Come hanno reagito il movimento comunista e gli esponenti della sinistra dei paesi dell’ex Unione Sovietica (Russia e Georgia) coinvolti nello scatenamento dell’aggressione georgiana nella regione caucasica alla vittoriosa reazione russa che ha portato al riconoscimento delle repubbliche di Ossezia del Sud e Abkhazia? In un paese come l’Italia, dove pure decine di commentatori si sono pronunciati sull’argomento che per diversi giorni ha occupato le prime pagine dei giornali, non abbiamo avuto l’opportunità di saperlo. Neppure dagli strumenti di informazione della “sinistra alternativa”, che spesso ha preferito fare affidamento sulla “obiettività” dell’informazione delle agenzie occidentali.
Per coprire, almeno parzialmente, questo vuoto informativo abbiamo selezionato alcune significative dichiarazioni dei comunisti russi e georgiani, che indicano un completo appoggio alle posizioni di fermezza e determinazione assunte dal governo della Federazione Russa . (MG)
Partito Comunista della Federazione Russa
Ai partiti fratelli e amici
Mosca, 14 agosto 2008
Stimati compagni,
In considerazione della pratica, costruttiva e reciprocamente utile, dello scambio di opinioni su molte questioni complesse della situazione attuale nel mondo, che si è già registrata nelle nostre relazioni, ci è gradito offrire informazioni di prima mano sullo sviluppo del conflitto armato in Ossezia del Sud. Pensiamo si tratti di una questione di primaria rilevanza, dal momento che le compagnie televisive e radiofoniche degli Stati Uniti e di molti paesi europei si sono dimostrate in questi giorni estremamente unilaterali – per non dire tendenziose – nell’informare su tale questione.
In primo luogo, alcune parole sui precedenti storici del conflitto. L’Ossezia passò a far parte dell’impero russo come un’unica provincia (senza alcuna divisione tra nord e sud) nel 1774. Dopo la disintegrazione dell’impero russo nel 1917, la Georgia ha avanzato pretese sul territorio dell’Ossezia del Sud. Nel 1918-1920 la popolazione dell’Ossezia venne sottoposta al primo genocidio da parte dell’ “indipendente e democratica” Georgia. Di conseguenza, migliaia di ossetini del sud vennero eliminati o espulsi nell’Ossezia del Nord dalle truppe georgiane che, di fatto, procedettero alla distruzione di quasi tutti i villaggi dell’Ossezia del Sud.
Nel 1921, in Ossezia del Sud si insediò il potere sovietico e nel 1922 essa venne annessa alla Georgia come regione autonoma. Il nuovo assetto amministrativo dell’Ossezia del Sud non cambiò l’atteggiamento di Tbilisi. In nome dell’amicizia tra i popoli, gli ossetini si videro costretti a cambiare i loro nomi in georgiano. La politica seguita dalle autorità georgiane diede luogo due volte al cambiamento dell’alfabeto ossetino in quello georgiano, come pure provocò una diminuzione del numero degli abitanti dell’Ossezia del Sud, sebbene ci si trovasse in presenza di una crescita della popolazione in tutto il territorio dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Alla fine degli anni 80 del XX secolo, i nazional-estremisti georgiani lanciarono una campagna per la distruzione dell’autonomia dell’Ossezia del Sud. Tutte le leggi, che stavano alla base dell’esistenza dell’autonomia, furono annullate. Nel 1990, il Soviet Supremo della Repubblica Socialista Sovietica della Georgia abrogò tutti gli atti legislativi adottati dopo il 1921, incluso il documento sull’annessione dell’Ossezia del Sud, provvedimento che ha collocato l’Ossezia del Sud fuori dall’ambito costituzionale e giuridico della Georgia.
La discriminazione e le minacce nei confronti degli ossetini si tradussero, nel 1989-1992, in un’aggressione armata e nel tentativo di distruggere il popolo dell’Ossezia del Sud. In conseguenza delle azioni intraprese dalla Georgia contro l’Ossezia del Sud tra novembre 1989 e luglio 1992 (momento della presenza delle forze russe di mantenimento della pace nella zona del conflitto tra Georgia e Ossezia) più di 3.000 ossetini persero la vita, 300 scomparvero, più di 100 villaggi dell’Ossezia furono bruciati e più di 40.000 persone si trasformarono in rifugiati in Russia.
