Fino al 3 per cento in più di pensione per ogni anno lavorativo per chi resta in attività pur avendo raggiunto i 57 anni di età. Sarebbe questa, secondo indiscrezioni, una delle ipotesi cui sta lavorando il governo in vista dell’apertura del negoziato con le parti sociali sulla previdenza, per ammorbidire il cosiddetto ‘scalone’ della riforma Maroni (dal 2008 tutti in pensione a 60 anni).
L’incentivo, se confermato, ricalcherebbe il modello francese e tedesco: nel Paese d’oltralpe è infatti previsto nella stessa entità mentre in Germania arriva fino al 6 per cento. L’effetto finanziario di tale misura è ancora in fase di elaborazione da parte dei tecnici del Tesoro: l’incentivo potrebbe essere fissato all’1,5 per cento ma non si esclude che possa arrivare al doppio. Tutto dipenderà anche dalle altre misure in discussione.
Nel memorandum d’intesa tra governo e sindacati sulle pensioni, era scritto d’altra parte che l’aumento delle aspettative di vita sollecita “soluzioni che diano la possibilità di continuare a svolgere un’attività di lavoro”.
Discorso diverso per quanto riguarda il sistema di disincentivi: secondo alcuni calcoli, la penalizzazione scatterebbe nel caso un lavoratore andasse in pensione prima, rispetto ai 60 anni previsti dalla riforma Maroni. In quel caso l’assegno mensile potrebbe essere del 3,5 per cento in meno ma le stesse fonti fanno sapere che è ancora presto per elaborare ipotesi di lavoro “definitive”. Il tema, infatti, è molto ‘caldo’ visto che all’interno della maggioranza, si registrano posizioni discordanti e anche i sindacati si sono detti più volte contrari.
Ancora più difficile per il governo sarà sciogliere il nodo della revisione dei coefficienti di trasformazione dei contributi previdenziali, prevista dalla legge Dini. A fronte di un aumento dell’aspettativa di vita, bisogna rivedere al ribasso le prestazioni. Il vecchio Nucleo di valutazione della spesa aveva ipotizzato una riduzione dei coefficienti variabili tra il 6 e l’8 per cento a seconda dell’età in cui si esce dal lavoro verso la pensione di anzianità. Ipotesi bollata dai sindacati come “inaccettabile”.
L’inizio del confronto con le parti sociali resta fissato per gennaio, ma ancora non ci sono convocazioni ufficiali per dopo le feste natalizie. Il tavolo dovrà elaborare tesi al massimo condivise, entro la fine di marzo.