Prodi ai sindacati «Stop all’evasione»

Al Congresso della Uil, seconda giornata, è il momento di Romano Prodi. Il presidente del consiglio mette sul piatto la sua «portata forte», il taglio del cuneo fiscale, che dovrebbe servire al rilancio dell’economia italiana: «Confermo la riduzione di 5 punti del cuneo fiscale in finanziaria», ha spiegato il premier. Prodi aggiunge che «la finanza pubblica versa in una situazione grave e non lo diciamo per fare inutile catastrofismo, ma per far prendere coscienza alle forze sociali del paese della reale situazione». Una frase che punta a «responsabilizzare» i sindacati in una fase in cui l’esecutivo torna a chiedere sacrifici, ma dall’altro lato, per rassicurare l’uditorio il premier aggiunge che «gli obiettivi del governo sono la crescita e l’equilibrio sociale del paese: è in questa direzione che stiamo lavorando e la politica di bilancio è strumentale al raggiungimento di questi due obiettivi». Prodi insiste dunque sul tema della lotta all’evasione come mezzo per reperire risorse: Cgil, Cisl e Uil non possono non concordare. Secondo il presidente del consiglio i livelli di evasione «sono incompatibili con la democrazia»: «Si parla di duecento miliardi, cioè 7 punti del Pil – ha spiegato – Questo dato è vicino al livello della spesa sanitaria nazionale. E allora cosa dovremo fare? chiudere gli ospedali per salvare gli evasori?».
Ecco dunque le quattro «linee guida» che il governo intende perseguire per il rilancio delle imprese: fisco, riqualificazione del sistema produttivo, infrastrutture e liberalizzazioni. Sul primo punto si è già detto: per Prodi riguarda il taglio del cuneo, più altri «interventi in materia fiscale per le imprese, così da recuperare competitività»: incideranno «su costo del lavoro, ricerca e sviluppo, collaborazione fra aziende, università e centri di ricerca». La «riqualificazione» passeraà attraverso « la diffusione delle nuove tecnologie e una spinta all’internazionalizzazione». Ci sono poi le infrastrutture: Prodi assicura che «il governo sta recuperando le risorse necessarie per evitare che i cantieri vengano chiusi». Infine le liberalizzazioni: «Un apposito decreto legge accompagnerà la finanziaria per avviare le liberalizzazioni in settori economici di scarsa concorrenza, ad iniziare da quello dell’energia». Ma l’argomento di maggiore presa è certamente quello della concertazione: «Ribadisco che la concertazione è e sarà il metodo che intendiamo adottare con le parti sociali: il dialogo e il confronto nel rispetto delle prerogative di ciascuna delle parti – spiega Prodi – La concertazione è andata in letargo per cinque anni e spero che questo non abbia fatto perdere ai sindacati capacità di analisi».
Dai tre sindacati parole di apprezzamento per la concertazione, ma sulla manovra bis Cgil, Cisl e Uil restano scettiche: Raffaele Boanni (Cisl) dice chiaramente che la «manovrina» non lo convince, e che i soldi si devono cercare «nelle rendite finanziarie, nelle speculazioni e nel secondo modulo della riforma fiscale» (quello di Berlusconi, che ha detassato i patrimoni dei ricchi). Insomma, «paghi chi non ha pagato finora». Anche Epifani spiega dal palco che dopodomani, all’incontro con il governo, la Cgil «non dirà dei sì a priori»: «Basta con le continue voci di allarmi su possibili interventi nel pubblico impiego, nella scuola, nella sanità, nelle pensioni e basta con le ipotesi di tagli alla spesa pubblica – dice il leader della Cgil – Così non si va da nessuna parte». I segretari di Cgil, Cisl e Uil del pubblico impiego hanno diffuso un comunicato in cui chiedono «non minore, ma nuova occupazione: stretta alle consulenze, no alla moratoria dei contratti, stabilizzazione dei precari».
L’altro tema «caldo» è quello della riforma del patto del luglio ’93, sul modello contrattuale: nella sua relazione di apertura, Luigi Angeletti aveva detto che la Uil è pronta a mandare agli altri firmatari la lettera di disdetta. La «provocazione», ovviamente, è stata ripresa da diversi interventi. Il ministro del lavoro Cesare Damiano ha detto che «l’accordo del ’93 resta ancora un punto di riferimento, perché tiene insieme obiettivi come lo sviluppo e la tutela del reddito»; «per questo – ha aggiunto – una sua rivisitazione deve essere fatta lavorandoci dentro e attraverso un confronto delle parti sociali e, successivamente, col governo». Per il ministro «il taglio del cuneo deve essere mirato alle assunzioni a tempo indeterminato»; più tardi, riferendo in Commissione lavoro della Camera, Damiano ha confermato di non voler abrogare la legge 30, ma di volerla solo modificare, «estendendo tutele come la maternità e la paternità al lavoratore che passa lunghi periodi nella flessibilità».
Bonanni ha insistito sull’unità sindacale e sulla necessità di trovare «un accordo sulla riforma, senza strappi: «Si deve arrivare a nuovi strumenti per ridistribuirie ricchezza ed essere noi padroni del salario. Decidere di perseguire solo una politica salarialistia può rafforzare quanti hanno già una capacità contrattuale forte, ma indebolirebbe gli altri: serve un confronto anche serrato, una dialettica anche accesa, ma serve un sindacato forte, unito». Per Epifani «prima di avanzare una disdetta formale degli accordi del ’93, forse converrebbe avere un altro accordo perché nel vuoto ogni sindacato, ogni governo, ogni controparte fa fatica a stare». Il vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei dice che le imprese «sono pronte in qualsiasi momento a sedersi anche a tavoli separati perché i tempi sono scaduti: la disdetta è più una battuta del buon Angeletti. Se usano la posta prioritaria e rispondono alla nostra proposta del settembre scorso, forse per quest’anno ce la facciamo ad avviare un confronto». Messaggio chiaro alla Cgil, insomma. «Comunque – ha concluso Bombassei – finché non si fanno nuove regole, contano quelle vecchie».