«Prima le regole»: la Francia ci ripensa

Per calmare l’Onu e prendere tempo, Jacques Chirac ha annunciato ieri sera che la Francia invierà «d’urgenza» 200 uomini supplementari nel sud del Libano (che salgono così a 400) e che il dispositivo navale e aereo in zona – 1500 militari – sarà mantenuto. La dichiarazione di Chirac è arrivata in una giornata in cui sono venuti alla luce i forti dubbi francesi sulla missione della nuova Unifil in Libano. La Francia, a cui l’Onu pensava di affidare il comando della missione decisa in seguito alla risoluzione 1701 e che New York sperava avrebbe inviato 2000-2500 uomini, potrebbe ridimensionare drasticamente la sua partecipazione : secondo Le Monde, al massimo 200 uomini del genio e una dozzina di ufficiali.
La ministra della difesa, Michèle Alliot-Marie si è rifiutata di confermare questa cifre al ribasso, ma afferma : «La questione oggi non è quanti e quando. Ma per fare cosa e come». Per Alliot-Marie, la missione «puo’ trasformarsi in catastrofe» se manca un mandato preciso. E nel mandato Onu, c’è «qualcosa di vago». Secondo il ministero degli esteri, le «garanzie» richieste da Parigi sarebbero: ottenere la «definizione del concetto di operazioni delle Nazioni unite» prima di precisare l’ampiezza della partecipazione, chiarimenti sulla natura della missione, sulle regole di ingaggio e di comando e sui mezzi messi a disposizione delle forza multinazionale. Infine, la Francia vuole disporre di informazioni sulla partecipazione di altri paesi europei e di paesi musulmani. Parigi pensa a una partecipazione in «un quadro europeo» con un equilibrio tra paesi occidentali e paesi musulmani.
A quattro giorni dal cessate il fuoco, le perplessità di Parigi sono forti. Anche se la risoluzione 1701 è frutto della collaborazone tra Francia e Stati uniti, molti punti restano oscuri. A cominciare dal fatto che è stata posta sotto il capitolo VI della Carta delle nazioni unite, che permette l’uso della forza solo per difendersi, e non sotto il capitolo VII, che dà il via libera ad azioni di attacco. Secondo un diplomatico frncese, che vuole restare anonimo, «non c’è nessun malinteso con New York, né un voltafaccia francese», perché «la logica è sempre la stessa, faremo la nostra parte». Il fatto è che, aggiunge, «il problema di Hezbollah resta cruciale», anche se viene giudicato «positivo» il dispiegamento dell’esercito libanese nel sud del paese.
La domanda che resta sottintesa e che i diplomatici non formulano a chiare lettere è: chi disarmerà Hezbollah? Cosa farà Unifil se Israele attacca? La risoluzione non dà nessuna precisazione sulla missione della nuova Unifil per far rispettare l’embargo sulle armi, per impedire a Hezbollah di approvigionarsi in Siria e in Iran, come vorrebbe Israele. Per l’Eliseo, «il dispositivo militare è ancora in corso di elaborazione». Parigi teme di diventare un bersaglio, viste le tensioni con Siria e Iran, in seguito al riavvicinamento diplomatico con gli Usa dell’ultimo periodo (al punto che si sta rompendo la tradizionale unanimità interna sulla politica estera : i socialisti criticano la chiusura di Chirac nei confronti della Siria, esclusa dal dialogo). La Francia, aggiunge un diplomatico, non vuole svolgere un ruolo più importante di altri paesi nell’Unifil. Parigi rifiuta di guidare una missione Onu, dove l’Unifil venga a trovarsi in una «posizione inutile o pericolosa». «Perché mettersi in un pantano?» si chiede il diplomatico.
Ci sono gli esempi negativi del passato: già in Libano nell’83, 58 paracadutisti francesi vennero uccisi a Beirut in un attentato attribuito a Hezbollah. Stessa impotenza in Bosnia-Erzegovina, ricordano a Parigi: 84 soldati francesi perirono all’inizio degli anni ’90 e alcuni vennero presi in ostaggio dalle forze serbe. La Francia vuole assicurazioni su chi dovrà disarmare Hezbollah e non vuole doversi trovare impantanata in questa missione (e ha forti dubbi che ci riesca l’esercito libanese). Forti reticenze anche a mettere il proprio contingente, anche fortemente ridimensionato, sotto comando Onu: Parigi è disposta a fornire una forza di interveno rapido, ma vuole conservarne il comando. Il generale Alain Pellegrini, oggi alla testa dell’Unifil, potrebbe restare in carica fino a febbraio, se il mandato della missione verrà precisato. «La vecchia Unifil – ha dichiarato – è morta. La nuova sarà più forte, con più effettivi e nuove regole di ingaggio».
La frenata francese ha gettato l’Onu nello sconcerto, poche ore prima della riunione decisiva di ieri sera con la sessantina di paesi interessati a trovare una via d’uscita. Molti paesi aspettano di conoscere la posizione francese per decidere. Per l’Onu, la Francia è un «barometro» della situazione e teme l’ «effetto valanga» della prudenza francese, che potrebbe rivelare una perdita di fiducia nei confronti dell’Onu.