Al momento della disintegrazione dell’URSS, il referendum in Abkhazia e Ossezia del Sud – autonomie della Repubblica Socialista Sovietica della Georgia, previste dalla Costituzione dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ancora in vigore –non venne mai convocato dalle autorità georgiane. In tale situazione, il Soviet Supremo della Repubblica dell’Ossezia del Sud proclamò l’indipendenza “tenendo conto della volontà del popolo espressa nel referendum celebrato il 19 gennaio 1992”.
Il 24 giugno 1992 a Soci, B. Eltsin e E. Shevarnadze firmarono un accordo sui principi della soluzione del conflitto tra Georgia e Ossezia, in virtù del quale fu dato inizio il 14 luglio 1992 ad un’operazione di pace in Ossezia del Sud. Un corpo di pace, che includeva unità russe, georgiane e ossetine, iniziò a stazionare nella zona del conflitto. L’Accordo di Soci prevedeva anche la creazione di una Commissione Mista di Controllo per la soluzione del conflitto. Durante gli anni seguenti, le forze di mantenimento della pace hanno centrato con successo l’obiettivo principale: impedire la ripresa delle azioni militari.
In secondo luogo, la fase attuale del conflitto. Come ben sapete, il 4 marzo 2008, la Georgia ha dichiarato che non considerava più la Commissione Mista di Controllo un meccanismo efficace di soluzione e ne ha proposto la sostituzione con uno nuovo, il cosiddetto “2+2+2” (le autorità georgiane, il filo-georgiano e auto-denominato Governo di D. Sanakoev + la parte russa e il Governo di E. Kokoity + l’OSCE e l’UE). Questa iniziativa è stata respinta dall’Ossezia del Sud, il che rese impossibile l’attuazione di tale proposta, indipendentemente da come potesse essere accolta dalla Russia e dagli altri stati europei.
Nel corso dei cinque mesi seguenti, la tensione è andata crescendo costantemente lungo la linea di divisione tra i principali territori della Georgia e dell’Osezia del Sud, in particolare in relazione alla sistematica concentrazione di unità militari della Georgia, compreso un contingente militare pesante (proibito dall’Accordo di Soci) a ridosso di tale linea. Le frequenti provocazioni hanno rappresentato un peso aggiuntivo per il Corpo di mantenimento della pace. I reiterati appelli da parte della Russia ai dirigenti georgiani e i nostri appelli alla comunità internazionale ad appoggiare l’idea della firma di un documento giuridicamente vincolante le parti in conflitto in merito alla rinuncia all’uso della forza militare, disgraziatamente, non hanno mai ricevuto risposta.
Ora si fa sempre più evidente perché per molti mesi M. Saakashvili ha sistematicamente respinto la nostra proposta avanzata con insistenza. Molto recentemente – prima che venissero scatenate le azioni militari contro l’Ossezia del Sud -, M. Saakashvili ha affermato che non ha senso chiedere un documento di questo tipo, dal momento che la Georgia non userà la forza contro il suo popolo. Ora vediamo che la stanno utilizzando.
Nella notte tra il 7 e l’8 agosto, le forze militari georgiane hanno lanciato l’attacco. Esso è stato scatenato nonostante le promesse di armistizio fatte dal Presidente della Georgia poche ore prima della ben pianificata aggressione su larga scala. Per questo, stiamo parlando di una frode deliberata e di una falsificazione attuata da M. Saakashvili. Con le sue azioni ha ignorato totalmente la risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che invitava ad osservare “l’armistizio olimpico” nel periodo dei Giochi Olimpici di Pechino.
