PRESIDENTE RUSSO A TEHERAN, PER MEDIARE E NON SOLO

L’allarme attentati non ferma Vladimir Putin: fedele al suo personaggio, il presidente russo non ha rinunciato alla partenza per l’Iran, nonostante le indiscrezioni circolate a Mosca sulla possibilità di attacchi terroristici durante la sua permanenza a Teheran. Putin ha archiviato con noncuranza l’allerta dei servizi: «Se dovessi dare retta a tutte le minacce e alle raccomandazioni dei servizi speciali, dovrei restare sempre a casa», ha detto ai giornalisti al termine di un vertice in Germania con il cancelliere tedesco Angela Merkel. La missione è d’altro canto storica: l’ultima visita a Teheran di un leader del Cremlino risale al 1943, un primo incontro fra il sovietico Josif Stalin, il britannico Winston Churchill e l’americano Franklin Delano Roosvelt sul futuro del mondo post-bellico. Ci fu un allarme attentato anche in quell’occasione: ma la vittima, stando ai servizi del dittatore sovietico, doveva essere Roosvelt. Il presidente russo ha molte cose da discutere con il collega Mahmud Ahmadinejad a margine dell’occasione ufficiale della visita, una riunione dei paesi rivieraschi del Mar Caspio. Cercherà di convincere il leader iraniano a un atteggiamento più malleabile sulla questione dell’arricchimento in patria dell’uranio per le centrali atomiche, per non incoraggiare i venti di sanzioni che si alzano ormai anche dall’Europa. Il dossier atomico iracheno, ha ribadito Putin, va risolto «per vie pacifiche, senza spaventare i dirigenti e il popolo iraniano», seguendo la strada già sperimentata con la Corea del Nord, che sta dando prova di «evoluzioni positive». Ma c’è anche un’ampia agenda bilaterale di cui discutere: dall’ormai prossimo completamento della centrale di Bushehr potrebbero derivare a Mosca commesse per altri due impianti, per una cifra che gli esperti moscoviti valutano attorno ai 4 miliardi di dollari. C’è poi la tela politica che Putin sta pazientemente elaborando nell’Asia centrale, concretizzatasi in un forte asse con la Cina e nella possibilità di un’alleanza anche militare, alla quale Teheran si è mostrata molto interessata. C’è infine la questione degli idrocarburi iraniani, che interessano i colossi energetici russi. Se il capo del Cremlino si dice poco interessato a eventuali rischi personali, l’allarme terrorismo viene preso seriamente dal suo entourage: dopo una lunga sfilza di no-comment, i servizi segreti hanno ammesso di lavorare «attivamente e ad ampio spettro», a stretto contatto con altri paesi, sulla minaccia. E un veterano dell’antiterrorismo come il membro della commissione sicurezza della Duma Ghennadi Gudkov considera l’allarme come «altamente attendibile». A suo avviso, «ci sono molte organizzazioni radicali estremiste che vogliono fare i conti con il presidente russo. Ce ne sono sicuramente a Teheran, che negli ultimi tempi è diventata un pò una roccaforte degli estremisti». Meno convinti sono i media di opposizione: «In genere – ha detto a radio Eco di Mosca l’ex funzionario dei servizi segreti Iuri Kabaladze – le informazioni affidabili di questo genere restano confinate all’intelligence, non filtrano sulla stampa». La maggior parte dei commentatori considera ‘pilotatà l’indiscrezione pubblicata ieri sera da Interfax, un’agenzia ligia alle direttive del Cremlino: ma sui motivi della fuga di notizie le opinioni sono divergenti. Di certo Teheran avrà molta più pubblicità di quella avrebbe avuto in altre circostanze, con soddisfazione anche di Mosca. Non è la prima volta che Putin viene indicato come un bersaglio dei terroristi. Solo in quest’ultimo anno ci sono stati due allarmi: nel giugno scorso, era stato ventilato un complotto contro Putin al vertice di Istanbul dei paesi del Mar Nero; sempre in giugno, un altro presunto attentato era stato sventato a Rostov sul Don, nel sud della Russia. In quell’ultimo caso, il ‘terroristà era un pensionato di 88 anni, irriducibile comunista