigenza di un nuovo «patto sociale», che abbia alla base la «solidarietà reciproca tra le varie parti della società». Un piano di controlli incrociati e monitoraggi continui, spiega in sintesi Prodi, che in sette anni potrà ristabilire l’equilibrio tra i contribuenti. Ma mentre i partiti della maggioranza spronano il premier all’affondo contro l’evasione, gli autonomi protestano: la Cgia di Mestre diffonde alcune tabelle che scaricano le responsabilità su altre componenti sociali, indicando in particolare i dipendenti e i pensionati che svolgono un secondo lavoro in nero.
Prodi afferma che «un paese che non riesce a far pagare le tasse è incivile, non si salva; se riesce a far pagare le tasse, allora possono calare le aliquote fiscali». Il riferimento è chiaro: è la scandalosa fotografia scattata qualche giorno fa sulle dichiarazioni dei redditi degli autonomi. Si tratta di circa 2 milioni di imprenditori (su 2 milioni 350 mila totali) e 460 mila professionisti (su 830 mila) che dichiarano redditi imponibili sotto i 40 mila euro annui; solo lo 0,14% (55.700 persone) dei presentatori di dichiarazione dei redditi registrano oltre 200 mila euro. E allora, secondo Prodi, «per risolvere il problema ci vuole tempo, ci vogliono 7-8 anni di politica fiscale continua: vanno stabilite con precisione le procedure di controllo, bisogna fare un lavoro di incrocio delle varie fatturazioni». Un processo da attuare «con serenità, senza fretta» (il premier tiene conto delle accuse mosse dal centrodestra e dallo stesso Berlusconi, secondo cui l’Unione vuole imporre «uno Stato di polizia fiscale»).
Ma nel contempo, Prodi è chiaro, sa che una seria lotta all’evasione, se può provocare i malumori degli autonomi «arricchiti», raccoglierebbe grandi simpatie e consensi tra i lavoratori, i pensionati, i sindacati: «La lotta all’evasione è nel dna di questo governo», spiega, e a chi gli chiede su quali categorie bisognerebbe intervenire prioritariamente, il presidente del consiglio risponde: «E’ evidente: si deve intervenire sulle categorie che non usano contabilità. I lavoratori dipendenti non evadono, hanno una contabilità ferrea e non controllata da loro».
Dichiarazioni che fanno reagire gli artigiani della Cgia di Mestre, i quali rispondono con una tabella che rivolta il calzino, scaricando il barile sui dipendenti che svolgono un lavoro in nero e assolvendo di fatto gli autonomi. Al primo posto nella classifica Cgia dell’evasione sta l’«economia sommersa», dove vengono inclusi dipendenti e pensionati che fanno un secondo lavoro: sottrarrebbe al fisco 200 miliardi di euro; la malavita occulterebbe 100 miliardi di euro; le grandi imprese 7 miliardi, e ultimi in classifica sarebbero i «poveri» commercianti e professionisti, con soli 4 miliardi di euro di imponibile evasi. Dello stesso parere Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti, che invitano Prodi a non scagliarsi contro gli autonomi e a stanare «i veri invisibili»: «Non accettiamo la parte dei cattivi».
Di diverso parere la maggioranza: plaudono ai propositi anti-evasione Marco Rizzo (Pdci), Angelo Bonelli (Verdi), Franco Monaco (Dl), i sottosegretari all’economia Paolo Cento (Verdi) e Alfiero Grandi (Ds). Dall’opposizione protestano invece i forzitalioti Benedetto Della Vedova e Maurizio Sacconi, che parlano di «atteggiamento punitivo nei confronti degli autonomi» e accusano Prodi di «fomentare il conflitto sociale».