Pacifici villaggi dell’Ossezia del Sud sono stati oggetto di attacchi massicci e di bombardamenti, la capitale dell’Ossezia del Sud, Tskhinvali, è stata completamente distrutta. M. Saakashvili, nelle sue azioni, ha superato ogni limite del consentito, dando di fatto la propria benedizione a “operazioni di pulizia etnica” contro il suo popolo. In realtà, stiamo assistendo ad un deliberato e proditorio genocidio da lui sanzionato. Secondo le stime ci potrebbero essere più di duemila vittime tra l’innocente popolazione civile – in maggioranza donne, anziani e bambini, principalmente russi. Franchi tiratori georgiani hanno impedito ai servizi sanitari di portare a termine le operazioni di salvataggio. La popolazione civile di Tskhinvali ancora in vita è stata obbligata dal duro sbarramento di fuoco delle forze militari georgiane a nascondersi in condizioni terribili nelle cantine e nei sotterranei degli edifici demoliti. M. Saakashvili è il responsabile dell’immensa catastrofe umanitaria su vasta scala. Dall’inizio dell’operazione militare georgiana, più di 30.000 rifugiati hanno abbandonato la Repubblica.
Anche il Quartier Generale Congiunto delle forze di mantenimento della pace a Tskhinvali è stato attaccato. Secondo le informazioni disponibili, 18 russi del corpo sono morti, più di cento sono stati feriti. Molti di loro sono stati raggiunti da pallottole sparate dalle cosiddette forze di pace della Georgia (che hanno sparato contro i loro commilitoni russi alle spalle, come fanno i traditori).
Come è risaputo, il 90% della popolazione dell’Ossezia del Sud è costituito da cittadini russi. Secondo la Costituzione della Federazione Russa, lo Stato ha l’obbligo di garantire la sicurezza dei suoi cittadini. In queste condizioni abbiamo dato inizio ad un’operazione di ristabilimento della pace. Fino ad ora, le forze di pace della Russia avevano stazionato a Tskhinvali in piena conformità con il diritto internazionale e gli accordi già esistenti. Le unità di rinforzo inviate lì erano destinate a proteggere le nostre forze di pace a Tskhinvali, per non lasciarle senza aiuto contro gli attacchi compiuti dalla Georgia ed erano perciò indirizzate esclusivamente a proteggere i russi delle forze di pace e la popolazione civile, come pure a fermare l’aggressione georgiana. Le truppe russe non si sono impadronite delle regioni appartenenti all’Ossezia del Sud e neppure di quelle che non le appartengono.
La situazione attuale è il risultato della decisione personale assunta da M. Saakashvili, decisione che ha preso e realizzato sotto la propria responsabilità, mettendo così in pericolo la stabilità in tutta la regione. Il presidente della Francia Nicolas Sarkozy ha preso parte a nome dell’Unione Europea al regolamento del conflitto e ha contribuito in gran misura ad un accordo in merito al piano di pace che consta di 6 punti, che è stato appoggiato sia dal Presidente russo Dmitrij Medvedev che da Mikhail Saakashvili. La Russia sta adempiendo senza condizioni ai suoi impegni in relazione al piano. Ciò che ora importa è come si comporteranno i georgiani.
Speriamo che l’informazione che abbiamo fornito vi possa essere utile e che avrete l’opportunità di dare il vostro contributo alla soluzione di un compito importante in questo momento: garantire la sicurezza delle persone, escludere qualsiasi prospettiva di ripresa di azioni militari dell’esercito georgiano contro l’Ossezia del Sud, per ricondurre la situazione a un quadro di legalità.
E un ultimo punto. La copertura mediatica della tragedia dell’Ossezia del Sud nei mezzi di comunicazione occidentali è estremamente unilaterale, viziata da pregiudizi e tendenziosa. Non c’è informazione sull’Ossezia del Sud, tutto si concentra su Gori ed altre città della Georgia, dove le perdite, sempre che ci siano state, sono comunque incomparabili con quelle di Tskhinvali.
Ci si immagini che la CNN non abbia mai menzionato l’inizio dell’operazione militare degli USA in Afghanistan. Cosa ne pensereste? Questo è il modo con cui la Russia viene oggi presentata ai vostri occhi. Non è assolutamente giusto.
