Pro o contro Osama, è scontro tra i sunniti

La rivendicazione dell’attentato al parlamento iracheno giunta da al Qaeda potrebbe infiammare ulteriormente il dibattito in corso tra le organizzazioni armate sui rapporti da tenere con lo «Stato islamico in Iraq», la coalizione (annunciata lo scorso ottobre) di 11 formazioni armate guidate dall’«emiro dei credenti», Abu Omar al-Baghdadi, che rappresenta Osama bin Laden nella terra del Tigri e dell’Eufrate. Negli ultimi mesi la galassia dei movimenti armati che combattono l’occupazione americana e il governo di Nuri al-Maliki ha visto scissioni e separazioni, segnate talvolta da brutali regolamenti di conti, in conseguenza delle discussioni sui rapporti con lo «Stato islamico in Iraq» che, da parte sua, continua a colpire anche la popolazione civile e non esita a vendicarsi con quelle fazioni che non accettano di allearsi. Le Brigate della Rivoluzione del 1920, si sono spaccate dando vita a due gruppi: il primo ha conservato il nome dell’organizzazione, il secondo ha scelto quello di Hamas-Iraq. Lo scorso 27 marzo il leader delle Brigate, Harith Dhahir al-Dari, nipote dello sceicco Harith al-Dari, leader del Consiglio sunnita degli Ulema, è stato assassinato da militanti di al Qaeda perché aveva avviato contatti con il governo, versione seccamente smentita dal suo clan familiare. Sarebbe invece stato giustiziato perché aveva respinto l’idea di un’alleanza con al Qaeda. Hamas-Iraq invece ha preso nettamente le distanza da Abu Omar Al-Baghdadi e sembra orientarsi per una attività sempre più politica e meno militare.
Ad attaccare frontalmente lo Stato islamico in Iraq sono stati l’Esercito islamico – una delle organizzazioni più importanti della resistenza irachena -, ex militanti e funzionari del partito Baath nonché alcuni clan familiari sunniti che fanno parte del Consiglio della Salvezza di Al-Anbar. In un lungo comunicato apparso sul suo sito, l’Esercito islamico ha accusato al Qaeda di aver assassinato alcuni dei suoi militanti e di essere dietro i tentativi di diffamazione che «alcuni elementi rivolgono ai combattenti islamici». Ha inoltre denunciato uccisioni indiscriminate di civili e furti in abitazioni private commessi da militanti di al Qaeda. Soprattutto ha negato che lo Stato islamico in Iraq rappresenti oggi l’organizzazione più ampia schierata contro Stati uniti e governo iracheno. «Al-Qaeda si affanna a scomunicare tanti musulmani e a definirli apostati…il suo leader Osama bin Laden deve agire immediatamente per mettere fine a queste menzogne e indirizzare i suoi uomini su di un sentiero diverso», era scritto nel comunicato apparso in rete. Secondo l’esperta di radicalismo islamico Lydia Khalil «è significativo che l’Esercito islamico, dopo aver taciuto per lungo tempo le differenze con al Qaeda, abbia ora scelto di renderle note all’opinione pubblica irachena e di difendere le sue posizioni politiche». Khalil sostiene che l’Esercito islamico pur non abbandonando la resistenza armata contro l’occupazione statunitense, stia allo stesso valutando con attenzione varie «opzioni politiche» e per questo ha stretto un’alleanza contro al-Qaeda con le Brigate Omar e l’Esercito di al-Rashidin. Anche molti militanti dell’ex Baath di recente si sono schierati apertamente contro lo Stato islamico in Iraq. Un loro portavoce, Abu Mohammed, in una intervista dello scorso 18 marzo ad al-Jazeera, ha condannato al-Qaeda «la cui dottrina, azione e visione – ha affermato – contrasta da quella del Baath e di altre forze della resistenza irachena».
La chiave dei rapporti futuri tra la resistenza indigena e al-Qaeda resta tuttavia nelle mani di Ansar al-Sunna, una delle organizzazioni armate più influenti in Iraq – che in passato ha avuto relazioni, piuttosto strette, con i gruppi che si ispirano a bin Laden. Ansar al-Sunna pur affermando la sua «piena autonomia» e riconoscendo le ragioni di altre organizzazioni, si è ripetutamente espressa a favore di una maggiore unità «di tutte le forze islamiche» che combattono contro gli occupanti americani e il governo al-Maliki, quindi anche al Qaeda, e contro quelli che definisce i «tentativi del nemico di creare divisioni facendo un uso spregiudicato anche dei mezzi d’informazione». Per Lydia Khalil, la preoccupazione di Ansar al-Sunna, che con una sua scelta è in grado di spostare gli equilibri, sarebbe quella di conservare almeno l’immagine se non l’effettiva unità delle tante formazioni armate irachene nel momento in cui il dibattito sui rapporti con al Qaeda e sulla conduzione della lotta all’esercito americano e alle forze regolari irachene si è fatto lacerante e quindi potenzialmente distruttivo anche per quelle organizzazioni che rifiutano la violenza indiscriminata e insistono per una lotta armata solo contro gli occupanti stranieri.