Caro Bertinotti, ho letto con meraviglia la tua intervista rilasciata a “La Repubblica”, in cui vuoi presentarti candidato a capo della coalizione del centro sinistra in alternativa a Romano Prodi. Scusami, ma non avevamo detto che la questione della persona era secondaria rispetto a quella dei programmi? Come mai allora vogliamo mettere in competizione addirittura il segretario del nostro partito? Evidentemente c’è qualcosa che mi sfugge. Ti confesso che, pur comprendendo la necessità di sconfiggere Berlusconi – su questo nessun dubbio – nutrivo già più di una perplessità su una nostra partecipazione diretta al governo, se vincessimo le elezioni. Ma da qui a proporci addirittura il ruolo di premier ce ne passa. Sento proprio il bisogno di qualche chiarimento.
Piero Mazzolini, via e-mail
La risposta
Caro Piero, sono convinto anch’io che è opportuno chiarire e la tua lettera è una buona occasione per poterlo fare. Andiamo con ordine allora. In primo luogo non abbiamo abbandonato affatto la priorità delle questioni programmatiche, lo ho ribadito esplicitamente anche nell’intervista che tu hai ricordato. Più che primarie sulla leadership sono per fare quelle sui contenuti programmatici. Penso cioè – come ho già scritto in questa rubrica proprio la scorsa settimana – che dovremmo, nel più breve tempo possibile, elaborare assieme agli esponenti del centro-sinistra una serie di punti programmatici da sottoporre a assemblee diffuse sul territorio, in modo da selezionare quei punti; capire bene e meglio quelli che stanno più a cuore del nostro potenziale elettorato; impostarne dei nuovi. Proprio perché si tratta di un percorso complesso è bene cominciarlo da subito. Perdere tempo è di per sé un errore grave, difficilmente recuperabile. Ultimamente è emersa la proposta di una vera e propria assemblea programmatica. E’ una proposta convincente, purché sia aperta effettivamente non solo a esponenti di partiti ma anche dei movimenti e della società nel modo più largo e rappresentativo possibile. Dobbiamo però muoverci in fretta e concretamente fin dai primissimi giorni di settembre, tanto più che non si può pensare ad un programma come somma o sottrazione, o mediazione degli obiettivi che ognuno caldeggia. Un programma vero deve essere qualcosa di più, e questo qualcosa di più può essere fornito solo dal contributo diretto delle persone cui ci rivolgiamo. Detto questo – e non è la prima volta che ne parliamo – ci poniamo anche il problema delle modalità della scelta del leader della coalizione, da altri posto. Se si pone questo problema bisogna essere seri. Non si possono invocare le primarie e poi presentare un candidato unico. Sarebbe una presa in giro che nuocerebbe in primo luogo a Romano Prodi, minandone in partenza la credibilità. Non siamo più nel 1996, è stato giustamente detto. Non lo siamo perché il quadro politico internazionale e interno è del tutto cambiato, anche per i guasti gravissimi provocati nel frattempo dalle destre. Conseguentemente anche le modalità con cui le opposizioni si recano alle elezioni non possono essere le stesse. Infatti noi scegliamo la strada di un accordo programmatico, non quella di una semplice desistenza elettorale. Tutto è più impegnativo. Il programma che dobbiamo costruire assieme non è un programma d’opposizione, ma di governo. Dobbiamo trasmettere e condividere con il popolo della sinistra un’idea complessivamente diversa e alternativa dell’Italia che vogliamo. In coerenza con tutto ciò non sarebbe democratico fare un referendum su una sola persona. Per questo ribadisco che posso candidarmi in alternativa a Prodi come espressione della sinistra di alternativa. Questa scelta aiuterebbe a capire l’esistenza di più anime nel campo delle sinistre, almeno due, quella moderata e quella d’alternativa in fattiva e positiva competizione tra loro. Ho già osservato, guardando alle ormai imminenti elezioni presidenziali americane, che il Kerry di oggi, pur senza sopravvalutare la sua radicalità, non sarebbe neppure tale quale è se lungo il tempo non si fossero affacciati nella contesa candidati più a sinistra.
Tu sei preoccupato che i rapporti di forza condannino inevitabilmente alla sconfitta la nostra candidatura? Non mi pare questo il problema principale. Mai come in questa occasione è importante partecipare più che vincere. Dove invece vincere dobbiamo è contro le destre per dare vita all’alternativa.