Dipartimento Internazionale del CC del PCFR
Dichiarazione del Comitato Centrale del
Partito Comunista Unificato della Georgia
14 agosto 2008
La Georgia si è ritrovata nuovamente coinvolta nel caos più sanguinoso! Una guerra fratricida in terra georgiana è stata scatenata con forza rinnovata. Le previsioni del Partito Comunista Unificato della Georgia, dei rappresentanti delle forze sociali progressiste in merito ai danni che avrebbe procurato le militarizzazione del paese, sulla pericolosità della politica nazionalista filo-fascista delle autorità, si sono purtroppo realizzate, con nostro grande rammarico. Le autorità della Georgia hanno ancora una volta organizzato una sanguinosa guerra, facendo affidamento sul sostegno di alcuni paesi occidentali e di organizzazioni internazionali e regionali. Ci vorranno decenni per cancellare questa infamia, che le attuali autorità hanno scaricato sul popolo georgiano.
L’esercito georgiano, armato e addestrato da istruttori americani, dotato pure di armamento americano, ha sottoposto a barbare distruzioni la città di Tskhinvali. Sotto i bombardamenti sono morti pacifici cittadini, ossetini – nostri fratelli e sorelle, bambini, donne, vecchi. Sono morti più di duemila abitanti della città di Tskhinvali e dei suoi dintorni.
Sono morti anche a centinaia pacifici cittadini di nazionalità georgiana, sia nella zona del conflitto che in tutto il territorio della Georgia.
Il Comitato Centrale del Partito Comunista Unificato della Georgia esprime le sue più sentite condoglianze ai parenti e agli amici delle vittime.
Tutta la responsabilità per la nuova guerra fratricida, per le migliaia di caduti, bambini, donne e vecchi, cittadini dell’Ossezia del Sud e della Georgia, ricade esclusivamente sull’attuale presidente, sul Parlamento e sul Governo della Georgia. L’irresponsabilità e l’avventurismo di Saakashvili non hanno limiti. Il presidente della Georgia e i suoi collaboratori sono sicuramente dei criminali e devono rispondere davanti alla giustizia.
Noi, comunisti georgiani, insieme a tutti i progressisti della Georgia ci batteremo perché gli organizzatori di questo mostruoso genocidio ricevano una dura punizione in base alle leggi.
Il Partito Comunista Unificato della Georgia dichiara, rivolgendosi alla più vasta opinione pubblica, che non si deve identificare l’attuale direzione georgiana con il popolo della Georgia, con la nazione georgiana. Il Partito Comunista Unificato di Georgia chiede di sostenere il popolo georgiano nella sua lotta contro il regime criminale di Saakashvili.
Rivolgiamo un appello a tutte le forze politiche della Georgia, ai movimenti sociali, al popolo della Georgia perché si uniscano per liberare la Georgia dal regime antipopolare, russofobo e filo-fascista di Saakashvili!
Il Comitato Centrale del Partito Comunista Unificato della Georgia
Tbilisi, 11 agosto 2008
“Senza la Russia non si risolvono i principali problemi del mondo di oggi”
Intervista a Ghennadij Zjuganov, leader dei comunisti russi
In un’intervista concessa il 25 agosto alla rivista web “Vesti” (Notizie), il leader del Partito Comunista della Federazione Russa spiega le ragioni dell’adesione del suo gruppo parlamentare alla decisione unanime della Duma di avanzare la richiesta di riconoscimento diplomatico delle repubbliche di Abkhazia e Ossezia del Sud e affronta alcune questioni fondamentali per la Russia, nella situazione creatasi dopo il conflitto nel Caucaso (MG).
– Quali, a suo avviso, dovrebbero essere i punti essenziali di un accordo che garantisca la sicurezza ?
