L´eccidio di Portella della Ginestra, prima strage italiana del dopoguerra (1º maggio 1947, undici vittime e numerosi feriti), rappresenta un tornante drammatico e misterioso della storia contemporanea, sul quale l´apertura degli archivi del Dipartimento di Stato e dei servizi statunitensi getta nuova luce con l´individuazione delle motivazioni e delle responsabilità di quell´evento.
Il nuovo volume di Giuseppe Casarrubea Storia segreta della Sicilia dallo sbarco alleato a Portella della Ginestra ( Bompiani, introduzione di Nicola Tranfaglia, pagg. 351, euro 9) si muove nella terra di nessuno dove si incrociano, contaminandosi, mafiosi e (neo) fascisti, agenti segreti americani e alti prelati, politici in ascesa e ufficiali dei carabinieri.
Figure e scenografie inquietanti, attori e comparse nella Sicilia divenuta avamposto della guerra fredda e banco di prova di futuribili equilibri socio-politici nazionali. Nell´isola esordì insomma la strategia del disordine quale elemento fondante per la definizione di un nuovo ordine: lo Stato forte che – e qui il calcolo fu in parte errato – doveva scaturire dalla repressione seguita alla prevedibile risposta delle sinistre a una strage dai forti connotati simbolici, diretta contro i dirigenti sindacali riuniti per festeggiare la festa del lavoro.
Le carte americane costituiscono l´ossatura del libro e lumeggiano un coacervo di (ex) fascisti, di faccendieri e di politicanti gravitanti attorno ai gruppi mafiosi emergenti, nella comune battaglia anticomunista coniugata con la ricerca di spazi di potere, attraverso negoziazioni sottobanco con la classe dirigente regionale e nazionale, sotto l´occhiuta vigilanza dei servizi statunitensi. Una delle pagine più inquietanti riguarda la disponibilità delle gerarchie ecclesiastiche – in Vaticano e negli arcivescovadi siculi – al coinvolgimento in trame che avevano a che fare con la guerra sporca.
L´ascesa di Salvatore Giuliano nell´affollato groviglio di gruppi mafiosi – chiarisce Casarrubea – venne pilotata da potenti protettori, che lo ritenevano idoneo all´attuazione dei propri programmi. Ecco dunque perché, tra le decine di formazioni armate malavitose che infestavano l´isola, la sola a sopravvivere e a potenziarsi fu quella del bandito di Montelepre, illusosi di giocare in proprio. Interessanti anche le notazioni sul tam-tam massmediatico che creò attorno al giovane fuorilegge la nomea del Robin Hood e aiutò le carriere di giornalisti e fotoreporter disinvolti.
L´arrivo a Partinico di un manipolo di reduci della X Mas comandati da Dante Magistrelli apportò l´estate 1944 un valore aggiunto alle trame terroristiche, in termini di forza di fuoco, con la professionalità di combattenti appena usciti da venti mesi di conflitto civile e divenuti istruttori militari di Giuliano.
Mentre una strategia temporeggiatrice pilotava il processo contro Junio Valerio Borghese verso lidi sicuri (la scarcerazione, nel febbraio 1949), alcuni ufficiali marò continuavano la guerra corsara contro il comunismo, senza più la bandiera neroteschiata ma con esiti egualmente efficaci. La Sicilia divenne asilo ospitale per repubblichini latitanti, che condividevano coi separatisti l´avversione allo Stato democratico. Nel manipolo degli eversori neri si staglia la figura sanguigna di Nino Buttazzoni, già comandante del battaglione Nuotatori-Paracadustisi della X Mas, ricercato per crimini contro i civili (l´incendio di un villaggio nella zona di Asiago). Teorico del riciclaggio al servizio della causa impersonata dagli Stati Uniti, Buttazzoni si arruolerà nell´Office of Strategic Services.
Scorrere queste pagine fitte di nomi e di aggressioni mortali richiama alla mente il reticolo di azioni squadriste del primo dopoguerra; trascorso un quarto di secolo e mutato il contesto politico, riemerse il tratto distintivo della violenza fascista: l´iniziativa mirata contro esponenti politico-sindacali individuati quale avversari irriducibili e pertanto assassinati.
Chiave interpretativa che spiega lo stillicidio di attentati nei quali cadde pure il padre di Casarrubea, dirigente della Camera del lavoro ucciso nella sede sindacale di Partinico il 22 giugno 1947.
La prima metà del volume delinea protagonisti e scenari della «storia segreta»; la seconda sezione è centrata sulla strage e sui diversi livelli del protagonismo eversivo. Questa seconda parte, maggiormente omogenea, rivisita con attenzione critica l´imponente mole degli atti processuali, dalla quale l´autore trae elementi di prim´ordine, utili sia per comprendere l´orizzonte di riferimento dei magistrati sia per delineare ciò che dai processi poteva uscire se solo vi fosse stata la volontà di affondare il bisturi nel tumore politico-mafioso. Talvolta le verità di fondo si nascondono nei dettagli. L´impostazione culturale degli inquirenti è tradita da un passaggio dell´interrogatorio del presidente della Corte d´Assise di Viterbo a un testimone quattordicenne, ferito nell´attentato: «Che ne sapevi tu del 1º maggio?» Era una bella festa… « Hai visto che cosa capita ad andare alle feste?». Era il 1951 e, anno dopo anno, la verità processuale diveniva una chimera.
L´analisi degli atti giudiziari rivela a Casarrubea importanti piste di ricerca, fraintese o volutamente ignorate dai giudici. La latitanza della magistratura è qui dimostrata con dovizie di particolari e questa acquisizione rappresenta di per sé un decisivo apporto conoscitivo. D´altronde, secondo l´autore, la disponibilità mafiosa all´eccidio di Portella ebbe quale contropartita la revisione dei processi a protagonisti eccellenti della malavita, Luciano Liggio in primis.
Il volume ricava dalle perizie balistiche le postazioni di tiro dei killer (tre e non due, come comunemente ritenuto: vi era difatti la pattuglia dei marò) e dall´esame dei proiettili stabilisce la corrispondenza delle armi stragiste con quelle provenienti dall´armamentario della X Mas. Illuminante la sequenza degli spari, dapprima in aria, per disperdere la folla, poi via via concentrati verso il palco, contro gli oratori.
Storia segreta della Sicilia può essere utilizzato come una densa banca-dati sull´eversione mafiosa e neofascista in un territorio trasformato in laboratorio della guerra fredda. Il volume contiene anche passaggi poco convincenti, che richiederebbero ulteriori verifiche, ma senza dubbio costituisce un importante tassello collocato nel lato oscuro del mosaico. La nuova frontiera della sfida storiografica si incentra sulla ridefinizione del rapporto occulto-emerso, per decifrare gli anni convulsi del rodaggio democratico. Un lavoro impensabile sino a che l´esistenza dei due blocchi teneva coperte le carte sui retroscena della guerra occulta. Resta il paradosso archivistico della consultabilità delle carte americane a fronte della persistente indisponibilità della documentazione dei servizi segreti italiani, parte distrutta e parte occultata. Altro risvolto oscuro della storia.