Prigioni europee della Cia: filiali anche in Finlandia e in Portogallo

Nuove rivelazioni sugli scali compiuti in Europa da voli segreti della Cia con a bordo sospetti terroristi. In Portogallo la rivista “Focus” ha pubblicato le foto di quattro velivoli bianchi i cui numeri di serie visibili sulla coda sarebbero riconducibili proprio alla Cia. Uno degli aerei era atterrato all’aeroporto di Tires, vicino a Lisbona, mentre gli altri tre sono atterrati alle Azzorre, dove gli Usa hanno una base militare. Secondo il settimanale gli scali sono avvenuti tra marzo e maggio scorsi. Se cosi’ fosse verrebbe smentita la versione del governo socialista che ha escluso che dopo il suo insediamento, a marzo, ci siano stati scali dei voli della Cia sul territorio portoghese.
Analoga rivelazione in Finlandia. Il giornale Borgaabladet ha riferito che un C-130 immatricolato negli Usa atterrò all’aeroporto Vantaa di Helsinki il 16 maggio 2003, cinque settimane dopo la cacciata di Saddam Hussein. La scritta “Prescott” dipinta sulla fiancata del velivolo ne svelerebbe l’appartenenza alla Cia, visto che la compagnia Prescott Support è stata citata dalla stampa americana come una delle coperture utilizzate dalla Cia. Il governo finlandese ha sempre negato scali sul suo
territorio dei voli della Cia con a bordo presunti terroristi rapiti dagli 007 americani. La questione si intreccia con quella delle prigioni segrete che la Cia avrebbe istituito in alcuni Paesi dell’Europa orientale per detenere e interrogare i sospetti. In Austria ad esempio il capo di Stato maggiore
dell’Aeronautica, Erich Wolf, ha confermato la rivelazione del “New York Times” che tre anni fa un velivolo sospettato di trasportare prigionieri della Cia attraversò lo spazio aereo austriaco. Come
aveva scritto il quotidiano Usa a maggio, il 21 gennaio 2003 i caccia di Vienna intercettarono un aereo civile in volo dalla Germania all’Azerbaigian equipaggiato con sistemi di comunicazione militari. Sulla controversa vicenda sta indagando il Consiglio d’Europa nella persona del relatore della Commissione Affari legali e diritti dell’uomo, lo svizzero Dick Marty, il quale ha dichiarato, nel corso di una riunione della Commissione a Parigi, che a questo stadio dell’indagine non è ancora in possesso
di alcuna prova dell’esistenza di tali carceri, ma solo di «indizi» che tuttavia lasciano credere che siano state adottate misure anti-terrorismo non conformi ai parametri dei diritti dell’uomo. In riferimento al caso del sequestro dell’egiziano Abu Omar e ai mandati d’arresto contro gli agenti della Cia emessi da un Pm italiano, Marty ha sottolineato che «far scomparire delle persone sottraendole ad ogni controllo
giudiziario e amministrativo è un atto contro la dignità umana». «Non siamo interessati a nessun tipo di anti-americanismo, né miriamo ad indebolire la lotta al terrorismo, ma è nostra convinzione che
combattere il terrorismo, violando i diritti dell’uomo sia del tutto controproducente», ha detto il relatore. A suo avviso, queste violazioni diffondono una sensazione di ingiustizia e non rappresentano altro che una vittoria per i terroristi, il cui obiettivo è precisamente la distruzione dei principi dello Stato di diritto, che governano le nostre società». «L’unica maniera efficace di combattere il terrorismo è utilizzare strumenti morali onesti», ha aggiunto Marty. Il relatore ha inoltre lanciato un appello per una cooperazione attiva da parte delle autorità degli Stati membri del Consiglio d’Europa, delle istanze dell’Ue, delle Nazioni Unite e della Nato, oltre che delle istituzioni specializzate, come il Centro satellitare dell’Ue e Eurocontrol.