– A mio parere, il riconoscimento (di Abkhazia e Ossezia del Sud) rappresenta solo un primo passo. E’ da molto tempo che noi comunisti proponiamo di attuarlo. Se la decisione fosse stata assunta nel mese di marzo, avremmo evitato la spaventosa catastrofe che ha sconvolto l’Ossezia del Sud. L’accordo, innanzitutto, deve prevedere il ristabilimento dei legami economico-sociali. Queste repubbliche hanno convissuto per centinaia di anni con la Russia e con il paese sovietico. Davvero esse da tempo meritano questo riconoscimento. E noi dobbiamo fare di tutto perché venga garantita la loro sicurezza. Nell’accordo, perciò, dovrebbero esserci articoli che in grado di assicurare che, in caso di aggressione, il nostro esercito e la Federazione Russa intervengano in difesa della sicurezza di Abkhazia e Ossezia del Sud. Occorre anche ricordare che Ossezia del Nord e del Sud in passato erano unite e che, quindi, esistono le condizioni per una loro riunificazione. Gli ossetini, che rappresentano un solo popolo con lingua, cultura, fede e tradizioni comuni, si sono ritrovati divisi. E’ essenziale favorire l’unificazione di queste due repubbliche. Penso che in prospettiva questi popoli assumeranno, attraverso un referendum, tale importante decisione, e l’accordo dovrebbe favorire la realizzazione di questa verità storica. Per quanto riguarda l’Abkhazia, va rilevato che essa è anche una splendida regione turistica, frequentata da molti nostri concittadini. A noi compete il compito di assicurare la creazione non solo di condizioni di sicurezza, ma anche il ripristino delle strutture residenziali danneggiate dal conflitto, che rappresentano un quarto del totale del patrimonio edilizio. Inoltre, occorre avere ben presente che, in mancanza di condizioni di normalità in questa regione, non saremo neppure in grado di garantire un sereno svolgimento delle prossime Olimpiadi invernali di Soci (a pochi chilometri dal confine con l’Abkhazia) (…).
Quali potrebbero essere le reazioni internazionali al nostro riconoscimento di Abkhazia e Ossezia del Sud? Cosa dobbiamo aspettarci, a cosa dobbiamo prepararci?
(…) La reazione degli americani e della NATO è prevedibile. Ma, posso assicurarvi che non ci sarà alcuna azione militare. Saakashvili – il fascista ancora alla guida della Georgia – in realtà non è sostenuto neppure dal suo popolo. Condoleeza Rice lo ha aizzato contro l’Ossezia. Gli americani lo hanno rifornito di armamento pesante, ma ora si trovano nelle condizioni di riflettere seriamente su ciò che hanno fatto. Per quanto riguarda l’Europa, non è certo l’America che può sostituire le attuali forniture energetiche: per larga parte l’Europa dipende dall’energia fornita dalla Russia. Se prendiamo in considerazione l’Afghanistan, senza il nostro sostegno gli occidentali non ce la fanno, dal momento che sono due le strade che conducono in Afghanistan: una attraversa il Pakistan, la seconda passa per l’Asia Centrale, dove molti punti strategici e installazioni sono direttamente controllati dalla Federazione Russa. Costoro ne sono perfettamente consapevoli. E poi ci sono i problemi collegati alla dislocazione delle armi nucleari, i problemi ecologici, le questioni relative alle nuove malattie. Anche questo va tenuto in considerazione, se si vuole trovare una soluzione. Senza la Russia non è possibile risolvere nessuno dei problemi più importanti del mondo di oggi. Non è alla reazione che dobbiamo pensare, ma al futuro. Perché, se sapremo essere forti, preparati, in grado di farci rispettare, riusciremo ad affrontare tutte le difficoltà. Per ottenere ciò, è necessario un budget statale di qualità, una nuova politica economica. E’ indispensabile costruire nuove imprese industriali, sostenere l’agricoltura. Occorre fare in modo che, il 1 settembre, tutti i bambini possano andare a scuola. Da noi tre milioni di bambini vagabondano nelle strade, non frequentano alcuna scuola! E’ necessario adempiere ancora a molti compiti per essere rispettati anche dalla comunità internazionale (…) Per quanto riguarda le azioni militari, sono sicuro che non invieranno contingenti militari. Stanno affogando nel sangue, impantanati come sono in Iraq. Per questo, la Russia può guardare con relativa tranquillità al futuro e difendere i propri interessi. E occorre pure aver presente alcuni dati oggettivi: sul territorio della Russia si trova metà dell’acqua dolce del pianeta. Basti pensare al solo Bajkal. Nel momento in cui un quarto degli abitanti della terra non ne dispone. Lo stesso vale anche per i boschi di conifere, le terre nere, i condotti energetici. Ecco perché l’Europa unita è interessata a mantenere normali relazioni con la Russia. Oggi sostiene Bush, ma in futuro tutto andrà normalizzandosi.
E allora, se prendiamo in considerazione le sfumature a cui Lei ha accennato, legate a convenienze politiche e alla dipendenza energetica, quali paesi potrebbero oggi sostenerci in Europa e in Asia?
Oggi è indispensabile far funzionare seriamente l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, lavorare con la Cina, l’India e i paesi asiatici. Vi assicuro che anche in Ucraina esiste un approccio costruttivo nei nostri confronti: la posizione di Juschenko non è condivisa. Ho appena visitato l’Ucraina, mi sono incontrato con rappresentanti di tutta l’elite del paese, anche con Kuchma. Voglio far presente che in Ucraina l’83% della popolazione parla russo. Anche in Ucraina la nostra preoccupazione è largamente condivisa… Per questo, è di vitale importanza la battaglia dell’informazione. Mi permetto di suggerire ai giornalisti di fornire l’informazione più attendibile e accurata su quanto sta accadendo da noi. Perché non si è mai vista, dai tempi della guerra fredda, della crisi nei Caraibi e della guerra nel Vietnam, una battaglia informativa come quella scatenata ultimamente dalle fonti della stampa estera. A questo proposito, abbiamo inviato ai nostri compagni dei partiti di sinistra di diversi paesi una nostra ricostruzione degli ultimi avvenimenti. E abbiamo ricevuto il sostanziale appoggio di quasi tutti. Aggiungo che l’ammiraglio Komoedov, al comando della flotta del Mar Nero, e Leonid Grac, leader del Partito Comunista della Crimea, hanno firmato un accordo sulla costituzione di un vasto movimento “anti-NATO”. Dobbiamo ora pensare a fare in modo che la NATO, che ha armato fino ai denti Saakashvili, non si impossessi dell’Ucraina. Dobbiamo agire subito e con energia per aggregare le forze sia all’interno del paese che sul piano internazionale.
Non passa nell’Unione Europea la proposta di Polonia e paesi baltici
di sanzioni contro la Russia
Dichiarazione di Ivan Melnikov, vice-presidente del PCFR
Dalle agenzie russe:
L’Unione Europea ha assunto una posizione ragionevole di rifiuto dell’allineamento agli USA: così si esprime Ivan Melnikov, numero due del Partito Comunista della Federazione Russa, a proposito dei risultati del vertice dell’UE sulla crisi nel Caucaso.
Il rifiuto dell’Unione Europea di sostenere la proposta di sanzioni economiche contro la Russia, in risposta al suo riconoscimento dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia, può essere interpretato come una “tendenza positiva che risponde all’interesse geopolitico della Russia alla costruzione di un mondo multipolare”, è l’opinione di Ivan Melnikov.
Secondo il dirigente comunista, in merito alle azioni della Russia hanno prevalso al vertice europeo i “pragmatici”, che non hanno consentito alle “lobby filo-americane” di utilizzare il conflitto per dare soddisfazione alla loro frenetica aspirazione a danneggiare la Russia in ogni modo e su qualsiasi questione”.
“La proposta radicale polacco-baltica di risoluzione che prevedeva sanzioni internazionali contro la Russia è stata respinta e alla fine si è affermato un punto di vista più freddo – ha rilevato Melnikov. L’approccio di Francia, Germania e Italia si traduce nel tentativo di non lacerare i fondamentali legami politici, economici e commerciali globali con la Russia, e nella presa d’atto anche del fatto che Mosca ha mantenuto in questa occasione una posizione ferma, non incline ai compromessi”.
“I “pragmatici” comprendono che le sanzioni non sono in grado di cambiare la posizione russa nel senso desiderato, mentre la condizione dell’Europa potrebbe invece aggravarsi in modo sostanziale”, ha concluso il vicepresidente del PCFR.
Traduzioni dal russo di Mauro Gemma
Per “Gramsci oggi” e “L’ernesto